Roma dopo le dimissioni di Marino: necessario un riscatto morale e politico – di Lucio D’Ubaldo

Roma dopo le dimissioni di Marino: necessario un riscatto morale e politico – di Lucio D’Ubaldo

La tormentata vicenda del comune di Roma finisce nel modo peggiore, con il sindaco Marino accusato di aver mentito sulle sue spese di rappresentanza. In realtà, l’esperienza amministrativa iniziata nella tarda primavera di due anni fa ha conosciuto ripetuti scossoni, ogni volta più sconcertanti.

Forse bisognerebbe dire che dal 1870, dalla Breccia di Porta Pia che portò alla fine del potere temporale dei Papi e alla nascita dell’Italia unita con Roma Capitale, non si era mai vista una così disastrata gestione della città. È addirittura scoppiata, come un fulmine a ciel sereno, l’indagine della magistratura sulle infiltrazioni mafiose in Campidoglio. Sono finiti in carcere numerosi funzionari pubblici e amministratori locali.
Più che mai la cronaca quotidiana è stata segnata da polemiche senza fine sui disservizi (sporcizia, buche stradali, trasporti scadenti) che fanno di Roma una metropoli ben lontana dagli standard di qualità di altre grandi città del mondo. Ad essere franchi, i guai sono cominciati appena dopo dodici mesi dalla elezione di Marino. Avvenne, infatti, che l’assessore al bilancio Daniela Morgante lasciasse nell’aprile 2014 il suo prestigioso e delicato incarico.

Nella circostanza prevalse un’interpretazione minimalista, quasi che le dimissioni fossero una spiacevole conseguenza dovuta a un eccesso di pignoleria e scontrosità dell’assessore, per altro “pescata” nei ranghi della Corte dei Conti a riprova del cambiamento annunciato a gran voce all’indomani della vittoria elettorale di Marino nel 2013. Invece, con quel gesto clamoroso, prendeva forma il fantasma di una crisi, in sé molto grave, poi rivelatasi irreversibile.

Comunque, l’umiliazione maggiore è scattata quando Papa Francesco ha smentito il Sindaco sull’invito ufficiale a partecipare alla recente conferenza di Filadelfia sulla famiglia. Alla sconfessione, tanto forte e inaspettata, Marino non ha saputo reagire se non goffamente: ha persino provato a dare lezione di stile al pontefice perché, a suo avviso, avrebbe dovuto mantenere a riguardo un atteggiamento più diplomatico.

A questo punto non ci sono margini per riassorbire le dimissioni. È vero, la legge consente di verificare nell’arco di venti giorni se sussistono le condizioni per ripristinare la fiducia attorno a una nuova giunta. Marino si appella a questa ipotesi, ma il Partito democratico non intende assecondarlo. C’è da credere che alle tensioni odierne seguiranno ulteriori momenti difficili, senza escludere qualche colpo di coda del sindaco stesso.

All’orizzonte c’è dunque l’inevitabile ritorno alle urne entro giugno del prossimo anno. Vista la debolezza degli schieramenti tradizionali, in molti sono pronti a scommettere sulla vittoria di un candidato di Grillo.

Per ora l’indipendente Marchini scalda i muscoli a bordo campo, ma senza un accordo con Renzi non può coltivare ambizioni eccessive. Tuttavia sarà complicato per il Presidente del Consiglio inventare una proposta credibile dopo il “cedimento strutturale” del Pd romano. È una situazione complicata, resa ancora più complicata dalle attese che suscita l’apertura del Giubileo.

La Città Eterna sente il bisogno di un grande riscatto morale e politico.

Lucio D’Ubaldo