C’è un governo – di Guido Puccio

C’è un governo – di Guido Puccio

Finalmente si ha la percezione convinta che un governo c’è.  Dopo i rari interventi del presidente Draghi dal giorno dell’incarico al discorso sulla fiducia, la prima conferenza stampa aperta alle domande dei giornalisti, alcune con la tentazione di ritenersi intriganti, ha dato l’immagine di un capo del governo con le idee chiare e senza giri di parole. Ben altro rispetto ai banchieri che lo hanno preceduto nello stesso ruolo, da Ciampi a Dini e, in un certo senso, allo stesso Monti; tutti indubbiamente di adeguato profilo, ma senza quella padronanza e quella disinvoltura che viene da una lunga esperienza internazionale.

E così, i due principali problemi affrontati, il percorso di uscita dalla emergenza sanitaria e le azioni programmate per la ripresa economica, sono apparsi ben collocati in una visione politica di ampio respiro dove il ruolo primario del Parlamento, le priorità nella azione di governo, i rapporti con l’Europa, la collocazione occidentale hanno fatto da sfondo.

I commenti dei partiti sono stati cauti. Non così i titoli sparati da qualche giornale di parte sempre intento a fare da mosca cocchiera per la caccia ai consensi, ormai residuato bellico della vera “casta” che ha contribuito e vorrebbe continuare  a sfigurare la politica.

La riflessione più importante, e solo alla apparenza elementare, emersa dalle risposte di Draghi alle domande dei giornalisti, è tutta nella certezza che l’economia del Paese ripartirà non appena superata la emergenza sanitaria. Non è infatti soltanto l’arresto di produzioni e servizi all’origine di questa particolare fase recessiva, ma anche quello delle barriere nei traffici e nei trasporti. Da qui l’esigenza di concentrare gli sforzi nella campagna di vaccinazioni con tutto quanto ciò implica: dalla disponibilità dei vaccini da reperire in ogni caso, alla organizzazione della logistica che ha trovato impreparati sia lo Stato che le regioni, e non solo da noi.

E’ quindi inutile riproporre in questo momento questioni che riguardano le strutture fondamentali del sistema Italia, quali il debito eccessivo, i rischi che si aprono per il ceto bancario, le dimensioni delle nostre imprese, la rigidità del lavoro, l’arretratezza delle normative fiscali dopo cinquant’anni dall’ultima vera riforma. Certo, sono tutti dossier aperti ma che potranno trovare cura e attenzione una volta ripartita l’economia. Non “una volta tornati come prima” perché la risalita non sarà né rapida né facile e questo Draghi lo sa. Ma almeno una volta tornati alla normalità.

L’esempio più calzante di questa convinzione, tutt’altro che ovvia, è stata la risposta alla domanda sul MES,  il fondo europeo sulla sanità, che era stato uno degli argomenti più ostinatamente divisivi tra le forze politiche anche in seno alla stessa maggioranza. Richiesto di che cosa ne pensasse al riguardo, quasi con intento provocatorio, Draghi ha risposto con naturalezza raggelante: i tassi di interessi offerti da questa opportunità non rappresentano certo una priorità nelle attuali condizioni di mercato; si potrà discutere su questo strumento quando sarà messo a punto un piano nazionale per la sanità e se ne potrà valutare la convenienza. Perfetto.

L’occasione dell’intervento del Presidente del consiglio a microfoni aperti ha consentito anche di cogliere alcuni pretesti per non revocare in dubbio la sua comprensione dei problemi reali del Paese.

Il primo riguarda la scuola (“sarà la prima a riaprire”) e non è la prima volta che Draghi si dimostra sensibile su questo argomento già richiamato nel suo discorso di insediamento con la specifica degli istituti professionali da riorganizzare seriamente per corrispondere alle offerte di lavoro di oggi.

Il secondo è un riferimento alla attività delle regioni per le campagne vaccinali (alcune avanti, altre fortemente arretrate) dove traspare l’esigenza, non solo per l’emergenza sanitaria, che le regioni stesse non si muovano in ordine sparso e con la presunzione di governare oltre le loro competenze.

Argomenti tutti trattati con semplicità e disinvoltura, con quello sguardo “insieme languido e di ghiaccio” (copyright   Giuliano Ferrara) che lo caratterizzava quando era presidente della Banca Centrale Europea.

Guido Puccio