Rai, di tutto, di più – di Giuseppe Careri

Rai, di tutto, di più – di Giuseppe Careri

Non ci sarà una vera democrazia senza una riforma dell’informazione, uno dei fondamenti della democrazia. Se il controllo dell’informazione è concentrato in pochi attori, inevitabilmente si manifestano derive antidemocratiche”.

Lo scrive sul suo Blog Beppe Grillo che, sin dal 2013, ritiene necessario lo sviluppo di tecnologie emergenti e l’eliminazione dei contributi pubblici per le testate giornalistiche nazionali. Grillo vorrebbe, insomma, una Rai sul modello della BBC, con un canale senza pubblicità e la riforma della governance del Servizio Pubblico con Consiglieri indipendenti dalla politica.

Niente di nuovo per la verità. La politica in TV l’ha fatta sempre da padrone in tema di controllo dell’informazione. In passato, del resto, era questa la formula per soddisfare le legittime aspirazioni di tutti i partiti e della loro propaganda pervasiva. C’è stato, infatti, il periodo iniziale dello strapotere democristiano, poi condiviso con socialisti, repubblicani e liberali; infine il periodo dei comunisti che “occuparono” il Tg3 dell’era Curzi con Telekabul; poi il proclama lanciato nel 2018 dal Movimento 5 Stelle che, una volta saliti al Governo, gridarono “fuori i partiti dalla Rai”, ma forse si riferivano a quelli avversari e non a loro stessi. Infatti la Rai del Governo Conte fu “divisa”, come ai tempi della riforma Gasparri del 1975. In particolare nel Governo giallo-verde, la propaganda dei partiti fu particolarmente asfissiante soprattutto nei talk show e nei principali telegiornali.

Non a caso, dopo la formazione del Governo Giallo-Verde nel 2018, il Presidente della Rai Marcello Foa fu nominato dalla Lega, mentre l’Amministratore delegato Fabrizio Salini fu indicato dal Movimento 5 Stelle. Altro che “cacciare” i raccomandati dalla Rai, come gridava Luigi Di Maio.  Ora con la nuova uscita di Grillo ritorniamo all’antico ritornello di una riforma del Servizio Pubblico che tenga fuori i partiti dalla Rai.

Nei prossimi mesi ci saranno le nomine dei vertici di diverse aziende nelle quali il Governo ha l’ultima parola. Sul tavolo del nuovo Ministro dell’Economia Daniele Franco è iniziato il processo per la ricerca di coloro che siederanno nel prossimo Consiglio di Amministrazione della Rai che abbia i requisiti di garanzia, di indipendenza, ed efficienza necessari per ricoprire una carica così prestigiosa. Certo, sarà una lotta serrata tra il Ministro dell’Economia e i tanti partiti presenti nel Governo per indirizzare la scelta che accontenti tutti.

La comunicazione dei giorni nostri, come si sa, è fondamentale per qualunque prodotto da vendere, in particolare quello dell’informazione.

David Weinberger di Harward, del Berkman Center di Harward, uno dei tanti guru appassionati di informazione,  in un suo recente libro, Too Big To Know, scrive:

Oggi il sapere non risiede solo nelle biblioteche, nei musei e nelle riviste accademiche; non risiede solo nel cranio degli individui: le teste e le istituzioni non sono abbastanza grandi per contenere il sapere. La conoscenza è oggi una proprietà della rete, e la rete abbraccia le imprese, i governi, i media, i musei, le collezioni private e le menti che comunicano tra loro”.

Per tutte queste ragioni c’è particolare attenzione ala nomina dei vertici della Televisione Pubblica che consente di veicolare la propaganda dei partiti verso milioni di  telespettatori in tutto il paese.

Lo scrittore Neil Postman nel suo interessante libro “Divertirsi da morire” scrive: “La televisione è il paradigma della nostra concezione di informazione. Come fece la stampa nei primi tempi, oggi la Tv ha acquistato il potere di definire la forma con cui devono essere presentate le notizie, e anche la nostra reazione di fronte ad esse”.

Ancora una volta s’invoca una riforma della televisione pubblica che tenga conto del diritto dei cittadini di essere informati. Lo auspicano in tanti, anche il garante del movimento 5 Stelle Beppe Grillo che ritiene “L’informazione alla base di interesse sociale. Il cittadino non informato o disinformato non può scegliere. Assume un ruolo di consumatore e di elettore passivo, escluso dalle scelte che lo riguardano.

In questa ottica non vi è dubbio vi sia un ragionevole passo avanti rispetto al passato, dove ogni partito voleva la sua parte della torta, spesso a danno del cittadino. Sarà finalmente la volta buona?

Giuseppe Careri