La denuncia di A.M.I.C.A. :troppi conflitti d’interesse sulle ricerche relativa alla pericolosità del telefonino

La denuncia di A.M.I.C.A. :troppi conflitti d’interesse sulle ricerche relativa alla pericolosità del telefonino

Elettrosmog e salute: dubbi, paure, incertezze. Possiamo dormire sogni tranquilli, adagiati sulla consapevolezza che chi di dovere ha a cuore la nostra salute e nient’altro? Oppure, ci sono circostanze in cui il diritto alla salute dei cittadini, con buona pace dell’articolo 32 della Costituzione – quello che annovera proprio la salute tra i diritti fondamentali dell’individuo – passa in secondo piano? Ma poi, quali sono questi rischi legati all’uso dei telefonini e alla presenza delle antenne che ne assicurano il funzionamento? La confusione è grande, la disinformazione, forse, ancora di più.
Ultima Edizione ha sentito l’opinione di Francesca Romana Orlando, Vice Presidente di AMICA, Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale, in prima linea contro i rischi alla salute dovuti all’esposizione ai campi elettromagnetici e, quindi, anche all’uso del telefonino.

Cosa dicono le principali ricerche scientifiche sui rischi per la salute dovuti all’esposizione ai campi elettromagnetici?

Riguardo alla ricerca su questa materia bisogna, innanzitutto, fare un distinguo molto preciso sulla fonte del finanziamento. Mentre la ricerca indipendente, finanziata cioè dai governi o da associazioni di cittadini o di pazienti, trova nel 70% dei casi degli effetti biologici connessi alle radiofrequenze, cioè il campo magnetico utilizzato dalle telecomunicazioni (cellulari, tablet etc.), gli studi finanziati dall’industria, invece, trovano effetti in percentuali pressoché ribaltate (il 68% non trova effetti e il 32% li trova).

Un caso emblematico riguardo questo problema è la sentenza di Brescia del 2012 , poi confermata in Cassazione sul caso di un ingegnere ammalatosi di tumore al cervello per via dell’utilizzo prolungato del cellulare in ambito lavorativo. La Corte d’Appello di Brescia ha riconosciuto l’esistenza di un nesso diretto tra la patologia tumorale e il forte uso del telefonino, facendo riferimento prevalentemente agli studi scientifici indipendenti, ed ha imposto all’INAIL di riconoscere all’ingegnere l’invalidità professionale.

Occorre poi ricordare che nel 2011 la radiofrequenza è stata classificata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come possibile fattore cancerogeno per l’Uomo (Classe 2B) sulla base degli studi condotti dal L. Hardell, dell’Università di Örebro in Svezia, che hanno evidenziato un significativo aumento del rischio di insorgenza del tumore cerebrale tra gli utilizzatori di cellulare.

Altri studi non sono approdati alla stessa conclusione, ma questo accade spesso perché non è stata fatta un’accurata selezione tra casi e controlli, assicurando l’omogeneità tra i dati messi a confronto. Ad esempio, alcune ricerche inseriscono nel gruppo delle persone non esposte gli utilizzatori di cordless, che pure emette radiofrequenza.
L’ultimo studio scientifico di Hardell (2014), così, propone la classificazione della radiofrequenza addirittura come cancerogeno certo per l’Uomo (Classe 1).

Si sente parlare solo di cancro…

In realtà, la ricerca sugli effetti biologici della radiofrequenza evidenzia anche un rischio per altre patologie, come infertilità, malattie neurodegenerative, deficit immunitari, etc. Ad esempio, uno studio condotto dall’equipe del Prof. Lukas Margaritis dell’Università di Atene su topolini ha evidenziato dei problemi neuro-comportamentali. L’esperimento riguardava dei topolini che dovevano raggiungere, all’interno di una piscina, una piattaforma su cui c’era del formaggio. I ricercatori hanno misurato il tempo che i topolini impiegavano per raggiungere la piattaforma e in seguito i tempi realizzati dopo l’immissione nell’ambiente del segnale del telefono cordless, del cellulare e del Wi-Fi.

In tutti e tre casi i topolini impiegavano più tempo a raggiungere la piattaforma. I ricercatori hanno così concluso che le onde provocano un disorientamento spaziale e una perdita di memoria spaziale. Una prima domanda viene spontanea considerando gli effetti su bambini e ragazzi: quanto é opportuno l’utilizzo del Wi-Fi particolarmente nelle scuole?

Il legislatore italiano tiene conto di questi rischi?

