La produzione riparte. Ora tocca alla politica

La produzione riparte. Ora tocca alla politica

La produzione industriale italiana fa un balzo in crescita nel mese di maggio del 42% rispetto ad aprile e quel che più conta tutti i settori produttivi registrano incrementi. La fonte è il “flash” dell’Istat pubblicato il 10 luglio.

Vero è che rispetto allo stesso mese dell’anno scorso siamo ancora sotto del venti per cento ma il recupero è stato molto più pronunciato di quelli registrati in Francia e soprattutto in Germania, dove il rimbalzo si limita all’otto per cento.

La prima valutazione che questi dati suggeriscono, con tutte le cautele che i confronti impongono sempre, è singolare: i tedeschi erano certi di assistere ad una ripresa così detta a “V” (risalita immediata) che invece non si verifica ancora, mentre da noi dove ci si attendeva solo l’arresto della caduta per via di tutte le nostre remore e quindi un andamento a “L “, il rimbalzo c’è e si vede. Anche se si deve considerare che la precedente caduta della produzione in Germania è stata più contenuta rispetto alla nostra.

Pochi giorni prima della pubblicazione di questi dati, il Bollettino Economico della Banca d’Italia (n.2/2020) prevedeva una contrazione del prodotto italiano anche nel secondo trimestre che invece prende avvio, almeno per la produzione industriale, con una netta inversione di tendenza e ciò induce quanto meno ad un moderato ottimismo che suggerisce qualche considerazione.

1 Forse il peggio è passato, a meno che non sopraggiunga una seconda ondata della pandemia. Il rimbalzo in un settore chiave della nostra economia sembra più rapido e consistente rispetto a quello verificatosi dopo la crisi del 2009, quando i tempi della ripresa erano stati così lenti e faticosi sino al punto di non avere ancora recuperato i livelli precedenti dieci anni dopo.

2 I timori di avere perso quote di mercato all’export, più volte rappresentati dagli imprenditori e dal sindacato, non si sono fino ad oggi dimostrati fondati. Ciò conferma che ormai le filiere industriali della creazione di valore viste a dimensione europea sono molto più integrate di quanto si possa credere e resistono anche con la crisi della globalizzazione e con la guerra mondiale dei dazi.

3 L’adozione delle nuove tecnologie digitali di crescente attualità, e che lo Stato vorrebbe applicare anche alle proprie strutture, le imprese la stanno già facendo aggiornando i loro modelli organizzativi. E’ sempre più frequente, anche nelle imprese di dimensioni medio piccole, assistere alla espansione delle comunicazioni digitali, dei modelli “on-line first”, dei contatti da remoto e dell’e-commerce. Tali innovazioni sono importanti perché correlate all’aumento della produttività, basata sull’organizzazione, sull’applicazione delle nuove tecnologie e soprattutto sulle conoscenze.

A questo punto diventa decisivo l’avvio delle riforme che il governo annuncia di voler affrontare, la Commissione Europea sollecita e il mondo delle imprese attende. A cominciare da quelle della burocrazia, della giustizia civile, delle infrastrutture e del costo del lavoro. Come pure il concreto e ordinato utilizzo delle ingenti risorse europee che nei prossimi mesi dovrebbero diventare realtà.

Ancora più decisiva, sia in senso positivo che (speriamo di no) in senso negativo, sarà non tanto l’azione del governo, la cui compattezza sembra tutti i giorni perdutamente negata, quanto piuttosto la percezione del dato di realtà delle forze politiche di maggioranza e di minoranza.

Guido Puccio