Finito il Sinodo sulla famiglia: misericordia e porte aperte. Più accoglienza e meno giudizi

Finito il Sinodo sulla famiglia: misericordia e porte aperte. Più accoglienza e meno giudizi

Si è concluso il Sinodo sulla famiglia al termine del quale il Papa è intervenuto sottolineando l’importanza delle conclusioni cui è giunta la Chiesa riconoscendo che non è stato possibile “aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia”, né aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della Fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia”.

In poche parole vuol dire che i vescovi hanno discusso ampiamente sui temi più spinosi e delicati che investono la famiglia in tutto il mondo e che la stampa ha voluto spesso relegare solamente ai problemi dei divorziati risposati e delle coppie omosessuali.

Comunque, a proposito di queste due problematiche il messaggio dei padri sinodali è quello quelle porte aperte e non la chiusura totale del passato.

Francesco ha ribadito che per la Chiesa famiglia significa il matrimonio “ tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana”.

Francesco ha detto che è stato molto importante anche superare l’atteggiamento che molte colte c’è stato nel passato tra gli uomini di chiesa a sedersi in cattedra e giudicare perché a suo avviso, invece, il Sinodo ha significato “aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”.

Che il dibattito è stato articolato, Francesco lo ha confermato quando ha detto: “Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi”.

Il Papa ha anche affrontato, così, la questione delle diversità di opinioni nella Chiesa a seconda dei continenti di provenienza dei vescovi, quando ha detto : “E – aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo – quasi! – per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale – come ho detto, le questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato. Il Sinodo del 1985, che celebrava il 20° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ha parlato dell’inculturazione come dell’«intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo, e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane». L’inculturazione non indebolisce i valori veri, ma dimostra la loro vera forza e la loro autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi essi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture”.

Secondo il Papa l’esperienza del Sinodo “ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule: sono necessarie; l’importanza delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia”.

Ciò significa, ha detto il Papa, che “il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore”.