Il silenzio di Natale, in attesa di ricominciare – di Giuseppe Careri

Il silenzio di Natale,  in attesa di ricominciare – di Giuseppe Careri

I rintocchi delle campane sono i primi suoni del mattino che ci ricordano il giorno di Natale targato 2020. Per il resto il silenzio della città si percepisce soprattutto per la mancanza del rumore del traffico così familiare ai nostri giorni.

L’anno scorso è stato l’ultimo Natale passato si può dire in allegria, quasi sempre in compagnia dei nostri familiari e amici. In tutte le città del mondo  si avvertiva il clima festoso di Natale: dai canti natalizi, Jingle bells, Bianco Natale, White Christmas, e poi dalla esagerata e continua pubblicità degli spot televisivi, dagli alberi addobbati, le luminarie, i negozi pieni di luce e di offerte natalizie.

Quest’anno, invece, la pandemia ci ha portato via una parte delle nostre libertà, della nostra allegria e della nostra serenità. Un clima natalizio triste che si respira ovunque, nelle città, nei piccoli paesi, nei borghi e nel mondo intero. Lo testimonia anche il clima di silenzio che si avverte per le strade deserte, prive di quel frastuono assordante ormai associato alla vita di una città che lavora, si sposta, viaggia da un capo all’altro del mondo.

Un silenzio che, se non altro, ci aiuta a riflettere, a riscoprire momenti della nostra vita dimenticata nel girotondo vorticoso della vita, nella gioia di leggere un libro dimenticato della nostra libreria, di un abbraccio, un bacio, una parola dolce. Il silenzio che ci concilia il dialogo con un nostro caro, un figlio, un parente.

Il silenzio che ci consente di ricordare gli oltre 70 mila morti di coronavirus e 2 milioni di contagiati sparsi in ogni parte del nostro paese. Il dolore di non aver accompagnato l’ultimo viaggio di un nostro caro, non aver assistito un genitore, un fratello, un parente, nel momento peggiore della malattia. L’immagine delle sale intensive con medici e infermieri vestiti come astronauti; i malati intubati e i macchinari con i loro fastidioso bip e con la speranza nel cuore che non si fermino.

Il silenzio di una città, di tutte le città, dove sono scomparse le automobili, gli assembramenti, con i negozi desolatamente chiusi accompagnati dalla paura di non poter ripartire in futuro con la propria attività, il proprio lavoro;

il guadagno di uno stipendio che si volatilizza e improvvisamente viene a mancare. Tutto questo in contrasto con la miriade di luminarie sparse in tutte le strade principali e periferiche delle città.

Un’immagine luminosa, di per se allegra, viva, di speranza, che solo per un momento ci fa dimenticare la tragedia che stiamo vivendo; una pandemia che ci chiude in casa per la paura di essere prima o poi infettati da un virus infinitesimale, un virus che muta con il trascorrere del tempo, come accaduto di recente con la variante inglese che ha costretto l’Inghilterra a un durissimo lockdown.

Ieri mattina presto, ma anche per il resto della giornata, facevano impressione le strade deserte, un auto che transita veloce, un pedone solitario con il suo cane, un ciclista, e poi un’edicola chiusa, le luminarie inutilmente accese insieme a quelle necessarie delle farmacie, una delle poche attività consentite. E poi le piazze vuote, silenziose, bellissime da ammirare. Potevi così assistere alla scalinata di Piazza di Spagna deserta, così pure ammirare in solitudine Fontana di Trevi luminosa e unica; infine Piazza San Pietro come non l’abbiamo mai vista, con la sua bellissima cupola e la piazza grandissima, orfana ormai di fedeli e turisti.

In questo clima ovattato, senza rumori, senza allegria, si avverte solo il rintocco di qualche campana e l’arrivo di pochi fedeli che si accingono ad ascoltare la messa.

In questo silenzio derivato dalla zona rossa, i Tg informano sulle fasi della pandemia, della corsa al vaccino, della speranza di milioni di persone di superare finalmente questo periodo buio. Gli inviati raccontano poi le difficoltà da superare per la consegna in tutta Italia delle fiale che serviranno a vaccinare una prima parte della popolazione. Fortunatamente, in questa operazione c’è l’ausilio dell’esercito per la consegna e la protezione dei vaccini.

Grazie, infine, agli scienziati e ai loro studi per aver trovato il vaccino capace di sconfiggere un virus microscopico che per tanti mesi sembrava invincibile, ma che la scienza e gli uomini hanno saputo trovare l’antidoto per sconfiggerlo.

Si parte il 27 gennaio in tutta Europa. E’ stata chiamata la giornata del V-day, il giorno che fra cento anni sarà ricordato come il momento della riscossa della scienza e del mondo scientifico. E’ la nostra speranza di ricominciare a vivere!

Giuseppe Careri