Usa: lezione di giornalismo- di Giuseppe Careri

Usa: lezione di giornalismo- di Giuseppe Careri

E’ accaduto durante le elezioni americane vinte, dopo una battaglia all’ultimo voto, da Joe Biden del partito democratico. In una delle ultime conferenze stampa del Presidente in carica Donald Trump alcune stazioni televisive hanno interrotto il monologo trasmesso dalla Casa Bianca perché le affermazioni del Presidente erano considerate false o, comunque, prive di riscontri oggettivi. Alla nuova richiesta della linea dalla Casa Bianca per un nuovo discorso di propaganda di Trump, quando i due protagonisti della sfida erano quasi in parità, le principali stazioni televisive americane, Abc, Cbs e Cnn hanno chiuso la trasmissione perché hanno ritenuto “nonsense” le dichiarazioni di Donald Trump. Per la verità, questa decisione è stata presa solo nella giornata di ieri quando si sono chiariti gli orientamenti degli elettori in favore del candidato democratico Joe Biden.

Rimane comunque ammirevole il coraggio dei giornalisti delle emittenti televisive a prendere una posizione così perentoria. Per la verità è da giorni che anche il Network Fox, tradizionale alleato di Trump e i maggiori quotidiani americani hanno sottolineato le continue “bugie” dette da Trump nella campagna elettorale.

La Cnn ha trasmesso il monologo di Trump e il corrispondente da Washington Jake Tapper, come scrive il 24 ore, ha dichiarato. “Che triste notte per gli Stati Uniti sentire il Presidente dire bugie dopo bugie sull’elezione rubata. Non ci sono prove di quello che sta dicendo; sono diffamazioni sulla correttezza nel conteggio dei voti. Francamente patetico”.

L’atteggiamento dei network è esploso nel momento in cui la sconfitta di Trump si profilava a favore del suo rivale Joe Biden. Occorre dire che il giornalismo americano è stato sempre all’avanguardia nel mondo nella denuncia delle  malefatte del potere. Basta ricordare le denunce dei quotidiani americani e delle emittente televisive sul racconto della guerra del Vietnam. Corrispondenze e immagini che portarono infine alle dimissioni del Presidente Lyndon B Johnson. Ci fu poi il cosiddetto scandalo del Watergate, scoppiato nel 1972. Mancano solo 5 mesi alle elezioni. Due giornalisti del Washington Post, Bob Woodward e Carl Bernestein, scoprono che nella sede del Comitato elettorale democratico al Watergate hotel viene violata da cinque uomini sorpresi dalla polizia.

La notizia viene ampiamente pubblicata sulle pagine del Washington Post della coraggiosa proprietaria Katharine Grahm. A seguito dello scandalo provocato dalla scoperta dei due giornalisti il Presidente Nixon, che non era estraneo a questo spionaggio politico, l’8 agosto del 1972 è costretto alle dimissioni.

Il caso Watergate fu talmente clamoroso che sulla vicenda poliziesca e politica  fecero un bellissimo film dal titolo “tutti gli uomini del presidente”, con Dustin Hoffman e Robert Redford.

Dopo 4 anni di Presidenza di Donald Trump attraversata da bugie, populismo e da numerosi errori commessi, non ultimo quello sulla pandemia, è arrivata ormai al suo epilogo grazie al voto di 150 milioni di elettori, oltre la metà in favore di Biden, i veri vincitori di una democrazia sempre da difendere.

Oggi la libertà di espressione e della libertà di stampa è prevista dalla nostra Costituzione attraverso l’articolo 21, ma anche dell’articolo 3 dove tutti i cittadini “hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge”. Per questa ragione è un patrimonio che dobbiamo salvaguardare dalla “prepotenza del potere” politico quando impone scelte e uomini non per la loro professione ma per l’appartenenza a un partito. E’ successo con il servizio pubblico, ma anche con quello privato.

Ai telegiornali e alle reti del Servizio Pubblico radio televisivo vi sono numerosi giornalisti eccellenti, in grado di far valere la forza della loro professione; occorre pertanto orientare il proprio lavoro verso una giustizia e un’ informazione rivolta verso tutte le componenti della società, liberandosi dalla stretta politica spesso soffocante.

In un famoso film del 1952 di Brooks, “l’ultima minaccia”, interpretato da Humprey Bogart, il direttore del giornale sollecitato  dal potente politico di turno a sospendere la pubblicazione, risponde con un sorriso liberatorio e con l’ordine di far partire le rotative; nel rumore infernale delle rotative dice: “E’ la stampa bellezza. E’ la stampa! E tu non ci puoi fare niente”!

Ecco, è finalmente giunto il momento di manifestare la propria autonomia e il proprio coraggio onorando la propria professione e diventare davvero, per il bene di tutti, i cani da guardia del potere!

Giuseppe Careri