L’Italia e la necessità di ridurre le probabilità del rischio disastri

L’Italia e la necessità di ridurre le probabilità del rischio disastri

La Storia mi farebbe propendere per il no. E’ una storia purtroppo dimenticata dalla classe dirigente degli ultimi vent’anni almeno. Vorrei essere smentito. Le intenzioni espresse nella documentazione pubblicata su “Politicainsieme.com” a seguito dei lavori preparatori del nuovo soggetto politico, evidenziano una seria base politica corroborante alle molteplici trasversalità d’ambito, che mi fanno sperare. Se estrapolate dal riferimento al momento attuale, denotano una progettualità già esistente e costante. Un valore aggiunto.

Tra un mese, il 13 ottobre sarà la Giornata Internazionale per la Riduzione del Rischio di Disastro, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per promuovere una cultura globale della riduzione del rischio di catastrofi.

È un’opportunità per riconoscere a livello mondiale i progressi compiuti per la riduzione del rischio di catastrofi e delle perdite di vite umane, dei mezzi di sussistenza e della salute, in linea con quanto riportato nell’Accordo Quadro di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi 2015-2030, adottato alla terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi nel marzo 2015.

Nel 2016, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha lanciato “The Sendai Seven Campaign” per promuovere ciascuno dei sette obiettivi in ​​sette anni. L’obiettivo per il 2020 è: “Aumentare sostanzialmente il numero di paesi con strategie nazionali e locali di riduzione del rischio di catastrofi entro il 2020”, che getta le basi per il rafforzamento della governance per gestire il rischio di catastrofi.

In linea con l’obiettivo della giornata inerente l’impatto che i disastri hanno sulla vita e sul benessere delle persone, il tema di quest’anno è quello di trasmettere il messaggio che molti disastri possono essere evitati o prevenuti, se sono in atto strategie di riduzione e gestione del rischio e per evitare la creazione di nuovi rischi. Ciò che equivale a “una buona governance del rischio di catastrofi”.

Guardando in casa nostra, limitandomi solo all’ordinario e in particolare alla storia degli eventi un tempo rari e da almeno un decennio pressoché quotidiani, viene spontaneo chiedersi se c’è stata, se c’è e se ci sarà una “governance” capace di fare prevenzione, previsione, soccorso e ripristino senza un corollario di anomalie costanti quali impreparazioni, ritardi, inchieste e processi giudiziari, sperpero economico, induzione di servizi voluttuari, disagi cronici, ripristino e ricostruzione con tempi indefiniti tutti presenti in ogni anello di una “catena della sopravvivenza” oramai sempre più arrugginita, allungata e talvolta spezzata.

La lettura e l’approfondimento di qualsiasi bibliografia su ogni singolo aspetto intrinseco a una catastrofe, portano in evidenza le falle ancora oggi non chiuse già nelle fasi ordinarie.  Una “governance” ordinaria efficace, efficiente e semplificata, avrà sempre meno problematiche nel momento maggiormente critico. L’Enciclica “Laudato Si’” richiama a principi fondamentali e di base che, se applicati, valgono di più del termine prevenzione. Ambiente e Uomo significano Vita, Sicurezza, Benessere, Salute, Lavoro e Cultura. Gianni Rodari e Sergio Endrigo nel 1974 con “Ci vuole un fiore”, vollero lasciare un messaggio alle nuove generazioni: il rispetto e la cura per ciò che è necessario. Quelle nuove generazioni, oggi ci sono ancora? E si ricordano di quel messaggio? La governance non si può permettere distrazioni ed errori: deve essere il collante energico per questi principi partendo dai Comuni con un rafforzamento decisionale e strumentale. Pianificazione Urbanistica consapevole, Manutenzione quotidiana, Sorveglianza assidua condite da una cosciente capacità di dire No a un qualcosa in più, in rispetto alle priorità garanti di prevenzione e gestione di un rischio, di ciò che già esiste e va preservato per una fruibilità collettiva sicura e durevole. Altrettanto vanno riviste le Catene di Comando nel nostro Paese: troppe in ordinario e duplicate nello straordinario, frammentate e spesso contraddittorie già negli atti di previsione e prevenzione: ne deriva al momento della gestione del rischio, un’azione controproducente. Ora non facciamoci “prendere” troppo dal tragico evento pandemico attuale, che indubbiamente ha aggiunto una evidenza alle mancate preventive attuazioni ordinarie note in molti settori, dimenticate nel tempo e una dimostrazione di non sapere, non saper fare e non saper essere, mostrando quasi un vilipendio al Paese. In questo modo, come si può aver pensato di diffondere e ottenere con fiducia una costante cultura civica di supporto alla governance di prevenzione e gestione del rischio? Mettiamo da parte paure, ansie e isterie: ci sono altrettanti rischi ordinari e straordinari in ogni ambito, da prevenire con serietà, senza farci prendere dall’emotività, ma facendoci abbracciare dalla responsabilità individuale, collettiva e di governo a ogni livello istituzionale, stando ben lontani dall’essere maggiordomi di qualcuno o qualcosa.

Marco Torriani