Sull’ergastolo duro a vita ai mafiosi- di Giuseppe Careri

Sull’ergastolo duro a vita ai mafiosi- di Giuseppe Careri

Giovanni Brusca azionò il telecomando che uccise Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e tre uomini di scorta nella strage di Capaci del 1992. D’allora, il super boss mafioso pentito ha confessato centinaia di omicidi commessi per conto di Cosa Nostra. E’ anche l’autore dell’uccisione del bambino Giuseppe Di Matteo, strangolato, dopo due anni trascorsi in una prigione della Mafia, e sciolto poi nell’acido.

Recentemente la Cassazione ha respinto la richiesta avanzata dai suoi avvocati di terminare gli ultimi anni di reclusione agli arresti domiciliari. E’ l’ennesimo no al mafioso pentito della Cassazione malgrado il parere della Procura Nazionale Antimafia. Giovanni Brusca termina la pena, dopo 30 anni, da scontare in carcere fino al 2021.

Il clamore suscitato dal no della Cassazione al pentito e collaboratore di Giustizia Giovanni Brusca, ha portato alla ribalta il tema dell’ergastolo ostativo, pena perpetua che non consente “mai” l’uscita dal carcere, salvo quando il condannato non decida di collaborare con la giustizia.

Sull’ergastolo ostativo ai mafiosi, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, (CEDU), istituita nel 1959 da 47 paesi, non accoglie il ricorso del Governo italiano contro la sentenza di Strasburgo del 13 giugno che boccia il “fine pena mai” in quanto a chi è detenuto in carcere per gli omicidi di mafia non si deve togliere la speranza di un recupero ma, se pentito, ha la possibilità di redimersi e ottenere i benefici di legge per migliorare la propria condizione. Secondo la Convenzione dei Diritti Umani di Strasburgo, la legge è contraria all’ergastolo ostativo perché in contrasto con l’articolo 3 della Corte Europea che vieta la tortura, negando la possibilità di un percorso rieducativo al condannato. Da qui l’invito del Consiglio Europeo dei Diritti Umani all’Italia a rivedere la legge italiana. L’articolo 3 della Convenzione recita:

 “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.

La sentenza della Corte di Strasburgo sull’ergastolo ostativo divide la cultura giuridica italiana tra chi ritiene che il carcere a vita debba essere più umano e riabilitativo, e chi, invece, è del parere di non concedere benefici a coloro che si sono macchiati di delitti di mafia, terrorismo e pedo pornografia. Tra i primi vi sono il magistrato Gherardo Colombo, famoso per l’inchiesta di Mani Pulite, il Senatore Luigi Manconi, illustri Giuristi e Presidenti emeriti della Corte Costituzionale.

Per la scelta di un carcere più umano e riabilitativo, il senatore Luigi Manconi fa riferimento all’articolo 27 della Costituzione dove è scritto: “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”. Cosa impossibile”, scrive Manconi, “se la pena è “mai”.

In una intervista sull’ergastolo ostativo rilasciata a Gramellini durante la trasmissione di Rai Tre, “Le parole della settimana”, Mario Calabresi, figlio del Commissario Calabresi ucciso dalle Brigate Rosse nel maggio del 1972, dice: “Io penso che l’ergastolo ostativo non sia compatibile con uno stato di diritto come dovremmo avere. Naturalmente non si possono estendere tutti i benefici dei delinquenti comuni ai mafiosi, agli stragisti e ai terroristi; ma l’idea che la Costituzione dice che la pena deve avere anche un aspetto rieducativo di recupero, credo che debba valere per tutti”.

Sono 1250 i condannati in Italia con l’ergastolo ostativo. Molti magistrati antimafia sono contrari a concedere benefici di legge ai mafiosi, ai terroristi e ‘ndrangheta. Ritengono i benefici eventualmente concessi ad alcuni mafiosi collaboratori di giustizia, una vittoria della mafia perché una volta liberi commetterebbero di nuovo i crimini di cui si erano macchiati in precedenza.

Tra i più contrariati dalla sentenza della Corte Europea di Strasburgo, il Magistrato Gian Carlo Caselli, oggi in pensione. Per anni si è occupato di inchieste sul terrorismo delle Brigate Rosse e di Prima Linea. In una intervista rilasciata a Antonio Iovine di Radio Capital Gian Carlo Caselli dice: “A Strasburgo non conoscono la storia della Mafia. Questa sentenza sembra pericolosissima. E’ vero che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato, ma quando il condannato è un mafioso, irriducibile, e che ha giurato fedeltà alla consorteria criminale fino alla morte, allora consentirgli di nuovo di avere spazi di libertà vuol dire consentirgli di ricominciare nella sua attività criminale.

Dopo la sentenza del Consiglio Europeo del 3 Giugno 2019, ogni Magistrato potrà valutare con estrema attenzione e libertà di coscienza la possibilità di concedere eventuali benefici al condannato all’ergastolo duro. Oltre la legge, naturalmente, i Magistrati non dovranno ignorare il dolore insopportabile ed eterno causato alle famiglie di numerose vittime della mafia e del terrorismo; inoltre dovranno valutare minuziosamente la sincerità del loro pentimento, nonché la loro eventuale pericolosità una volta usciti dal carcere.

Nelle loro sentenze definitive i Magistrati, dopo attente analisi, potranno lasciare aperto uno spiraglio, un bagliore di luce, a coloro che hanno commesso crimini infami per evitare che all’interno della loro cella appaia una scritta uguale alla porta d’ingresso nel terzo Canto dell’Inferno: “Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”.

Senza dimenticare, naturalmente, il dolore, la rabbia e la voglia di giustizia dei figli e di tutti i parenti delle vittime uccise nell’adempimento del loro dovere.

Giuseppe Careri