Sarà possibile salvare “il soldato Draghi”? – di Giancarlo Infante

Sarà possibile salvare “il soldato Draghi”? – di Giancarlo Infante

Il Governo dall’alto profilo non riesce ancora a far conoscere i nomi dei sottosegretari. Siamo costretti ancora una volta a dire che di alti profili, al momento, continuiamo a vedere solo quello del Presidente Draghi. Sul resto, attendiamo di essere clamorosamente smentiti e passare come uomini di poca fede.

I partiti continuano a preoccuparsi dei loro equilibri interni mentre c’è bisogno di ripartire. Già bloccati agli inizi della crisi del Conte 2, tanti ministeri, in parte anche quelli dei quali non sono cambiati i massimi responsabili, restano ancor fermi perché così funzionano le cose. Anche in considerazione che alcuni sottosegretari, nella realtà, si trovano a seguire veri e propri ministeri. Nessuno firma alcunché e l’attività di molti uffici resta bloccata.

Tutti i peana a favore di Mario Draghi e gli impegni assunti nei suoi confronti dove sono andati a finire?

Matteo Salvini deve riequilibrare una squadra di governo che, solo formalmente, dipende da lui, giacché Giancarlo Giorgetti vive di luce propria, il ministro Garavaglia è considerato un “maroniano” di stretta osservanza e la ministra alle disabilità, Erika Stefani, indossa la maglia della corrente di Luca Zaia. Il Pd è alle prese con la grave dimenticanza delle quota rosa e, ovviamente, anche le donne da impegnare nelle seconde fila della squadra di governo devono essere scelte utilizzando il bilancino. Fondamentale accontentare tutte le correnti e correntine che soffiano nel partito di Nicola Zingaretti. A conferma che, alla fine, la politica non segue le questioni di genere, ma altre logiche per le quali la differenza tra uomo e donna fa poca cosa. I Cinque Stelle, pure, hanno problemi di correnti, a maggior ragione oggi che si registra il più alto tasso di sbandamento tra le fila dei parlamentari eletti per il Movimento fondato da Beppe Grillo. Matteo Renzi non può dimenticare che una parte della sua squadra non era del tutto pronta al muro contro muro nei giorni dello scontro con Giuseppe Conte e, forse, non può pensare di accontentare solo quelli che fan parte della cerchia del cosiddetto “Giglio magico”.

Si potrebbe proseguire per ciò che riguarda tutte le altre componenti, medie, piccole, infinitesimali  che formano la base parlamentare del Governo Draghi, visto che oggi i partiti, grandi e piccoli, sono diventati poco più di un’etichetta, a qualcuno verrebbe da dire un “brand” utilizzato da una sommatoria di gruppetti e di singoli alla ricerca della propria sopravvivenza. Ai tempi della cosiddetta Prima repubblica, i capi corrente avevano almeno già pronta la loro squadra ben prima che, persino, giurasse un nuovo governo.

E’ evidente che si sta perdendo del tempo prezioso. Sappiamo che altro se ne perderà in attesa che vengano registrate le famose deleghe da definire e centellinare tra ogni sottosegretario e che la prescelta o il prescelto si veda formalmente riconoscere il proprio ruolo istituzionale, con un pieno potere di firma. Ci sarà sempre qualcuno che non vorrà rispettare gli accordi e costringere il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri,  se non addirittura Mario Draghi,  a sedare le immancabili risse per le competenze da distribuire tra i neo nominati? Poi, ci sarà da attendere che i vecchi rimasti al loro posto riaprano gli scatoloni, subito preparati per scaramanzia ed opportunità, e che i nuovi s’impratichiscano con la “macchina” e, magari, addirittura imparino da che parte entrare nel pezzo di dicastero loro affidato.

Quel che più conta, però, è che ci dobbiamo sempre porre la domanda sul ruolo dei partiti nell’Esecutivo Draghi che, come già confermato dalla nomina di tanti ministri, è molto più forte di quel che i titoli dei giornali facessero pensare al momento della salita al Quirinale dell’ex Presidente della Bce . Allora erano stati dati per morti, loro, i partiti. Adesso c’è già da cominciare a chiedersi come salvare ” il soldato Draghi”?

Giancarlo Infante