Las Vegas boulevard. Tra ricchezza e povertà – di Giuseppe Careri

Las Vegas boulevard.  Tra ricchezza e povertà – di Giuseppe Careri

Il Coronavirus arriva anche nel deserto del Nevada. A Las Vegas centinaia di senza tetto sono stati costretti ad “alloggiare” in un dormitorio, per cosi dire, sdraiati  sugli spazi di un centro commerciale normalmente utilizzato per il parcheggio delle Cadillac americane. In un video trasmesso dalla rete e già virale, si vede una lunghissima fila di clochard in attesa di ricevere una telo bianco per proteggerli dal caldo e dall’umidità della notte. Questo ripiego si è reso necessario a causa di un senza tetto colpito dal Coronavirus mentre dormiva in un alloggio comune. Anche Papa Francesco è rimasto colpito dal dramma di questa povera gente costretta da anni a vivere solo di stenti. “Ci sono tanti senzatetto oggi” ha detto il Papa durante la messa a Santa Marta. “Chiediamo a Santa Teresa di Calcutta che risvegli in noi il senso della vicinanza a tante persone che nella società, nella vita normale, vivono nascosti, come i senzatetto, e che nel momento della crisi si evidenziano così”.

L’immagine dei senza fissa dimora sdraiati sul cemento, e a distanza l’uno dall’altro per evitare il contagio, è un contrasto evidente in una città sfavillante, piena di luci, ricca di alberghi e di casinò unica al mondo.

Las Vegas è una città del Nevada. Fu edificata negli anni ‘40 in una zona umida del deserto. Pochi anni prima, nel 1931, fu autorizzato il gioco d’azzardo che spinse la malavita e la mafia a investire sul gioco e sui casinò.

Le prime costruzioni furono gli alberghi sfavillanti, opera di investitori appoggiati dalla criminalità organizzata. Ebbe una facile espansione per il richiamo della bella vita, del gioco e della vita notturna. Nel 2018 conta una popolazione di quasi 3 milioni di abitanti. Migliaia e migliaia di cittadini di tutto il mondo si recano in questa città per vivere l’emozione del gioco al casinò, della prospettiva di vincere e della facilità di vivere notti ricche di emozioni. Negli alberghi dove si dorme, ci sono casinò, locali notturni, boutique delle migliori marche, concerti e teatri. La principale strada di Las Vegas è la Strip, lunga circa 5 chilometri di luci, casinò e alberghi.

Ma la pandemia ridimensiona ormai ogni angolo del globo. Il virus, infatti, ha colpito anche gli Usa, colpendo tutte le città americane.

Nel mondo ci sono oltre 1 milione di contagiati di Coronavirus e l’America ha il maggior numero di contagi, quasi 270 mila. Nello stato di New York ci sono stati 630 morti in un solo giorno. L’opulenza americana, la ricchezza sfrenata, il benessere, non hanno impedito che nella sua terra ci fossero poi situazioni di disuguaglianza che fanno vergogna non solo negli Usa ma in tutto il mondo.

I clochard del deserto del Nevada, povera gente costretta a dormire sul cemento mentre 134 mila posti letto di Las Vegas sono vuoti, li ricorderemo per lungo tempo; a dispetto della ricchezza e dei casinò che per tanti anni hanno escluso generazioni intere. Un capitalismo fonte di ricchezza, più che di felicità, che ha lasciato indietro milioni di persone, di famiglie, di giovani.

In un censimento dello scorso anno in diversi Stati americani, sono aumentati i senza tetto; complessivamente sono circa 550 mila i clochard che non hanno un alloggio cui rifugiarsi.

Ma la pandemia della povertà, come il virus, non ha confini. In Europa il numero dei senza tetto è di circa 700 mila unità; poveri diseredati costretti a vivere della carità del prossimo e di qualche associazione religiosa.

L’Italia non è esclusa da questa pandemia di povertà e dei senza fissa dimora. A Milano ci sono oltre 10 mila senza tetto, così come a Roma ce ne sono 8mila. Ma l’elenco è troppo lungo da raccontare.

La pandemia costringerà in un futuro prossimo ognuno di noi a ridimensionarsi, a cercare un nuovo modello di vita che coinvolga tutti i cittadini, compresi coloro che abbiamo tenuto sempre in disparte; a costruire, anzi ricostruire, una nuova società con l’impegno di combattere il più possibile le disuguaglianze. Il virus, in definitiva, ci ha fatto capire che nessuno nel mondo è immune dal prendere il contagio, nemmeno i ricchi; quindi dobbiamo ripartire tenendo in mente una società più giusta e umana che impedisca in futuro di vedere di nuovo immagini dei senza tetto sdraiati per terra, mentre i ricchi alberghi sono vuoti.

“Ce la faremo

Giuseppe Careri