L’Italia nella morsa del Coronavirus – di Giuseppe Careri

L’Italia nella morsa del Coronavirus – di Giuseppe Careri

Con l’ultimo decreto legge emanato dal Governo Conte, valido per il momento fino al 3 aprile, sono state estese ulteriori restrizioni alla popolazione di tutta Italia.

Gli abitanti potranno spostarsi da un luogo a un altro solo per ragioni di lavoro e motivi di salute, previa presentazione di un’autocertificazione scaricabile da Internet in cui si dichiara “proveniente da o in transito da”. In caso di dichiarazione mendace  scatteranno 3 mesi di carcere e una multa fino a 206 euro.

La restrizione si è resa necessaria per l’aumento vertiginoso dei contagi. Solo nella giornata tra l’8 e il 9 marzo i positivi in tutta Italia sono aumentati di 1.598 unità arrivando a quota 8 mila; sempre nella stessa giornata i deceduti hanno raggiunto il numero di 463 e i guariti 724, con un aumento di 102 unità.

La Lombardia ha il più alto numero di positivi 5,469, più della metà dei contagiati di tutta Italia; nella regione i morti sono 333, 66 in più del giorno precedente.

Un numero così alto di morti, e la posizione geografica di tanti comuni e province, hanno pertanto costretto il Governo a inasprire le restrizioni per evitare ulteriori contagi che metterebbero a serio rischio la funzionalità delle sale intensive e delle sale operatorie ormai al limite delle loro risorse.

Nelle zone arancione istituite in tutta Italia dall’ultimo decreto, chiusi gli asili nido, Scuole e Università fino al 3 aprile. Bar e ristoranti aperti dalle 6,00 alle 18.00; devono garantire, pena la sospensione dell’attività, la distanza tra i clienti di almeno un metro; i centri commerciali chiusi nei prefestivi e festivi. E poi chiusura di spettacoli, congressi, sale giochi, palestre, teatri e cinema e tutte le attività sportive, compreso il gioco del calcio. Unica eccezione per farmacie, para farmacie e supermercati chiusi solo il sabato e la domenica.

Chiusi i ritrovi per anziani. Già gli anziani! L’Istituto Superiore di Sanità comunica che l’età dei decessi a causa del coronavirus è di 81 anni; muoiono 2 anziani su tre con patologie pregresse. Ma, come dichiara Massimo Galli, dell’Istituto Sacco di Milano, “Abbiamo già malati 30enni”.

In particolare le patologie degli anziani riguardano l’ipertensione, nel 74,6% del campione, seguita dalla cardiopatia ischemica, 70,4% e dal diabete mellito (33,8%).

Il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro dichiara: “gli anziani e le persone con patologie preesistenti sono più a rischio. Si tratta di persone molto fragili, che spesso vivono a stretto contatto e che dobbiamo proteggere il più possibile”.

L’aumento dei contagi e dei decessi mettono a dura prova l’assistenza sanitaria per il numero dei posti disponibili, a causa anche della carenza di infermieri, medici, anestesisti, e poi di respiratori e sale intensive.

Emiliano Fittipaldi in un articolo scientifico pubblicato sull’Espresso scrive: “In Italia sarà impossibile rispondere a un epidemia, con poco più di 5000 posti totali di terapia intensiva, a un patogeno appena più pericoloso del Coronavirus. In Germania, come segnala la Suddeutsche Zeitung, oggi ce ne sono circa 28 mila, quasi sei volte tanto”.

C’è di più. La categoria più colpita dal coronavirus sono i sanitari. “sarebbe stato meglio assorbire forze giovani per il Sistema Sanitario Nazionale, già carente e messo a dura prova dal coronavirus”, dice Carlo Palermo del sindacato dei medici.

La Siaarti, Società Scientifica di anestesisti e rianimatori, ha pubblicato delle raccomandazioni di etica clinica per i professionisti impegnati in questi giorni nell’emergenza del Conid-19; “dare la precedenza a chi ha maggiore speranza di vita e non a quello di accesso alle terapie intensive. Si tratta di un documento tecnico”, dice Flavia Petrini, Presidente Siaarti: “ Lo abbiamo redatto perché in Lombardia ci sono condizioni disperate, e i medici hanno l’esigenza di non essere lasciati soli di fronte a scelte difficili”.

Certo, scegliere tra curare un anziano e un giovane è una scelta drammatica che investe la singola coscienza di ognuno e l’etica professionale. Nessuno di noi vorrebbe trovarsi in una situazione così drammatica. Il problema, oltre che di carattere umano e sociale,  è anche politico, perché da anni la sanità pubblica italiana, tra le migliori del mondo come sentiamo spesso dire, è stata pressoché “trascurata” dalla politica, costretta quindi ad operare con difficoltà affidandosi sempre più spesso alla professionalità del corpo sanitario. La tragedia che stiamo vivendo con il coronavirus dovrà quindi spronare tutti a evitare in futuro di fare la scelta, drammatica, tra le cure da praticare a un anziano o a un giovane, perché entrambi hanno diritto alle cure e a vivere, magari solo qualche giorno di più. In definitiva, ci ricorda Cicerone, Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno”.

Giuseppe Careri