Dopo Volkswagen, nuovo scandalo nel mondo dell’auto: nascosto dossier sul confronto della sicurezza tra le automobili Usa e quelle europee

Dopo Volkswagen, nuovo scandalo nel mondo dell’auto: nascosto dossier sul confronto della sicurezza tra le automobili Usa e quelle europee

Un nuovo scandalo investe l’industria automobilistica statunitense. L’Independent di Londra denuncia l’insabbiamento di un rapporto secondo il quale le auto circolanti negli Stati Uniti sarebbero meno sicure rispetto ai veicoli europei.

Il documento sarebbe tenuto nascosto per il timore che la sua diffusione finisca per ostacolare l’armonizzare delle norme di sicurezza all’interno della controversa trattativa sullo scambio e il partenariato transatlantico tra Europa e Usa, conosciuto con la sigla TTIP.

Lo studio, in realtà, era stato commissionato per dimostrare esattamente il contrario e cioè che le norme di sicurezza applicate nella pratica nell’UE e negli Stati Uniti erano sostanzialmente simili.

Secondo la ricerca, invece, i modelli americani sono molto meno sicuri quando si tratta di collisioni frontali e la cosa impedirebbe la vendita automatica dei modelli Usa in Europa e viceversa.

The Independent ricorda che lo studio è stato commissionato dall’Alleanza dei costruttori di automobili (AAM), che riunisce le principali marche mondiali, come Chrysler, Toyota e Volkswagen, ad esperti dell’Istituto di ricerca sui trasporti dell’Università del Michigan e del centro di ricerca SAFER del politecnico di Göteborg, in Svezia, oltre che ad altri organismi specializzati della Francia e del Regno Unito.

Intanto, lo scandalo della Volkswagen fa la prima vittima. Martin Winterkorn l’Amministratore delegato del gigante automobilistico mondiale si è dimesso travolto da una situazione che è diventata insostenibile dopo l’avvio di un’indagine da parte dell’Autorità di controllo Usa e che sta per essere avviata anche in alcuni paesi europei, a partire dalla Germania.

Così, si parla non solo dei circa 500 mila veicoli da ritirare nei soli Stati Uniti, ma anche degli 11 milioni di vetture diesel venduti dalla Volkswagen negli altri continenti e che si ritiene possano essere anch’esse taroccate in modo da falsificare i dati dei controlli sulle emissioni dei gas di scarico.

Una pratica che sarebbe partita sin dal 2009 e condotta senza interruzioni fino a quando non è giunto il motore Euro 6. Molti paesi, a partire da Germania, Francia e Italia, hanno avviato dei controlli. Il timore è che si finisca per scoprire che altre case automobilistiche hanno usato gli stessi trucchi e  che quella del “diesel pulito” è solo una chimera.

Le prime conseguenze immediate sono state i crolli del titolo della casa di Stoccarda in Borsa che hanno portato ad una perdita secca del 35 % con una perdita di 25 miliardi di euro e le polemiche che giungono a lambire anche la Cancelliera Merkel dopo che il giornale più autorevole di Germania, Die Welt, ha lanciato una dura accusa: il Governo sapeva da tempo che c’erano truffe sui gas di scarico delle vettura di alcune case automobilistiche e non è intervenuto. Il Governo di Berlino ha invece smentito queste affermazioni sostenendo che le autorità tedesche erano completamente all’oscuro della vicenda.

Alle perdite in Borsa devono essere aggiunte quelle che ci si attende saranno provocate dalle salate multe comminate dalle autorità federali statunitensi, 18 miliardi di dollari di sanzione, pari a circa 37.500 a vettura. Così come dovranno essere aggiunti i costi per i richiami delle auto da controllare.

La Volkswagen è ora impegnata al massimo per recuperare la propria immagine. Così, assieme alle scuse dirette a tutti i clienti, i dirigenti tedeschi hanno deciso di accantonare 6,5 miliardi e mezzo di euro, sia per far fronte e a multe e a penali che sono in arrivo, sia per impostare una strategia per ricostruire la propria presenza sui mercati.