8 marzo 2020: donne, rigenerazione e acquiescenza alla comune dignità – di Eleonora Mosti

8 marzo 2020: donne, rigenerazione e acquiescenza alla comune dignità – di Eleonora Mosti

Dall’ 8 marzo scorso , data simbolica scelta per parlare del mondo in rosa o festa della donna che dir si voglia, ad oggi possiamo affermare che in questo anno abbiamo visto scenari di apertura nei confronti delle donne al comando di posti occupati tradizionalmente da uomini. Ad esempio, dopo le elezioni europee di fine maggio 2019, al Parlamento la presenza delle donne ha raggiunto il 36,8%, per non parlare dei nuovi incarichi dirigenziali all’interno delle strutture dello stesso Stato Vaticano che vedono un costante inserimento di personale femminile.

Pur dichiarando ancora tempi lontani nei confronti della parità tra sessi, in questi ultimi anni alcune nomine in posti di vertice hanno suscitato nel mondo femminile un certo ottimismo, una sensazione che probabilmente si cominci ad avvertire che le donne sono ora le persone più adatte ad occupare ruoli o governare in certi paesi, nel tempo della ricostruzione di un mondo verso la deriva antropologica, ambientale,sociale, politica e religiosa.

Come dire, il mondo maschile si è accorto di aver procurato alcuni danni che solo la generatività femminile potrà riparare?

Come ci suggerisce Mauro Magatti in un suo articolo pubblicato su “Donne Chiesa Mondo”: “La società al maschile,infatti, ha molti meriti, ma anche tante ombre. Ce lo ha insegnato la psicoanalisi: l’approccio maschile al mondo- pur capace di generosità straordinarie- tende ad esprimersi nella forma del dominio, del possesso, del controllo. Così oggi ci è più facile capire che è proprio questo modo di rapportarsi col mondo ciò che sta alla base delle contraddizioni e delle distorsioni del nostro modello sociale. Il ricorso alla guerra come metodo per la risoluzione dei conflitti; la distruzione sistematica dell’ambiente; le gravi disuguaglianze e lo sfruttamento diffuso…Col rischio di finire, infine,nel vicolo cieco del dominio dell’algoritmo”.

Allora l’aver compreso che guardare al mondo con una prospettiva anche al femminile, intesa come nuovo approccio e mentalità generativa di bene contro le criticità esistenziali del nostro tempo,potrebbe costituire la sfida per i prossimi anni, verso un cambiamento di rotta del nostro vivere,puntando all’inserimento delle donne in tutti quei luoghi deputati alla crescita e al risanamento sociale e politico del Paese. Ma con ruoli dirigenziali. Purché le stesse donne, una volta al potere, non dimentichino e abbandonino la grande bellezza che solo a loro appartiene, quella cioè di avere nel proprio DNA il ” codice della generazione” quello che nasce, ci ricorda sempre M.Magatti,nell’esperienza della maternità, dove tra l’io e l’altro c’è una relazione costitutiva che,invece di passare attraverso il controllo e il dominio , si fonda sulla cura che punta alla liberazione dell’altro.

La forza , il coraggio,la virtù della resistenza alla dura fatica quotidiana, la compassione sono tutte componenti che rientrano in questa straordinarietà dell’essere donna, creatura, pure lei, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, ma, rispetto all’uomo, con una distintiva potenzialità rigeneratrice di vita a 360°.

Una volta che si potrà giungere all’affermazione legittima della definitiva parità tra uomo e donna mi sentirei però di accogliere l’invito che il premio Nobel per la Pace Anne-Marie Pelletier afferma nel suo saggio L’Eglise, des Ermes avec des Holmes: ” la verità finale della nostra umanità sessuata è l’acquiescenza alla nostra comune dignità che fa degli uomini e delle donne dei partner e dei collaboratori alla ricerca comune della vita felice che culmina nella loro celebrazione reciproca”.

Infatti sarebbe totalmente insignificante da parte delle donne ricadere nella stessa trappola maschile del dominio e potere assoluto, una volta ottenuto.

Solo tanta cultura, formazione ed educazione al rispetto dei valori, potranno però riconciliare l’umanità al senso profondo della vita: una meravigliosa esperienza di naturale complementarietà tra donne e uomini.

E allora ancora quest’anno, diciamo “auguri donne!”, creature uniche ma che non possono più rimanere spettatrici in panchina.

Eleonora Mosti