L’Italia, così come quasi tutti gli altri paesi aderenti, si attiene alle direttive dell’Organizzazione mondiale della sanità, OMS, sulle esposizioni elettromagnetiche, le quali, però, tengono conto solo degli effetti termici, cioè del riscaldamento prodotto dai campi elettromagnetici. In realtà, la ricerca ha evidenziato la conseguente presenza di effetti biologici molto importanti anche per esposizioni molto deboli che non producono innalzamenti di temperatura.

Ci sono poi perplessità pure sulla capacità delle grandi agenzie di salute pubblica, come l’OMS o lo SCENHIR, l’Ente consultivo della Commissione Europea, di selezionare collaboratori veramente indipendenti incaricati di condurre studi e ricerche.

Secondo quanto osservato negli ultimi anni tra i ruoli dirigenziali di queste agenzie si osservano ex consulenti dell’industria o ricercatori che ricevono fondi per effettuare la ricerca per conto di fondazioni sostenute dai produttori e gestori della telefonia mobile. Queste fondazioni dicono di promuovere della ricerca indipendente, ma ci sono forti dubbi sulla possibilità che il loro giudizio sia davvero indipendente.

Perché non se ne parla?

C’è un grave conflitto di interessi nel mondo della ricerca, ma anche in quello dell’informazione dal momento che i mass media ricevono grandi finanziamenti attraverso le inserzioni pubblicitarie acquistate dalle società che operano nel mondo delle telecomunicazioni. Ho voluto approfondire personalmente questo argomento scrivendo un romanzo, “La città bianca”, perché ritengo fondamentale una riflessione sulla grande capacità e possibilità dell’industria delle telecomunicazioni di influenzare la percezione del rischio legato ai cellulari nell’opinione pubblica e nel mondo della ricerca.

Quindi gli attuali limiti di legge in Italia ci tutelano, o no?

Nel 2007 un gruppo di scienziati indipendenti ha pubblicato il famoso Rapporto Bioinitiative che intendeva stabilire nuovi standard di sicurezza per le esposizioni elettromagnetiche espressi in valori V/M. Per quanto riguarda la radiofrequenza, il limite considerato accettabile da questo gruppo è 0,6 V/M. Il Rapporto è stato aggiornato nel 2012 con nuovi studi che dimostrano seri rischi per la salute ai livelli di esposizione sotto gli standard internazionali attualmente in vigore.
Le stesse conclusioni sono state raggiunte dalla risoluzione 1815 del 2011 dell’Assemblea Plenaria del Consiglio d’Europa (http://www.applelettrosmog.it/file/documenti/documenti_parlamentari/risoluzione_parlamento_europeo_1815.pdf ) che si è basata su una ricerca condotta dalla Commissione internazionale per la sicurezza dei Campi Elettromagnetici (ICEMS), il cui portavoce è un ricercatore italiano, Livio Giuliani. L’assemblea plenaria del consiglio d’Europa ha concluso che un limite accettabile nell’immediato è 0,6 V/M ma che sul lungo termine bisogna puntare a 0,2 V/M.

Di recente, sotto il governo Monti, in Italia è stata introdotta una modifica nei criteri di misurazione dei campi elettromagnetici.

Il decreto sviluppo del governo Monti, approvato nel 2013, prevede la misurazione dei campi elettromagnetici per la verifica del rispetto dei 6 V/M su una media di 24 ore invece che di 6 minuti, che è il tempo in cui avviene il recupero dell’omeostasi a livello cellulare dagli effetti termici dei campi elettromagnetici.

C’era dunque una precisa ragione scientifica per la scelta dei 6 minuti, mentre l’utilizzo delle 24 ore è assolutamente arbitrario e non sembra avere alcun fondamento scientifico. Sembra piuttosto agevolare, invece, la gestione della telefonia mobile perché l’aumento dei limiti di esposizione nelle ore diurne (compensati da livelli più bassi delle ore notturne) consente di concentrare più antenne su una stessa installazione, con un notevole risparmio per i gestori.

Parlaci delle ultime iniziative di AMICA.

Lo scorso febbraio AMICA ha aderito alla Task Force sull’elettrosmog voluta da associazioni e comitati per rispondere ai progetti di sviluppo delle reti mobili previste dal Governo Renzi. La Task Force ha prodotto una lettera aperta sottoscritta da centinaia tra ricercatori e associazioni con la richiesta di abbassare i limiti di legge a 0,6 V/M calcolati in 6 minuti e di non utilizzare il Wi-Fi nelle scuole, nei luoghi pubblici, negli ospedali. La Task Force ha voluto dare la possibilità anche ai cittadini di esprimersi utilizzando lo strumento della petizione e nel giro di poco più di un mese sono state raccolte 12.794 firme.

Chiara Abbasciano