Tra contagio e politica. Purché non sia un impegno monco – di Giancarlo Infante

Tra contagio e politica. Purché non sia un impegno monco – di Giancarlo Infante

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha fatto il passo definitivo. La chiusura di tutte le attività non indispensabili era richiesta da tempo. La decisione è frutto delle pressioni che vengono dai sindaci e dalle autorità regionali del Nord, costrette a fare il drammatico conto della raccolta dei deceduti. Così come dalla constatazioni che una parte limitata, ma consistente della popolazione, continuava con gli stessi tran tran quotidiani, come se non fosse niente e gli appelli a starsene a casa riguardassero solo gli altri.

Anche i sindacati hanno alzato la voce per ricordare le condizioni di pericolo in cui versavano molti lavoratori, giacché in non tutte le aziende è possibile assicurare condizioni adeguate per salvaguardare, assieme, il livello di produzione e quello della sicurezza sanitaria. Sono giunti a minacciare lo sciopero generale.

Non è stato un passo facile da compiere. Perché altre voci si sono levate contro il blocco. Gli industriali hanno sempre espresso perplessità al riguardo. Il rischio, hanno detto, è che una chiusura totale non ben calibrata significhi morte certa per tante imprese.

Il contrasto ha fatto emergere una diversità di visioni persino in quello stesso Nord che ha sempre dato un’immagine di coesione e compattezza. Adesso, invece, si delinea un quadro più complesso, più stratificato, e vengono alla luce le tante diverse peculiarità che lo assemblano. Guardando al futuro, è molto importante che non si dia corso ad una divaricazione irreparabile. Perché ci sarà comunque il bisogno di ritrovare il massimo d’impegno comune.

Matteo Salvini è stato ondivago. Il 27 febbraio chiedeva di reagire al grido “Riaprire! Tutto quello che si può riaprire. Riaprire, rilanciare. Fabbriche, negozi, musei, gallerie, palestre, discoteche, bar ristoranti, ecc ecc ( CLICCA QUI ). Alle ore 12:00 di quel 27 febbraio si registravano già 14 morti, 528 contagi e 42 guariti e l’incremento era di 128 infettati in più rispetto al giorno prima. Poi, soverchiato dalla realtà e dalle stesse insistenze dei responsabili per la Lega della cosa pubblica in Lombardia, con la stessa determinazione, Salvini ha cominciato  a chiedere di “chiudere tutto”.

L’ultimo intervento di Giuseppe Conte, dunque, ha certamente una motivazione politica: quella di non scoprire troppo il fianco nei confronti di un’opposizione che, ovviamente, continua a vivere la vicenda del Coronavirus come se fosse cosa da omologare al resto dello scontro politico. Non è un caso che il 5 marzo Giorgia Meloni prese le distanze dal cambiamento d’idee di Matteo Salvini ( CLICCA QUI ) per dirsi disponibile alla collaborazione, salvo pochi minuti dopo dare del “criminale” a Giuseppe Conte ( CLICCA QUI  ).

Il Coronavirus rischia di divenire uno spartiacque dalla portata imprevedibile. A partire da Donald Trump, nessuno dei governanti attuali può dire oggi se sopravviverà politicamente ad una vicenda epocale. Soprattutto i “negazionisti”, quelli che hanno fatto perdere settimane preziose, dovranno fare i conti con le conseguenze di una realtà che si sta rivelando ogni giorno più drammatica. Le facce del Presidente americano e quelle di Boris Johnson non sono più le stesse. Sanno che il loro futuro politico dipenderà dal numero dei morti che potrebbe essere loro addebitato.

Pure in Italia, dove la pandemia ha contribuito a fare emergere storiche carenze e l’incapacità complessiva della politica a prendere decisioni chiare e definitive al momento giusto, il risultato e l’andamento della lotta al Coronavirus potrebbe rivelarsi causa di possibili mutamenti della scena politica.

E’ evidente che Governo ed opposizione, al di là delle dichiarazioni ufficiali, intervengono sulla questione dimostrando di non sottovalutare affatto che, a seconda di come se ne uscirà, e di quando se ne uscirà, finiranno per giocarsi molto. Se il Coronavirus, che già ha messo concettualmente in discussione il “sovranismo” e le visioni nazionalistiche più estreme, e quelle di un regionalismo esasperato che ha mostrato ritardi, disequilibri, contraddizioni e debolezze, sarà debellato in tempi ragionevoli finirà per mettere ulteriormente in crisi le visioni già sconfitte in Europa e costrette a battere il passo entro i confini nazionali. Altrimenti, saremo costretti a sfogliare un nuovo capitolo del libro in cui saranno raccolte le nostre future vicende pubbliche.

Insomma, il terreno è estremamente scivoloso. Allora, a Palazzo Chigi si è costretti a gettare un occhio ai dati forniti dalle regioni e dalla Protezione civile e, al tempo stesso, alle notizie di agenzia con le dichiarazioni politiche che, a volte, appaiono davvero irreali a fronte di una situazione drammatica e difficile da affrontare per chiunque.

Viviamo in situazione oggettivamente stretta di cui, però, rischia di fare le spese la tenuta complessiva del Paese.

Tutti noi subiamo un disagio fisico e psicologico evidente. Pensiamo a chi vive solo del proprio lavoro; a chi a seguito dei provvedimenti annunciati due sere fa non sente giungere una parola chiara sul proprio stipendio del mese di aprile e non sa se, lavorando una settimana di meno questo mese, riceverà per intero, o decurtato, quello di marzo. Per non parlare poi delle partite Iva, dei professionisti , al momento nullafacenti e senza prospettive, dei lavoratori precari.

In questo senso, lo si capisce anche dall’intervento odierno del nostro Enrico Seta ( CLICCA QUI ), i provvedimenti adottati rischiano di apparire monchi.

Spiace dirlo, perché di Giuseppe Conte nessuno invidia la posizione e gli si deve indirizzare comunque un plauso per l’impegno profuso e per il senso di responsabilità che cerca di diffondere.

Alle disposizioni sulla chiusura pressoché totale, manca al momento tutto il resto. Soprattutto, non si intuisce quali saranno le misure economico finanziarie che ci si sarebbe atteso sentire annunciare con le necessarie assicurazioni per gli equilibri  di milioni di famiglie.

Siamo ancora fermi ai 25 miliardi della settimana scorsa o, sulla scia della decisione di altri, vedi la Germania che varerà un pacchetto da centinaia di miliardi di euro, ci si deciderà finalmente a porre mano al sostegno del nostro sistema produttivo e dei lavoratori costretti a restarsene a casa?

Siamo in una crisi che facilmente può far strabordare i delicati equilibri economici e psicologici di molti italiani, già messi a dura prova dalle ultime ricorrenti crisi economiche, dalla disoccupazione e dal precariato, oltre che dai noti e mai risolti problemi che tanto condizionano la nostra vita quotidiana.

Giancarlo Infante