C’è chi interviene in difesa di Rosy Bindi. Il senatore Lucio D’Ubaldo: basta con l’ambiguità

C’è chi interviene in difesa di Rosy Bindi. Il senatore Lucio D’Ubaldo: basta con l’ambiguità

Il senatore Lucio D’Ubaldo è intervenuto su Il Domani d’Italia con un articolo che prende di mira tutti coloro che dimenticano quali sono i presupposti su cui si è basato l’intervento della Commissione Parlamentare Antimafia, in materia di “impresentabili” alle elezioni di domani. Presupposti su cui si sono a suo schierati anche coloro che oggi, invece, attaccano la Presidente della Commissione Rosy Bindi.

“Può dispiacere l’intervento della Commissione Antimafia, ma non si può accettare l’ambiguità di comportamenti politici che ora smentiscono il sostegno dato, fin dall’inizio, a scelte indirizzate a rafforzare la vigilanza sulle liste elettorali. Il codice etico della Commissione è stato votato nel 2014 dal Parlamento e accolto con entusiasmo anzitutto dai campioni della lotta alla corruzione e al malaffare. Stupisce pertanto che oggi, proprio da quel fronte, vengano rampogne tanto gravi e violente per la presunta, inammissibile violazione delle regole, addirittura in spregio della Costituzione. Siamo allo smarrimento della razionalità e del buon senso.

Se l’iniziativa dell’Antimafia eccedeva i compiti ad essa riconosciuti dalla legge, non si doveva aspettare l’epilogo di questa storia. I partiti non sono registratori di cassa o strumenti al servizio degli interessi occasionali dei leader: sono organismi che attingono la loro legittimità alla sorgente di una norma costituzionale (art. 49) che ne definisce il profilo di libere associazioni destinate a garantire ai cittadini il diritto a “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Ai partiti, dunque, spettava anche in questa circostanza l’onere di “determinare” l’indirizzo della Commissione Antimafia. Agli atti risulta che essi, nel libero confronto parlamentare, hanno orientato e accompagnato l’attribuzione di una responsabilità che la Commissione ha esercitato correttamente.

In questa cornice stupisce alquanto la preoccupazione di Raffaele Cantone sulla ridondanza in sé straordinaria della funzione politica – del resto l’oggetto è l’etica pubblica – rispetto a quella per sua natura ordinaria della giustizia. È quello che ha voluto il Parlamento, con il plauso pressoché unanime, in linea con la volontà di ridare alla politica il rilievo che merita nella definizione e nella tutela di una architettura del bene comune. Non è proprio questa l’esigenza che la società, sempre più afflitta dal populismo e dell’antipolitica, avverte in termini di assoluta priorità? A Cantone non dovrebbe sfuggire il nodo della questione.

In ogni caso, Renzi ha reagito male dinanzi a quello che si vuole far apparire come un inammissibile intervento dell’Antimafia. Tutto, in effetti, si riduce al caso De Luca: a chi interessa l’elenco degli altri carneadi? Sulla vicenda grava più di un errore sulle spalle del Premier. Ha avallato la scelta finanche delle primarie campane, si è fatto garante della legittimità di una candidatura a dir poco inopportuna, è scivolato nella palude del “dire e non dire” non appena l’opinione pubblica ha sollevato obiezioni in ordine a un possibile futuro di ingovernabilità nel caso di vittoria del centrosinistra. L’appoggio dato in campagna elettorale si è subito configurato sotto forma di biasimevole gesto d’improntitudine, quasi una sfida alla “regolarità della democrazia”. Dunque, il segretario del Pd ha fatto campagna elettorale per un candidato che all’indomani della ipotetica vittoria egli stesso, in quanto Presidente del consiglio, avrà l’obbligo di sottoporre immediatamente alla procedura di sospensione. È francamente troppo.

Prendersela con Rosy Bindi, fedele nella forma e nella sostanza alle prescrizioni del codice etico approvato dal Parlamento, è solo una conferma del disordine che regna purtroppo sotto il cielo. In questa cornice si spera, chissà per quale ragione nascosta, che cali comunque l’astensionismo. È una speranza flebile, per molti aspetti immotivata: domenica molti non andranno a votare, ma non saranno nel torto. Lo spettacolo offerto a conclusione della campagna elettorale non induce all’ottimismo. Esiste, forse pure a dispetto delle buone intenzioni, un serio problema di decoro istituzionale e politico”.
Lucio D’Ubaldo