Due messaggi positivi che vengono dal mondo arabo. Non devono essere sottovalutati

Due messaggi positivi che vengono dal mondo arabo. Non devono essere sottovalutati

Dopo l’11 Settembre 2001 si é irrazionalmente quasi sempre inneggiato al cosiddetto “scontro di civiltà”. Una formula ambigua il cui principale sottinteso era costituito dall’assunto che l’Occidente si trovasse sotto attacco da parte del mondo islamico. Quello stesso mondo islamico, però, contemporaneamente necessario al nostro sviluppo economico e  con le cui classi dirigenti ci si doveva in ogni caso alleare per il controllo di aree vitali del mondo, in gran parte legate ai giacimenti di petrolio e di gas.

Il mondo musulmano é stato fatto diventare semplicemente sinonimo di terrorismo e di integralismo dimenticando che, in realtà, le prime e più immediate vittime dell’estremismo islamista erano e sono le popolazioni con la stessa fede cui fanno riferimento anche i jihadisti.

La crisi irachena, quella siriana, quella dello Yemen, dobbiamo continuare?, con tutte le sofferenze indicibili per le popolazioni civili stanno a dimostrare che le generalizzazioni, invece, servono solamente a coloro che hanno interesse a seminare dappertutto un clima di paura e di diffidenza generalizzata.

La conferma che le cose non stanno così,  in realtà non sono mai state così, viene da due notizie da accogliere con fiducia ed apertura mentale.

A Tunisi la folla é scesa nuovamente in piazza per protestare contro gli attentatori del Museo del Bardo che hanno provocato la morte di 22 persone, tra cui quattro italiani. Nella folla si sono mischiati anche diversi esponenti europei, tra cui il Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi e la Presidente della Camera, Laura Boldrini, il Presidente della Repubblica francese, Francois Hollande, accanto a quelli di alcuni paesi arabi come i leader tunisini ed al Presidente dell’Autorità palestinese, Mahmud Habbas.

Come accaduto a Parigi, anche a Tunisi la gente ha detto” no” al terrorismo sotto lo slogan  “Le monde est Bardo” ricordando il criminale attacco al museo della capitale tunisina; come accaduto a Parigi, non c’è  stata paura a scendere in piazza e, se necessario, a confrontarsi con i sostenitori del terrorismo.

L’altro segnale positivo viene dal vertice della Lega Araba  riunita in Egitto per affrontare la crisi dello Yemen, dove i cosiddetti ribelli sciiti degli Houtdi hanno occupato le principali aree del paese e costretto il presidente sunnita Hadi a rifugiarsi sotto l’ala protettiva del Re dell’Arabia Saudita. I leader dei paesi arabi sunniti hanno deciso di dare vita ad un’intesa, anche militare, per operare più uniti, e forse finalmente più convinti?, contro il terrorismo.
Sembrano così gettate le basi per superare le tante ambiguità, esitazioni e limiti che nei lunghi anni passati hanno caratterizzato l’atteggiamento di alcuni governi della Penisola Arabica e del Golfo Persico cosiddetti “moderati”, poi, rivelatisi i principali sostenitori, con denaro ed armi, dei gruppi jihadisti. Il ravvedimento non é cosa da poco e non può che fare piacere ed essere incoraggiato soprattutto se si  chiarisce il rischio che per “terrorismo”,  però, altri governanti sunniti si riferiscano solamente alle milizie sciite oramai operative in pianta stabile su quasi tutti i fronti aperti nella regione.
Ora, il passo deve essere seguito anche da altri. In particolare dall’Iran dal peso non indifferente su tutti gli scenari importante dell’area mediorientale. Siamo vicini alla conclusione delle trattative sul nucleare e Teheran può portare un contributo importantissimo affinché, paradossalmente, le dichiarazioni dei capi dei paesi sunniti e, soprattutto, le attese delle popolazioni civili  stanche di guerre trovino una conferma concreta.