Rave party, pandemia e impunità – di Adalberto Notarpietro

Rave party, pandemia e impunità – di Adalberto Notarpietro

La Lettura, l’inserto domenicale del Corriere della Sera, nell’edizione del 22 scorso, dedica un articolo al raduno (Space Travel) avvenuto a Valentano, Comune del Viterbese, nel periodo di ferragosto. L’evento ha attirato quasi 8.000 persone da varie nazioni europee (Francia, Germania, Spagna, Repubblica Ceca, Italia) su un’area di circa 30 ettari, con una permanenza prevista di una decina di giorni, poi ridottasi per la morte di un giovane partecipante italiano. L’articolo spiega come questi raduni vengono organizzati; quali sono i motivi che spingono a partecipare e il tipo di frequentazione.

Quello che si è svolto a Valentano è stato un Tecnival, cioè un appuntamento europeo – roba grossa quindi – che in Italia non si replicava da quasi una quindicina d’anni. Sono fenomeni di rilevante portata sociale, culturale e politica, di cui troppo poco si sa o si dice e, se già normalmente difficilmente tollerabili, in questi tempi di coronavirus da vietare senza appello.

Le immagini relative al raduno ci mostrano persone per nulla preoccupate dei protocolli sanitari e del rispetto delle norme igienico-sanitarie. Non si riportano casi patenti di contagi ma difficile solo immaginare di reperire, tra i presenti, residue sacche di sensibilità civica.

Anche in questi fenomeni c’è stata un’evoluzione e, come scrive l’articolista, la cultura del free party da espressione selettiva è diventata movimento di massa, con una contaminazione dei valori libertari che ne avevano contraddistinto la nascita e una propensione all’uso di sostanze sempre più hard. Sembra quindi ci sia stata una svolta, databile attorno al 2008 che apre al consumo di sostanze stupefacenti con le inevitabili, tragiche conseguenze.

In più occasioni infatti si registrano decessi e lo svolgimento di questi raduni tende ad assumere connotati drammatici, tanto da attirare l’attenzione dei media con una pubblicistica dedicata. D’altronde quando il richiamo di questi appuntamenti è così forte da mobilitare migliaia di persone, con carovane di mezzi, anche pesanti, che si spostano per migliaia di chilometri, significa che sono diventati vistosi fenomeni di massa.

Come allora disciplinare questi eventi che, anche solo sotto l’aspetto logistico richiedono notevoli competenze professionali, con una macchina organizzativa che non può concedere nulla all’improvvisazione. Succede però che si decida di trovarsi in migliaia di persone, quindi un assembramento rilevante, in un luogo idoneo a poterle ospitare con una certa libertà di movimento e con i servizi necessari, pur ridotti all’essenziale.

E’ questo un tema politico? La risposta sembrerebbe ovvia e, come ormai capita sempre più frequentemente nel villaggio globale, questione che riguarda più nazioni, accomunate da analoghe passioni e comuni interessi. Fa riflettere che il fatto sia accaduto nel vecchio continente quasi in contemporanea con l’ascesa dei talebani in oriente; segno di disposizioni mentali e culturali profondamente diverse, oltre il fanatismo religioso che guida le azioni della frangia militare più radicale.

La pandemia comunque continua il suo corso e non si fa distrarre da quanto succede da una parte o dall’altra del mondo, mettendo anche qui in evidenza aspetti talora sorprendenti del genere umano, in eterno conflitto con le sue certezze, il suo sapere e le sue convinzioni, mai salde eppure spesso influenti, più della verità stessa.

Adalberto Notarpietro