Il Coronavirus mette l’Italia in quarantena – di Giuseppe Careri

Il Coronavirus  mette l’Italia in quarantena – di Giuseppe Careri

Clamorosa decisione del Governo italiano per fronteggiare l’epidemia del coronavirus; sospese tutte le attività didattiche anche fuori della zona rossa; chiuse pertanto le scuole di ogni ordine e grado e le Università fino al 15 marzo. Partite di calcio giocate solo a porte chiuse. Eventi sportivi e studi televisivi senza pubblico.

Oltre oltre 3.290 i contagiati di coronavirus, 107 i morti, ma sale il numero dei guariti. Con 1820 positivi la Lombardia è la regione con il più alto numero di contagi e di morti, 73. In questa triste classifica segue l’Emilia Romagna con 544 positivi e 22 morti,  e poi il Veneto con 360 contagi e 6 deceduti.

Valle d’Aosta, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia fortunatamente senza contagiati e, soprattutto, senza decessi.

Il nostro paese è il terzo nel mondo per numero di contagiati dopo la Cina, la Corea del Sud,  e prima di Iran, Giappone, Francia e Germania.

Il propagarsi dell’epidemia inizialmente ha sorpreso un pò tutti: dall’’organizzazione mondiale della sanità, ai virologi, all’Istituto Superiore di Sanità, fino ai politici di Governo e opposizione.

Al 20 febbraio in Italia risultavano contagiati soltanto 4 persone, per lo più anziani e con patologie precedenti. I giorni seguenti i contagi furono circa 1600, con un aumento dei positivi del 528%. Infine il 5 marzo i positivi aumentarono fino a 3.290, deceduti 107, guariti 276. Numeri peraltro destinati a salire giorno dopo giorno.

L’epidemia ha avuto un impatto sociale e di psicosi collettiva. Negozi chiusi, centri storici desolatamente vuoti, aeroporti deserti, teatri senza spettacoli, cinema con le insegne spente. Economia: imprese e lavoratori in gravi difficoltà e in molti casi in cassa integrazione. Appelli al Governo per avere aiuti per fronteggiare la crisi economica oltre a quella sanitaria naturalmente.

La decisione del Governo di chiudere tutte le scuole di ogni ordine e grado ha suscitato preoccupazione e angoscia per le famiglie e le imprese. Si fa appello al corpo insegnante per organizzare corsi di studio attraverso il Web, whatsApp, computer. Uno sforzo supplementare del corpo insegnante per non lasciare indietro i ragazzi e le ragazze che frequentano la scuola e l’Università.

Il Governo italiano ricorre pertanto all’Europa per ottenere inizialmente almeno 3,6 miliardi in deficit; inoltre sta studiando provvedimenti di carattere economico per aumentare i congedi parentali dei genitori e per assumersi, forse, le spese per le baby sitter necessarie alla cura dei bambini.

In un editoriale di Carlo Verdelli su Repubblica dal titolo “qualcuno parli a questo paese” il Direttore del quotidiano scrive: “Qualcuno dovrà parlare al Paese, dovrà farlo perché la situazione che stiamo vivendo non ha precedenti, perché qualcosa di imprevedibile e angosciante ci ha infilati in un tunnel, emotivo prima ancora che sanitario, dentro il quale bisogna trovare presto un modo per convivere, per adattarsi al buio, in attesa dell’uscita”.

In una dichiarazione alla Stampa il Presidente del Consiglio Conte ha risposto così ai tanti interrogativi degli organi d’Informazione, dei Sindacati e della Confindustria.

 “Stiamo affrontando la sfida del Coronavirus. Una sfida che non ha colore politico, che deve chiamare a raccolta l’intera Nazione. È una sfida che va vinta con l’impegno di tutti: cittadini e Istituzioni, scienziati, medici, operatori sanitari, protezione civile, forze dell’ordine. L’Italia, tutta, è chiamata a fare la propria parte”.

Fino ad oggi gli scienziati, i medici, infermieri, operatori sanitari, protezione civile, forze dell’ordine, insegnanti e Istituzioni hanno fatto sicuramente uno sforzo immane per limitare la diffusione del coronavirus e di sostegno all’economia.

Ora tocca a noi, ad ogni cittadino per limitare i contagi. Dovremo lavarci la mani più volte al giorno, evitare di toccarci occhi, naso e bocca. Piccoli sacrifici ma necessari per la salute di tutti. Tocca soprattutto ai 65enni con patologie e ai “giovani” 75enni a non uscire di casa. Tocca tutta la popolazione di non salutarsi, di baciarsi, di stare lontano uno con l’altro ad almeno 1 metro e 82 cm. Sarà certo un sacrificio rinunciare a questi semplici gesti d’affetto e d’amore per il prossimo.

Le nostre città vuote rimandano a una visione del mondo lontana, triste, dove ognuno di noi ha nel proprio intimo lontani ricordi. Ma le strade deserte di Roma, Milano, Genova, Piacenza, Bologna, disvelano però una ricchezza culturale e magnifica che forse avevamo per troppo tempo ignorato. Facciamo quindi i sacrifici richiesti dalla Scienza e dal Governo, sconfiggiamo prima l’epidemia del coronavirus, e poi consoliamoci di percorrere strade deserte, con la fortuna, per una volta, di godere dei nostri monumenti sparsi in tutta Italia. E, forse, ritroviamo di nuovo la solidarietà perduta ormai da anni, troppi anni.

In fondo “A da passà a nuttata”.

Giuseppe Careri