Furbetti del cartellino. Non solo … fortunatamente…
Di nuovo, i furbetti del cartellino! E’ di questi giorni la notizia di 46 dipendenti del Comune di Sulmona indagati per truffa ai danni dello stato. Dopo sette mesi di pedinamenti, riprese video e appostamenti, la Guardia di finanza ha denunciato alla magistratura i dipendenti assenteisti.
Per la verità è solo l’ultimo episodio di malcostume ad investire il nostro paese. E’ ormai noto che nel recente passato diversi dipendenti pubblici abbiano approfittato di controlli inesistenti da parte di dirigenti incapaci di gestire e far funzionare adeguatamente una struttura pubblica.
E’ successo a San Remo dove l’inchiesta ha coinvolto complessivamente 196 dipendenti, accusati di truffa aggravata e falso. Tra loro, l’ormai famoso vigile impegnato a timbrare il cartellino in mutande e a dilettarsi con la canoa durante il suo turno di lavoro.
E’ successo anche a Roma, dove nove dipendenti del Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari sono stati sorpresi a timbrare il badge e, subito dopo, ad abbandonare il posto di lavoro.
Sono talmente tanti i dipendenti infedeli delle strutture pubbliche che è difficile fare un elenco completo. Ci limitiamo quindi ad elencarne solo alcuni: nella sede della Regione Sicilia di Siracusa, 29 dipendenti hanno registrato assenze dal lavoro fino al 40% del totale delle ore utilizzate per fare shopping e giardinaggio. A Belluno, dodici dipendenti, ripresi con foto e video, sono stati denunciati dai Carabinieri alla Procura della Repubblica per truffa ai danni dello Stato.
Purtroppo, questo malcostume, così diffuso tra tanti impiegati di concetto, investe anche le istituzioni, alcuni deputati e senatori che “onorano”, spesso in minima parte, soprattutto il lunedì, la loro presenza alle sedute del Parlamento italiano e quello europeo. Nomi illustri, come quelli di Ghedini, Verdini e Tremonti che, stando a quanto il Corriere della Sera del 24 ottobre 2016, sarebbero spesso assenti, anche nei giorni di votazione.
Il contrario di una simile totale assenza di etica, che accumuna a volte gli umili e gli onorevoli, viene rappresentata in un libricino di sole 41 pagine, scritto, oltre 100 anni fa, da un giornalista, scrittore, editore, imprenditore, Elbert Hubbard, e di cui sono state vendute 40 milioni di copie in tutto il mondo.
Hubbard ha scritto il suo libro, “ Messaggio per Garcia” di getto, in una sola ora. Vi racconta lo scoppio della guerra tra Spagna e America del 1898 per il controllo dell’isola di Cuba, dopo che la nave americana Maine, attraccata al porto cubano, fu fatta affondare provocando la morte di 266 militari.
Nel breve racconto di Hubbard, Garcia è un generale cubano. E’ il leader dei guerriglieri indipendentisti. La cooperazione americana con questi guerriglieri era essenziale per il successo della campagna americana contro gli spagnoli.
Il libricino racconta, quindi, del Presidente americano Mckinley, che individua nel tenente Rowan l’uomo da incaricare per la consegna di un messaggio cifrato al generale Garcia.
Il tenente Rowan raggiunge l’isola di Cuba, si aggira tre settimane nella foresta e, infine, raggiunge Garcia al quale consegna il messaggio del Presidente americano, favorendo così il successo degli Usa.
Hubbard sottolinea l’impresa del tenente Rowan capace di fare la cosa giusta, a suo rischio e pericolo, senza che nessuno lo obbligasse a intraprendere questa impresa particolarmente rischiosa.
“Quando tutto il mondo è a favore dei bassifondi, scrive Hubbard, vorrei spendere una parola di simpatia per l’uomo che ha avuto successo, l’uomo che, con grandi difficoltà, ha diretto gli sforzi degli altri e ce l’ha fatta”.
Spesso, nell’era moderna, siamo portati a criticare le cose che non funzionano per la crisi economica, la corruzione, le tangenti, la burocrazia, la disoccupazione. Ma tutti questi termini hanno dentro il loro involucro burocratico i cittadini con i loro impegni, la loro serietà, il loro menefreghismo e, spesso, molto spesso, il loro egoismo intento a privilegiare solo i propri interessi.
Ho avuto modo di accompagnare un parente di una paziente malata di diabete che, causa l’obesità, camminava con grandi difficoltà e fatica.
Hanno sbagliato il giorno della visita di controllo. Il parente, mentre la paziente aspetta seduta in una sedia, parla allo sportello all’infermiera e spiega il problema, sottolineando le difficoltà motorie della signora.
“Deve fare una nuova prenotazione che sarà possibile solo a febbraio dell’anno prossimo”, però, sentenzia immediatamente l’infermiera. Il parente insiste. Viene chiamata un’altra infermiera che, sempre in tono perentorio, dice di non poterci fare nulla.
Chiamano il medico di turno. Il parente spiega nuovamente il problema che affligge la signora; inutile! Nessuna possibilità di venirne a capo. Ultimo tentativo direttamente con i responsabili del reparto che pratica il doppler. Solita risposta dell’infermiera che lascia però, bontà sua, un piccolo spiraglio. Infine, il via libero del medico.
Trascuro i dettagli dell’estenuante fila, in una sala stracolma di persone, di gente malata, pazienti privi di assistenza, proteste ad alta voce, domande inevase. Con l’infermiera, imperterrita che, con fare autoritario, padronale, ti invita a stare fuori dal corridoio. E devi solo aspettare! Aspettare!
Infine, la visita con un giovane chirurgo vascolare, l’unico, in questo caos, ad essere gentile, tranquillizzante, professionale e rispettoso del malato che soffre. L’unico, insomma, che con il suo lavoro, è capace di consegnare il messaggio al Generale Garcia.
Certo ce ne sono tanti altri capaci di consegnare un messaggio a Garcia, ma nei servizi pubblici, soprattutto negli ospedali, tutti, ma proprio tutti, dall’infermiera al primario, non dovrebbero mai dimenticare che il loro impegno deve essere rivolto verso il malato e non, come spesso accade, indirizzato solo allo stipendio di fine mese.
In fondo, i lunghi studi scientifici, le specializzazioni, i grandi sacrifici nello studio, nei tirocini, nell’apprendistato per imparare al meglio una professione, a cosa servirebbero se non fossero indirizzati unicamente verso la cura del malato?
Giuseppe Careri