Aldo Moro ieri e oggi. Recuperare la sua capacità di ascolto e di servizio

Aldo Moro ieri e oggi. Recuperare la sua capacità di ascolto e di servizio

40 anni sono molti. Tanti nella storia di un paese. Eppure,  la vicenda Moro sembra accaduta appena ieri. Così nel profondo  ha segnato il percorso della democrazia italiana.

Oscuri restano ancora alcuni fatti di quattro decenni orsono. Molti degli interrogativi rimasti senza risposta, però, illuminano ancora di più i passaggi di un “ caso” che richiama il coinvolgimento di numerosi interessi , anche internazionali.

Le analisi e le risposte di Aldo Moro all’evoluzione politica italiana, europea e mediterranea di fine anni ’70, suonavano scomode per molte cancellerie estere e per molte sedi di potere, economiche e istituzionali, di paesi alleati e rivali.

Se le Br furono indubbiamente gli esecutori materiali dell’omicidio dello statista e dei cinque uomini della scorta, vecchie e nuove rivelazioni ci dicono di quanti auspicavano comunque la fine della politica di Aldo Moro;  di quanti durante la prigionia provarono in tutti i modi a scalfire la sua dignità e l’immagine della Democrazia cristiana, delle istituzioni e delle forze politiche italiane impegnate in un passaggio davvero difficile; di quanti, poco dopo si scoprì dell’esistenza della P2, erano mossi da pulsioni fortemente antidemocratiche ed autoritarie.

Anche la sinistra, nel suo complesso, scoprì il valore dell’uomo e del politico solo nei giorni successivi al sequestro di Via Fani ed alla sua morte. In realtà, per dirla tutta, molti dei sostenitori dei partiti di sinistra ebbero  bisogno del successivo martirio del sindacalista comunista Guido Rossa, ucciso dalle Br a Genova  il 24 gennaio del 1979, per marcare definitivamente le distanze dai brigatisti e scoprire che non si trattava affatto di “ compagni che sbagliano”, ma di assassini nemici della democrazia. 

Dopo tutti questi anni, comunque,  ancora più importante appare la figura dello statista ucciso nell’evoluzione democratica italiana.

Anche perché la complessa situazione politica del momento e le indubbie carenze del ceto politico nazionale attuale rimarcano, per contrapposizione, lo spessore culturale e politico di un personaggio che ha segnato il massimo delle capacità di analisi e di proposte messe a servizio  dell’Italia moderna.

Aldo Moro, definito da Paolo VI  “ uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico” aveva la rara capacità di porsi all’ascolto ed alla ricerca delle radici profonde che nella società, nel popolo, davano vita e sorreggevano l’avanzare del “ nuovo”, ciclicamente destinato a modificare il percorso di ogni realtà umana organizzata.

Aldo Moro cominciò con il ’68 ad avvertire i profondi cambiamenti in grado di sovvertire vecchi e consolidati equilibri culturali, sociali e politici. Non solo in Italia, ma in tutto il mondo occidentale. Per un forte spirito di servizio non esitò a restare a lungo apprezzata coscienza critica, ma costretto in posizione di minoranza all’interno del suo stesso partito.

Con decisione e mitezza, egli si accinse, allora, in un’opera di persuasione  alla cui base esisteva la necessità di  convincere, più che imporre, coinvolgere, più che escludere. Un metodo che riguardava, assieme,  i partiti e le istituzioni, identificate come patrimonio comune.

Sì, perché Aldo Moro fu uomo di partito e, al tempo stesso, uomo dello Stato.

Uno Stato da lui auspicato non come entità soverchiatrice della persona, del cittadino, della famiglia e delle organizzazioni sociali intermedie, bensì strumento di crescita condivisa , in un’efficace e, forse irraggiungibile, sintesi del pensiero e del patrimonio di Don Sturzo e di De Gasperi, coniugati assieme.

Il suo lascito più importante è l’insegnamento a  percepire “ la necessità ogni tanto di guardare più a fondo nelle cose, di guardare sempre realisticamente quello che ci sta di fronte”, come ebbe occasione di dire nel corso del suo ultimo intervento politico prima della morte di fronte ai gruppi parlamentari della Dc del 28 febbraio 1978.

In quella stessa occasione aggiunse, con un parallelismo che spinge a riflettere sulle cose dei nostri giorni: “ Siamo davanti ad una situazione difficile, una situazione nuova, inconsueta, di fronte alla quale gli strumenti adoperati in passato per risolvere le crisi non servono più; è necessario adoperare qualche altro strumento, guardare le cose con grande impegno, con grande coraggio, con grande senso di responsabilità …”

Ecco, Moro era l’uomo che indicava un “ metodo” nell’azione politica ed istituzionale con una piena adesione al rispetto degli altri senza che questo significasse alcun cedimento, perché “  capaci di flessibilità ed insieme capaci di una assoluta coerenza con noi stessi, sicché in nessun momento abbiamo smarrito il collegamento con le radici profonde del nostro essere nella società italiana”.

L’auspicio, allora, è che in un momento così particolare e delicato per l’Italia, tra i politici che Aldo Moro non hanno conosciuto, ma verso cui non faranno mancare affettuose considerazioni ed un sincero apprezzamento, faccia strada la consapevolezza che il modo migliore per onorarlo è quello di mettere in pratica la sua lezione collocando dinanzi a tutto il bene del Paese.

Giancarlo Infante