Il giornalismo, tra fake news e minacce mafiose

Il giornalismo, tra fake news e minacce mafiose

Minacce, polemiche con i politici, fake news, il peso del Potere. Il giornalismo è sotto attacco e le questioni del mondo dell’informazione, che a seguito della diffusione del web stanno assumendo nuove dimensioni, diventano sempre più scottanti.

Nel corso di una cerimonia al Quirinale, L’Associazione Stampa Parlamentare ha consegnato al Presidente della Repubblica Mattarella il tradizionale Ventaglio.

Il Capo dello Stato ha ricordato a politici e giornalisti gli “usi distorti, e talvolta allarmanti, del Web”. La rete, ha sottolineato, oltre a svolgere un’importante funzione globale, spesso è percorsa da “segni astiosi e toni di rissa che rischiano di seminare i bacilli della divisione, del pregiudizio, della partigianeria, dell’ostilità preconcetta che puntano a sottoporre la gente a tensione continua”. 

Il discorso è rivolto principalmente al buon senso degli italiani, ma i politici e coloro che operano nel mondo del giornalismo e dell’informazione devono essere pronti anche a contraddire le opinioni diffuse senza farsi condannare dal virus della rissa”. Questo ha aggiunto Mattarella.

Del resto, è fondamentale non dimenticare l’articolo 21 della Costituzione che nella prima parte recita: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Mattarella esterna la sua preoccupazione e quella dell’Italia intera sui toni utilizzati in modo minaccioso anche dal politico di turno oltre che nel mondo dell’informazione.

Probabilmente si riferisce alla querela del Ministro Salvini contro Saviano per le accuse di collusione con la mafia rivolte da quest’ultimo al Ministro dell’Interno.

Per la verità la polemica tra i due si trascina da mesi. Da quando il Ministro ha ipotizzato di togliere la scorta allo scrittore. Una decisione che, al momento, fortunatamente non ha avuto nessun seguito.

I giornalisti minacciati sono ormai numerosi ed è necessario salvaguardare la loro professione e la loro vita in tutti i modi possibili, non ultimo assicurando loro una scorta per proteggerli da attentati.

Oggi sono 19 i provvedimenti di protezione adottati nei confronti di giornalisti e 167 le misure di vigilanza adottate a tutela di rappresentanti degli organi di informazione. 90 gli episodi di intimidazione registrati tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2017. Tra questi quelli contro Paolo Borrometi, minacciato di morte più volte dalla mafia siciliana.

E nella storia dell’Isola si deve ricordare la morte ad opera della mafia anche di Peppino Impastato ucciso all’età di soli 30 anni dalla mafia e quella di Giuseppe Fava ucciso nell’84. Ma ancora oggi le minacce contro l’informazione e i giornalisti continuano.

Nel corso di un convegno sull’ informazione svoltosi recentemente a Orvieto abbiamo ascoltato con molta attenzione la testimonianza di una giovane giornalista precaria del Resto del Carlino e di Federica Angeli giornalista di Repubblica. Di quest’ultima si conosceva già la storia: minacciata di morte dal Clan Spada di Ostia, terrorizzata per la sorte dei suoi tre figli, costretta ad avere la scorta e a rinunciare a una vita “normale” come quella di tanti di noi. Di lei è stato apprezzato il grande coraggio e la determinazione a denunciare un gruppo di mafiosi, malgrado le numerose lettere anonime e i proiettili ricevuti e le minacce alla sua famiglia.

Pochi al suo posto avrebbero resistito a una vita regolata solo dalle esigenze di una scorta allestita per la sua protezione e quella dei suoi figli. Vedere i suoi bambini gironzolare per il Convegno, sereni, allegri, disinteressati alle “cose dei grandi” ha fatto capire quale sforzo abbia dovuto fare la mamma, la giornalista, per tenerli fuori, per quanto possibile, da questa situazione difficile e dolorosa.

E’ poi seguita la storia di una giornalista precaria di un piccolo giornale di provincia, sola di fronte alla corruzione, alla sopraffazione degli uomini di potere e dei delinquenti. Fa venire in mente il pastore Golia con una fionda (anche io la usavo da piccolo) che sconfigge il gigante Golia armato fino ai denti. Brava.

Ha combattuto una battaglia da sola contro uomini dello Stato traditori del ruolo che occupano, come il poliziotto della questura che voleva impedirle di fare il suo lavoro di cronista. Certo, in quei momenti avrà certamente avuto paura, non avrà dormito la notte, avrà avuto tanti dubbi, ma non si è fermata.

Non si è fermata nemmeno quando il suo ragazzo ha minacciato di lasciarla per non correre nessun rischio.  Non posso nascondere che ho invidiato tutto quello che è riuscita a fare con  coraggio; da sola, senza l’appoggio di qualcuno, a parte un suo capo servizio di redazione. E’ stata un esempio per tanti giovani precari, sfruttati da editori privi di scrupoli, da giornali che pagano un free lance 5 euro a pezzo! E’ una vergogna.

Mi piacerebbe che il suo esempio fosse seguito anche dalla Federazione della Stampa per proteggere i più deboli, gli ultimi, come li chiamava Carlo Levi nel Cristo si è fermato ad Eboli, e per difenderli anche dalle minacce dei nostri sceriffi politici dell’ultima ora.

Giuseppe Careri