Le disuguaglianze e le nuove frontiere della tecnologia – di Roberto Pertile

Le disuguaglianze e le nuove frontiere della tecnologia – di Roberto Pertile

È lecito chiedersi se e come  sia finito il sogno tecnologico degli anni passati ? e dove ci hanno portato lo sviluppo , la crescita, la diffusione delle tecnologie digitali di ultima generazione ? Dalle varie  analisi fatte le  tecnologie si sono dimostrate fortemente incisive sulla qualità dell’evoluzione del capitalismo. La cultura digitale ha saputo plasmare a sua immagine le diverse forme della vita produttiva e sociale.

Un   esempio significativo è lo stato del capitalismo dell’informazione, o meglio del capitalismo della sorveglianza, secondo la terminologia usata dalla studiosa del MIT, Zuboff.

È la nuova frontiera tecnologica del capitalismo dell’informazione : siamo giunti al punto che l’esperienza umana , trasformata in dati comportamentali, è diventata, per le aziende del settore, la materia prima. Ci si appropria della persona umana in ogni suo aspetto al fine di  realizzare prodotti commerciali. Con un certo cinismo si potrebbe dire che, a nostra insaputa, siamo spiati , analizzati, sfruttati senza alcun corrispettivo. Siamo materia prima a costo zero.

Questo capitalismo è andato oltre la tecnologia digitale. Perché è diventato una logica che utilizza più tecnologie. È una nuova forma di mercato di beni immateriali, che non ha precedenti. È il mercato dei comportamenti, soprattutto di quelli futuri, per essere venduti a società terze , che possono, così, anticipare sul mercato prodotti e servizi. È una logica tecnologica che sottomette l’esperienza umana alle dinamiche di un mercato senza pari, realizzando profitti elevati, come mai prima d’ora. È , dunque, un capitalismo non sostenibile, perché non  incrementa il lavoro umano, né contribuisce a sviluppare l’economia reale.

E non solo il capitalismo dell’informazione ma anche il capitalismo manifatturiero è sempre meno sostenibile : ha utilizzato al massimo le tecnologie disponibili per lo sfruttamento della natura, producendo un  inquinamento insopportabile.

C’è sempre più un rovesciamento delle finalità : il dominio della natura, grazie alle tecnologie di ultima generazione, avrebbe dovuto contribuire alla crescita   del bene comune. Così non è avvenuto. Inoltre, il capitalismo manifatturiero ha ritrovato una nuova forza propulsiva grazie ai “global players”; cioè, grazie ad imprese globali capaci di espandere la propria produzione in un orizzonte planetario. Infatti, le nuove tecnologie hanno reso possibile la realizzazione di una catena del valore veramente globale e oligopolistico.

Infatti, i” global players” concentrano in sé un elevato potere oligopolistico con l’effetto di eliminare i  competitors, riducendoli di numero , ottenendo così profitti elevati, senza un correlato incremento dei salari. La redistribuzione dei profitti è a tutto vantaggio del capitale rispetto al fattore lavoro. Aumentano , di conseguenza, le disuguaglianze sociali. Dunque ,per effetto della tecnologia, ci si trova davanti ad un’economia manifatturiera di mercato, che, lasciata a se stessa, alimenta forze antidemocratiche e antisociali, in grado di affossare la giustizia sociale e la stessa democrazia. È una ragione sufficiente per ritenere questo capitalismo non sostenibile.

Nella presente analisi emerge come il  motore del capitalismo finanziario sia sempre meno il fabbisogno necessario a finanziare l’economia reale; cioè, ad allargare la base produttiva, che, invece, è ridotta dalla speculazione finanziaria, il cui scopo principale è il guadagno facile e immediato. Prevale , grazie alle piattaforme digitali, la speculazione finanziaria; cioè, prevale la  rendita. È un effetto che va in  direzione opposta alla crescita dei posti di lavoro.

È , dunque, finita  l’utopia di una tecnologia motrice  di un capitalismo illuminato? E’ ancora possibile che l’intelligenza artificiale , insieme alle altre tecnologie ,possa sostenere un capitalismo aperto alla giustizia sociale ?E’ possibile che l’innovazione tecnologica sia al servizio della riduzione  delle ingiustizie sociali, favorendo una società inclusiva, giusta, cioè sostenibile?

Per raggiungere questi obiettivi , Bill Gates ( “ Clima” ed La Nave di Teseo” ) evidenzia l’importanza dell’apporto del singolo cittadino , ad esempio riducendo gli sprechi nei consumi individuali, ma ritiene indispensabile  l’intervento dei Governi con azioni strutturali a medio-termine.

A questo proposito,  il pensiero va al lavoro di Stiglitz e Greenwald sulla società dell’apprendimento, dove si sostiene che” lo sviluppo comporta l’imparare a imparare “, in quanto  l’apprendimento-innovazione è la determinante più importante dell’innalzamento della qualità della vita.  Gli autori ribadiscono il convincimento che, per avere al centro del sistema l’apprendimento, non ci si può affidare alle logiche di mercato ,  di per sé indifferenti a questo obiettivo.  Lo può fare, invece, un’economia creativa che offra , oltre all’istruzione, una educazione di buona qualità.

Va detto, quindi, che la necessità delle azioni correttive  non è imputabile soltanto alle debolezze italiane, ma è in discussione la qualità non più sostenibile del capitalismo, come si va esprimendo anche nelle economie tecnologicamente più avanzate, come gli Usa. Le nuove frontiere della tecnologia sono espressione di una prospettiva universale, come è universale il Magistero di Papa Francesco, che, nella Enciclica “Fratelli Tutti”, scrive che le tecnologie vanno governate e indirizzate verso obiettivi di libertà e di tutela della dignità umana.

Sottolinea che anche nell’uso delle tecnologie conta l’amore sociale ,che è una “forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e rinnovare profondamente le strutture sociali “. In conclusione,  la domanda che viene rivolta agli uomini di buona volontà è di adoperarsi perché lo sviluppo tecnologico sia un attore positivo della trasformazione delle strutture economiche e sociali per il raggiungimento del bene comune, e non sia  una minaccia per la dignità dell’uomo.

Roberto Pertile