I volti della Repubblica. Riflessioni dopo il 2 Giugno di Maria Pia Garavaglia

I volti della Repubblica. Riflessioni dopo il 2 Giugno di Maria Pia Garavaglia

Il Domani d’Italia pubblica il seguente articolo a firma Maria Pia Garavaglia che volentieri proponiamo ai nostri lettori

È stata una bella giornata quella del 2 giugno quest’anno. Si è celebrata la nostra festa, la Festa della Repubblica a ridosso della tornata elettorale per le amministrative. Si sono ricordati i 70 anni del voto a suffragio universale che ha fatto nascere la Repubblica. Si è ricordato anche che, essendo l’elettorato femminile più numeroso di quello maschile, alle donne italiane si deve ascrivere il merito di aver fatto vincere il referendum istituzionale per la Repubblica. Tante le donne al voto, solo 21 le “madri costituenti” rispetto ai 556 Padri.

Ma la storia degli atti preparatori della Costituzione rende loro merito per aver determinato alcuni degli articoli più significativi in merito alla parità, la famiglia, la scuola, il lavoro; 5 di esse parteciparono alla commissione dei 75, che redasse il testo della Carta.

Grazie al Presidente Ciampi il 2 giugno è tornato ad essere festa della Patria. Il presidente Mattarella l’ha sottolineata come una “occasione per rilanciare i principi di liberà, uguaglianza e solidarietà,…)perfare( una so rta di tagliando dei valori”.

Giornali e televisioni hanno molto ben illustrato e ampiamente discusso la giornata dedicata alla Repubblica, al voto delle donne, alla elezione della Assemblea costituente. Ed hanno fatto emergere che si tratta di una attenzione estemporanea legata alla ricorrenza: il 2 giugno per gli Italiani non interpreta lo stesso sentimento di appartenenza e di identità nazionale come il 4 luglio per gli Americani e il 14 luglio per i Francesi. Eppure il presidente ha voluto ricordare convintamente “che l’Italia è migliore di come la si dipinge”. Ci sono ragioni storiche, tuttavia, in questo momento si deve a certa polemica politica lo svilire il sentimento civico: si cercano consensi, suscitando la paura degli immigrati, dell’Europa, delle difficoltà economiche. L’egoismo attenua o annulla la solidarietà; la società appare ostile.

Antipolitica e populismi di varia origine minano le relazioni interpersonali e con le istituzioni. Non ci piace questo clima e siamo portati a pensarci peggiori di quanto non siamo!

In un bel articolo Sabino Cassese ricorda che un testimone di quello storico 2 giugno 1946 scrisse: ”Credevamo che le stelle fossero a portata di mano”. Solo un anno e mezzo dopo l’Assemblea costituente approvò la Costituzione. In essa si realizzò una unità di intenti tra forze politiche che pure erano culturalmente lontane per “ costruire” una nazione che, col sistema democratico, si armonizzava con altri grandi Paesi.

Il referendum costituzionale però aveva descritto un’Italia divisa in due: 54,3 per cento a favore della Repubblica e 45,7 per la monarchia. Nonostante grandi riforme, come la scuola media unica (1962), il diritto di famiglia (1975) e la riforma sanitaria (1978) che hanno avuto lo scopo di rendere più uguale il Paese; e nonostante i notevoli successi e i grandi investimenti ancora oggi, anche se il meridione è diverso da ieri, la distanza tra nord e sud sembra addirittura aumentata.

E’ interesse dell’intero Paese recuperare il senso di quella unità culturale che ha consentito di rendere l’Italia uno dei Grandi dell’Occidente. E’ stata la politica dei grandi disegni strategici – di politica industriale e di politica estera- a consentire i risultati più importanti del nostro sviluppo.

La depressione e la sfiducia sono il risultato dell’abdicazione della politica al suo ruolo di guida vero il futuro. I leader propongono visioni, non si limitano al piccolo cabotaggio calcolato sulle scadenze elettorali; coinvolgono il popolo su disegni che riguardano i figli e i nipoti dei genitori e dei nonni di oggi. E ciò non può accadere se invece di coltivare sogni si antepongono immagini catastrofiche di invasioni barbariche, di conflitti di civiltà inesistenti e impossibili.

La tornata elettorale di domenica 5 giugno pretende analisi approfondite e non le solite che si adagiano sulle percentuali. E’ stato sottolineato da molti commentatori, opportunamente, che il fiorire delle liste civiche è l’evidente contestazione dei Partiti e insieme anche la spia della debolezza degli stessi. La Costituzione li definisce come strumenti di vitalità democratica, ma in 70 anni non è mai stata approvata una legge attuativa dell’art. 49. Un programma e un simbolo sono garanzia per l’elettore. Senza un simbolo che dichiari la sua storia, le sue finalità e i suoi impegni, le singole persone, anche pregevoli, non portano che se stessi, senza vincoli, nemmeno con gli elettori. Le primarie hanno sancito la debolezza dei partiti e la difficoltà a comprendere coalizioni trasformistiche da nord a sud, da città a città. Quanto si dovrà aspettare perché si voglia recuperare gli Italiani alla passione politica?

Disamore, sfiducia, indifferenza (un gravissimo male sociale perché fa morire la solidarietà) segnalano una patologia del sistema che va curata. I sintomi vengono da lontano. I cittadini si sentono abbandonati nei bisogni essenziali e assecondano le proteste contro la casta. A fronte di tante caste, è individuata colpevole di tutto quella politica. La politica è servizio alla comunità e si qualifica quando interpreta e risolve al meglio, e quanto possibile, i bisogni dei cittadini: con sincerità rispetto ai limiti, con competenza quanto agli strumenti, con trasparenza e semplificazioni vere, quanto al metodo. Tutto questo esige che la classe politica sia selezionata e risponda delle scelte.

Ancora Cassese ammonisce che una debolezza del nostro Stato consiste nel non essersi mai dotato di una “noblesse d’ Etat” in grado di sottrarlo alla morsa degli interessi privati e della corruzione. Ognuno può ben comprendere che non può essere la giovane età, l’incompetenza, essere ‘fuori corso’, invece che sperimentati nella professione, i criteri per aspirare alla carriera politica. Se non si cambia verso anche qui, “le stelle rimangono lontane”!