Imbarazzo per Arabia Saudita in Svizzera: principe reale porta in tribunale il cugino che lo ha fatto rapire

Imbarazzo per Arabia Saudita in Svizzera: principe reale porta in tribunale il cugino che lo ha fatto rapire

Un fatto veramente insolito è accaduto in Svizzera. Un principe saudita si è rivolto alla magistratura elvetica per chiedere un’inchiesta contro il cugino che 12 anni fa lo avrebbe fatto rapire, dopo averlo anestetizzato, e fatto riportare in Arabia Saudita e un altro principe che ha un ruolo importante nel Governo di Riyad.

Si tratta di una vera e propria faida familiare interno ai vertici di una delle corti reali più discrete ed impenetrabili al mondo che rischia di veder fare emergere segreti e cose riservate in un’aula di tribunale, per di più straniero.

Il principe Sultan bin Turki è colui che denuncia il cugino, principe Abdulaziz bin Fahd, e l’attuale ministro saudita agli affari islamici, Saleh al-Sheikh, sostenendo di essere stato gravemente ferito dopo il rapimento subito nel giugno 2003.

Tutti i principi in lotta sono discendenti del fondatore dell’Arabia Saudita, Abdulaziz Al Saud.

Sultan era sempre considerato uno dei pochi componenti la famiglia reale saudita animato da intenti davvero riformatori e contrario ad ogni forma di corruzione che sembra costituire una costante in molti paesi arabi. Il cugino, invece, il principe Abdulaziz, è il figlio del defunto re Fahd, al governò del paese fino al 2005.

Il principe Sultan sostiene di essere stato aggredito e rapito dopo aver annunciato l’intenzione di svelare pubblicamente tutta una serie di corruttele che interessavano agli inizi degli anni 2000 il ministero della difesa. Il rapimento sarebbe avvenuto nel corso di una riunione di famiglia tenuta nel comune svizzero di Collonge-Bellerive, alle porte di Ginevra, dove la famiglia reale saudita possiede un principesco palazzo.

Secondo la denuncia presentata alla magistratura svizzera, il principe è riuscito a fuggire dalla condizione di oggettiva prigionia cui è stato costretto solo nel 2010 quando poté recarsi negli Stati Uniti per provare a curare i gravi danni fisici che a suo avviso gli furono provocati nel corso del sequestro.