Italicum: Renzi sostituisce i dissidenti. L’opposizione verso l’Aventino?

Italicum: Renzi sostituisce i dissidenti. L’opposizione verso l’Aventino?

Alla fine il dado è tratto: l’Ufficio di Presidenza del Gruppo Pd della Camera ha deciso di sostituire ben 10 componenti della Commissione Affari Costituzionali della Camera perché contrari alla legge elettorale, Italicum, che Matteo Renzi vuole far approvare a tutti i costi. Tra loro alcuni nomi eccelenti, a partire da quelli di Bersani, Bindi e Cuperlo.

Una vicenda squisitamente interna al Pd che sta portando tutte le opposizioni, però, a valutare se non sia il caso di mettersi sull’Aventino, così come hanno già annunciato faranno i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Rischia allora di complicarsi per la maggioranza del Pd la possibilità di giungere all’approvazione dell’Italicum in tempi brevi e dovendo solo archiviare la pratica dei rapporti interni che sembrava a Renzi e ai suoi, così, come a molti commentatori politici, facile da superare.

La pratica rischia invece di rivelarsi più ostica del previsto. Il primo segnale è già venuto la scorsa settimana dai risultati dell’Assemblea del Gruppo Pd della Camera quando in 120 su 310 deputati hanno preferito astenersi dal voto. Non hanno votato esplicitamente contro, ma hanno fatto comunque vedere a tutti che le condizioni in cui Renzi, oggi, comanda non sono proprio così solide come il suo atteggiamento farebbe ritenere.

I più vicini, i “colonnelli” del Segretario del Pd e Presidente del Consiglio, continuano a seguire due linee di pensiero. Ci sono quelli che fanno spallucce e danno a vedere di non preoccuparsi più di tanto. A bassa voce rivelano la loro speranza più recondita: “male che vada sciogliamo il Parlamento e andiamo al voto. Così cambiamo tutto l’assetto parlamentare del Pd”.

Devono esprimersi a bassa voce perché sanno benissimo due cose: la prima, che lo scioglimento delle Camere è deciso esclusivamente dal Presidente della Repubblica e potrebbe essere alta la possibilità che il Parlamento, alla fine, non venga sciolto, almeno adesso in Primavera. Si potrebbe, invece, aprire una crisi lunga ed imprevedibile dalla quale l’immagine di Renzi rischierebbe di uscirne compromessa. La seconda è che nella storia d’Italia non sono mancati i governi partiti di corsa verso le elezioni per ritrovarsi, dopo, sostituiti da un altro esecutivo.

Un’altra ala della maggioranza Pd sta ancora, invece, provando a dialogare con i dissidenti. ” Si tratta”, si è sentito dire fino a venerdì scorso, quando tutti se ne sono tornati a casa per il fine settimana. Quel “si tratta” ha tanti significati e tante sfumature. I più maliziosi parlano di trattative che riguarderebbero posti e prebende. Altri affrontano il merito del provvedimento e guardano ad “aperture” reciproche che, forse, esistono solo sui giornali. C’è comunque la speranza in un accordo in extremis su taluni aspetti del provvedimento in modo da fare dire a tutti che un compromesso è stato trovato. C’è il convincimento che dei 120 non votanti della scorsa settimana almeno una settantina siano più malleabili e pronti a rientrare nei ranghi.

La decisione di sostituire ben 10 eputati dalla Commissione Affari Costituzionale, però, non va certo a favore del raggiungimento di un compromesso e rischia solo di aggravare le fratture interne.

Renzi non si attendeva l’uscita dei 120 e pensava di dover gestire una contrarietà fisiologica di solo 40, 50 criticoni. Non aveva messo nel conto il non felicissimo risultato dell’Assemblea del Gruppo e, così, pensa di non poter cedere proprio adesso e fare concessioni destinate a compromettere la sua immagine ed i suoi obiettivi. Tra questi, c’é sicuramente il ridimensionamento del potere di interdizione da parte dell’opposizione interna.

Adesso, sempre di più si deve guardare al Quirinale perché le opposizioni si rivolgeranno a Mattarella ancora con più forza contro quello che sarà definito un “golpe” parlamentare ed anche perché dal Presidente della Repubblica dipenderanno i margini di manovra di Renzi. Se Mattarella spunta l’arma dello scioglimento delle Camere, o di un veloce salto verso le elezioni anticipate, la situazione per l’attuale Presidente del Consiglio si potrebbe fare certamente più difficile.

Giancarlo Infante