Il negazionismo di chi vive al di fuori del mondo – di Alessandro Di Severo

Il negazionismo di chi vive al di fuori del mondo – di Alessandro Di Severo

Il Governo interviene per mantenere il distanziamento fisico da far rispettare sui treni e la Regione Lombardia insiste per far occupare, invece, tutti i sedili disponibili sulla rete del trasporto pubblico locale lombardo. E’ evidente che lo scontro è oramai diventato ideologico.

C’è da sperare che di mezzo non ci vada la gente che continua a leggere tutti i giorni il bollettino sui nuovi contagiati: Lombardia, Emilia e Veneto sono tre regioni in cui si continuano a verificare quotidianamente nuovi contagi da Coronavirus dopo aver pagato un prezzo altissimo in termini di ammalati e di vite umane nei lunghi mesi di pandemia.

Il negazionismo del Coronavirus assume varie forme tra gli scienziati, in alcuni casi meglio far precedere da uno pseudo, commentatori più o meno preparati, i social e la gente comune. Se ne leggono di ogni colore ed emerge uno strano miscuglio fatto di “terrapiattismo”, no vax, cospirativismo e, soprattutto, ci si trova dinanzi a quelli che ne sanno sempre più degli altri. L’idea base è: il Coronavirus non esiste più e, quindi…. basta con la mascherina e, purtroppo, anche con il distanziamento fisico tra le persone!

Preoccupa quando questa strana teoria è seguita da qualche nostro politico evidentemente poco informato su come stanno andando le cose nel mondo. Senza neppure andare troppo lontano e lasciare il nostro continente. Sì, perché, come abbiamo già scritto ( CLICCA QUI ), in gran parte dell’Europa riesplodono nuovi casi e alcuni governi sono ancora costretti a creare zone rosse e sono pronti a bloccare immediatamente gli ingressi a quanti provengono da altri stati vicini. Nel Regno Unito hanno ristabilito nel giro di poche ore l’obbligo di quarantena per coloro in arrivo dalla Spagna .

Senza uscire dai nostri confini nazionali, dobbiamo prendere atto che la curva del contagio è calata di molto, ma non si riesca a portarla verso quota zero. Le regioni del Nord continuano a tenere presentare il numero dei nuovi contagiati quotidianamente tra i 200 e i 300. Possiamo permetterci il lusso di dire che è finito tutto?

Lo sfondo più generale dinanzi al quale continua lo scontro scientifico e politico sulla fine o meno della pandemia si precisa come sempre più inquietante.

Secondo l’Organizzazione mondiale del commercio siamo di fronte ad un crollo degli scambi economici internazionali che potrà attestarsi tra un meno 13% e meno 32% nel corso di quest’anno. E’ vero che poi è previsto un rimbalzo positivo che supererà il 20% nell’anno successivo, ma intanto non sappiamo quante aziende sopravviveranno nel frattempo. Sperando poi che una seconda ondata di virus, da molti attesa a partire dal prossimo autunno, non ricambi di nuovo in peggio tutte le carte in tavola.

Gli analisti ricordano che le vicende del Coronavirus si sono andate a collocare all’interno di una tendenza alla riduzione del volume degli scambi già presente a seguito della crisi finanziaria del 2007 2008 e rivelatrice dell’esistenza di una crisi del “governo” del commercio internazionale. Si è assistito all’introduzione di dazi, pratica per lunghi decenni abbandonata, a meno che non giustificata dalla decisione della comunità internazionale d’intervenire nei confronti di nazioni in guerra o accusate di violare precise norme fissate dalle Nazioni. Si calcola che siano 69 i  paesi che hanno già introdotto provvedimenti unilaterali di restrizione alle esportazioni.

E’ evidente che questo atteggiamento, oltre che a influire negativamente sull’andamento economico complessivo, rischia di riguardare anche tutto ciò che interessa strumenti, macchinari, presidi sanitari necessari alla limitazione della diffusione del Coronavirus e la cosa potrebbe rivelarsi preoccupante se la pandemia non regredisse sufficientemente e uno o più vaccini non divenissero universalmente disponibili in un congruo periodo di tempo.

Ecco perché vorremmo che i politici italiani pensassero bene a definire delle aree in cui è necessario impegnarsi in una tregua verbale e sostanziale.

Alessandro Di Severo