Che succede alle nostre banche? Costrette a nuovi imponenti aumenti di capitale?

Che succede alle nostre banche? Costrette a nuovi imponenti aumenti di capitale?

Piazza Affari a Milano sta vivendo altre giornate di autentica passione. Da inizio anno il listino milanese si è dimostrato uno tra i peggiori al mondo lasciando sul terreno un quinto del suo valore.  Il calo sarebbe addirittura superiore al 37% se si considerasse  l’indice di settore Ftse Italia Banche.

Del resto,  i ribassi maggiori continuano a riguardare i titoli del credito, con Monte dei Paschi di Siena e il Banco Popolare (chiamato ad un aumento di capitale da 1 miliardo di euro) che hanno toccato nuovi minimi storici a conferma che, a ben guardare,  è tutto il mondo delle banche popolari ad essere investito da pesanti ordini di vendita.

Gli aumenti di capitale che alcuni istituti  sono riuscite a fare vengono risucchiati in pochi mesi dal vortice dei mercati. Poco c’è da continuare a parlare di speculazione.

I mercati, evidentemente, non si fidano del sistema nostrano del credito, delle alte sofferenze dei nostri istituti, dei loro assetti societari, del sistema dei controlli cui sono assoggettati e, soprattutto, diffidano del problema rappresentato dalla consistente presenza dei titoli di stato all’interno dei loro bilanci.

Come qualcuno indica, i mercati stanno mettendo ormai da tempo sotto attacco i titoli bancari e così, indirettamente, quelli di stato e, così, qualcuno è arrivato a parlare di chi è in attesa del crack del sistema bancario italiano.

La situazione è tale che è stata convocata d’urgenza una riunione ai massimi livelli. Il ministro dell’Economia, il governatore di Bankitalia, gli amministratori delegati di Unicredit e Intesa San Paolo, il presidente e l’ad di Cassa Depositi e Prestiti sono dovuti correre a riunirsi attorno allo stesso tavolo.

Se gli istituti di credito dovessero velocemente smaltire le sofferenze presenti nei loro bilanci,  inevitabilmente dovrebbero, ob torto collo, contabilizzare subito pesantissime perdite con conseguenze imprevedibili.  Le quattro banche appena commissariate a seguito della  direttiva “bail in” potrebbero costituire  un esempio drammaticamente anticipatore.

Comunque,  si dovranno fare degli aumenti di capitale. Anche se la prospettiva fa sorgere immediatamente il quesito su chi possa essere in grado di farlo, vista la situazione che il settore sta vivendo.

Da più parti si vocifera che potrebbe esserci  l’intervento di Cassa Depositi e Prestiti, una Spa, il cui capitale è detenuto  all’80% nelle mani del Tesoro, ma trattandosi di una società per azione la cosa potrebbe evitare che si parli di “aiuto di stato”.

La situazione complessiva  del credito nazionale fa in modo che le banche continuino a vivere la difficoltà ad erogare prestiti a famiglie ed imprese e, dunque, esiste una realtà in cui è più difficile innescare la necessaria ripresa economica.

Se, come  pare, ci si deve addirittura impegnare  per assicurare persino la semplice permanenza sul mercato di alcuni istituti, appare difficile che ci si possa affidare a questi stessi istituti per favorire l’avvio dell’evocata ripresa economica, anche perché si vive in una situazione di congiuntura internazionale negativa.

Del resto, se gli istituti italiani devono rapidamente smaltire  le sofferenze che hanno in pancia significa  contabilizzare in un solo esercizio pesanti perdite e,  in sostanza,  mettere in cantiere una nuova tornata di aumenti di capitale.

I prossimi giorni saranno decisivi nella consapevolezza che, senza una ripresa delle banche, non potrà esservi una vera ripresa dell’economia nazionale. I paesi europei che per primi sono usciti dalla crisi, infatti, sono quelli che hanno subito messo in sicurezza le loro banche, e lo hanno fatto già diverso tempo fa.

Noi, in Italia, invece, non l’abbiamo voluto fare continuando a recitare il mantra che il nostro sistema bancario era sano.

Gianluca Scialanga