Crisi greca si avvita sempre di più. I capi di Stato e di Governo rinviano a domenica prossima mentre arrivano le nubi della crisi delle borse cinesi

Crisi greca si avvita sempre di più. I capi di Stato e di Governo rinviano a domenica prossima mentre arrivano le nubi della crisi delle borse cinesi

A Bruxelles si sta consumando una vera e propria tragedia greca cui però non  mancano sprazzi di sceneggiata alla napoletana e qualche attore o attrice attaccati alle tende come usava un tempo, con il cinema muto, in bianco e nero.

Intanto, le borse asiatiche fanno flop per colpa della cosiddetta “bolla” cinese. A Shangai è stata sospesa la contrattazione di metà dei titoli. Crolli consistenti registrano altre borse asiatiche.

Un drammatico elemento in più sul cui sfondo finirà per collocarsi anche la crisi finanziaria europea.

I capi di Stato e di Governo dei 18 paesi della zona euro si stanno trovando di fronte ad una maionese impazzita e si rifugiano nel rinvio a domenica prossima, quando il vertice sarà organizzato a livello di tutti e 28 i paesi dell’Unione.

Nel frattempo,  la Grecia è invitata a presentare delle proposte. Un “piano” organico, viene detto, perché Alexis Tsipras ed il suo nuovo ministro dell’economia, Euclid Tsakalotos, non avrebbero portato niente di scritto.  Del resto, non si vede cosa dovrebbero portare se non un appuntino molto semplice da recitare, pure a voce: abbiamo bisogno di rinegoziare il debito e rinviarne le scadenze.

Ovviamente, ci si trova tutti di fronte a dei pretesti. Utili a prendere tempo e ingegnarsi a raggiungere una soluzione oggettivamente difficile da trovare, vista la situazione emersa nel corso delle lunghe settimane di estenuanti trattative condotte con Atene. Settimane nel corso delle quali già tutti aspettavano i risultati raggiunti nelle ultime ore.

Resta sempre la stessa Europa che, pur vedendo esattamente come stanno le cose, non riesce mai a trovare il modo d’intervenire tempestivamente e le fa persino aggravare.

A guardare i conti con gli occhi di banchieri e finanzieri, infatti, era sempre stato chiaro il fatto che non ci sarebbe stato niente da fare: la Grecia non è in grado di pagare e dovrebbe essere dichiarata in bancarotta. A meno che, come succede spesso, i creditori, pur d’incassare qualcosa, non continuano a dare ossigeno alle banche di Atene.

La decisione, pertanto, non può che essere politica al più alto livello possibile, qual è quello dell’incontro dei leader di tutti i 28 paesi organizzato, appunto, per domenica prossima. Nel caso di abbandono da parte della Grecia della zona euro, infatti, ci si troverebbe a dovere affrontare un mare sconosciuto, giacché questa ipotesi neppure è prevista dal Trattato istitutivo della Moneta unica europea.

Si parla sempre più ad alta voce di articolare un’uscita temporanea della Grecia. La stessa cosa fece l’Italia dallo Sme nel 1992 per poi rientrarvi dopo una cura da cavallo.

Secondo molti giuristi, però, non esistendo alcun Piano B che preveda l’abbandono da parte di un paese, non si sa davvero come risolvere la situazione. Altri, poi, ritengono che la Grecia sia già stata costretta alla cura da cavallo di cui sopra, per cui non si capisce cosa si dovrebbe ulteriormente chiedere ai suoi abitanti.

Insomma, in  ogni caso, la decisione non può che essere politica. Questo spiega perché Junker, il Presidente della Commissione europea, continua a ripetere di non poter escludere alcuna soluzione ad una crisi che sta mettendo in discussione i principi stessi su cui i 28 si sono ritrovati per formare, o aderire successivamente, all’Unione europea. La situazione è tale che, però, anche per le brutte nubi che stanno giungendo da Oriente, una decisione immediata i capi di stato e di governo se la devono proprio inventare fra quattro giorni.

Poi, verrà il tempo in cui si dovrà riflettere su come il processo d’integrazione è stata realmente perseguito e quali sbocchi si intenda dargli nel concreto.

Forse verrà il momento in cui si rinvangheranno anche le adesioni di paesi di cui tutti conoscevano i bilanci truccati. Eppure, sono stati accolti  calorosamente per motivi geopolitici o perché faceva comunque comodo ai grandi interessi bancari e commerciali. Oltre che, ovviamente, per i soliti motivi ideali. Motivi dei quali, però ci si dimentica nei momenti di difficoltà.

Giancarlo Infante