Quanta ipocrisia sull’Afghanistan

Quanta ipocrisia sull’Afghanistan

Continuano a piovere calde lacrime per i poveri afghani. Loro sono in una condizione drammatica per davvero, ma molte delle grida strazianti che si levano tra gli occidentali dimostrano solamente di quanta ipocrisia ci siamo imbevuti, al punto che neppure ce ne rendiamo conto.

Le uniche riflessioni serie sono quelle sul senso che ha avuto perdere tante vite umane, riportare a casa tanti feriti, profondere tante giovani energie, quali quelle dei componenti dei nostri contingenti militari che vi hanno messo sincere passioni e solidarietà. Per non parlare degli ingenti investimenti finanziari.

Biden si sta prendendo critiche a tutto spiano per aver lasciato che le cose facessero il loro corso. Molti politici e giornalisti nostrani parlano di una sconfitta dell’Occidente. Peccato che assieme a quelli che sono sinceri, e magari coerenti con una consolidata visione, il grosso è costituito dagli stessi che credettero, e hanno continuato a farlo per oltre vent’anni, nella esportazione della democrazia in lande montagnose o desertiche dove, salvo rarissimi casi, non è proprio così facile trovare i trattati di Rousseau o del Montesquieu.

Sono gli stessi smemorati che non si sa dove fossero quando Donald Trump firmò nel febbraio del 2020 l’accordo di Doha con i Talebani. Fecero finta di non vedere come le cose sarebbero finite. Un accordo che tagliava completamente fuori il Governo di Kabul, per una precisa scelta dell’amministrazione Usa di allora. E nel fare ciò era implicitamente chiaro quale sarebbe stato il destino della struttura statuale afghana che, di fatto, è sempre solo sopravvissuta sulla base della capacità militare dispiegata degli Usa e dagli altri eserciti occidentali presenti. Eserciti spesso rinchiusi nelle loro basi.

Quanto la vicenda afgana sia stata gestita sapendo di farlo solamente sulla polvere delle aspre lande di quella terra lo ha confermato a posteriori quello che la Cia avrebbe fatto ben presente, e per tempo, sia a Donald Trump, sia a Joe Biden ( CLICCA QUI ).

Gli stessi smemorati avrebbero dovuto in queste ore riandare a quelle carte firmate dal delegato talebano Abdul Ghani Baradar e dal segretario alla Difesa Usa Mark Esper. Ma sotto lo sguardo compiaciuto di Mike Pompeo che, da suo Segretario di Stato, rappresentava pienamente il Presidente Usa. Quell’accordo non conteneva alcun cenno ai diritti delle donne per cui, giustamente, ci si preoccupa in queste ore, né tanto meno alla garanzie da assicurare alle tante minoranze etniche che compongono l’arcipelago afghano.

E’ vero che in Afghanistan è fallito l’Occidente. Ma chiariamo anche di quale Occidente si tratta. Ad esempio quello che non ha mai avuto alcuna intenzione di costruire davvero uno stato moderno in Afghanistan, ben sapendo che altri avrebbero dovuti essere i metodi da utilizzare per raggiungere un tale risultato. L’Occidente che aveva altri obiettivi. Magari gli stessi che si proverà a perseguire comunque con un Afghanistan consegnato nuovamente ai Talebani.

Prendiamo atto che anche Biden, lo ha fatto con il discorso di due giorni fa, ce lo ha scritto anche AntonGiulio de Robertis ( CLICCA QUI ), ha ragionato guardando solo agli interessi statunitensi. Gli europei non lo sapevano? Oggi parlano di “fuga vergognosa”. Ma non avrebbero potuto organizzarsi diversamente, già all’indomani degli accordi di Doha per provare a fare qualcosa di diverso e di veramente utile agli afghani?

Vi è poi una forma particolarmente odiosa di ipocrisia che circola in queste ore. Quella sull’accoglienza dei profughi afghani. Sì, ma non accogliamoli noi. Facciamolo fare ai paesi vicini. Il che è voler dire: versiamo lacrime, ma non facciamo un bel niente.

Tutto fa pensare, e qualcuno comincia a parlarne sempre più apertamente, che in realtà con i Talebani sia stato tessuto un accordo più ampio e del quale, però, solo il futuro ci dirà di cosa si tratta. Anche perché quelli che accomuniamo sotto la dicitura Talebani costituiscono una vera e propria galassia di cui ancora non è per niente chiara l’articolazione e, soprattutto, se c’è qualcuno che li guida sul complesso scenario regionale .