La Direzione Pd rinvia al 20 febbraio la discussione sulla sorte del Governo. Letta non vuole “galleggiare” Renzi vuole le “carte scoperte”

La Direzione Pd rinvia al 20 febbraio la discussione sulla sorte del Governo. Letta non vuole “galleggiare” Renzi vuole le “carte scoperte”

Il Pd rinvia al 20 febbraio il chiarimento sul Governo. Si complica la situazione  e,  quindi,  si fa più difficile mantenere l’equilibrio con l’attuale inquilino a Palazzo Chigi? La prima impressione porterebbe a fare dire di  sì  anche perché sembrerebbe  che,  apparentemente,  tutti i giochi si sono riaperti all’interno del primo partito italiano.

Intanto, dall’esterno, si fanno sempre più forti le “incursioni” in una situazione che apre nuovi spiragli e nuove  possibilità. Per primo,  è Silvio Berlusconi ad  inserirsi ed occupare quel centro del ring di cui è riuscito a recuperare una buona parte già con l’accordo raggiunto con Matteo Renzi in materia di Legge elettorale.  Così, come ha già fatto al momento della formazione del Governo Monti, dopo un certo periodo di opposizione pura e dura,  fa circolare ancora una volta  la voce che è disponibile a partecipare ad un Governo se guidato da Renzi.  Da oramai più navigato della politica italiana, com’è, Berlusconi vede  qual è il punto più debole dello schieramento avversario e vi si incunea. Sicuro di creare non pochi danni dentro il Pd.

Anche il Nuovo Centro destra, o almeno una sua parte,  sembra cominciare a fare più da sponda al Segretario del Pd piuttosto che ad Enrico Letta ed è pronto a rinegoziare alleanza e nuovo assetto di Governo senza farsi molto scrupoli. Un eventuale partecipazione di Berlusconi, infatti, consentirebbe  di rendere  meno definitiva la recente spaccatura con il Pdl  provocata proprio dalla volontà di Alfano e soci di non voler mettere in crisi il Governo Letta. La loro giustificazione oggi sarebbe  che, però, nel caso di “staffetta” tra Letta e  Renzi non ci sarebbe il rischio dello scioglimento delle camere e di andare alle elezioni anticipate come quando Berlusconi decise di togliere la fiducia a Letta. Certo, la situazione di Angelino Alfano è delicata perché lui è il vice di Letta e non è detto che il Presidente del Consiglio non riesca a fare un “bis”. Così verso Renzi si sbilancia di più il Ministro Lupi. Il solito gioco delle parti che a volte in politica é proprio indispensabile.

La decisione di rinviare di due settimane la decisione sul Governo sembra sia scaturita nel corso del dibattito della Direzione la quale, in rltà, era stata convocata per parlare di riforme. Dopo che anche la sinistra rappresentata da Cuperlo si “è messa al vento” come si diceva nel vecchio linguaggio politico marinaresco della cosiddetta Prima Repubblica, invece, si sono messi  apertamente in discussione  gli equilibri del Governo come non si è mai fatto in precedenza.

renzi pd

In molti continuano a ritenere che,  in realtà,  molte delle cose dette in queste ore, un po’ da tutti gli attori, non sono del tutto sincere. Quindi staremo a vedere. Anche perché la politica non si fa sui giornali e le pressioni fatte attraverso i giornali non sempre raggiungono gli obiettivi desiderati.  Intanto il Pd non può sfiduciare Letta in parlamento e, sembra, che lui non abbia, ad oggi, alcuna intenzione di dimettersi.

In realtà siamo in condizione  di poter dire: tutti contro tutti. E qualcuno aggiungerà: ci risiamo! Riecco un tentativo di suicidio del Centro sinistra che negli ultimi anni ha sicuramente fatto di tutto per giustificare questa maldicenza.  Non è detto che tutta questa confusione non si risolva nell’ennesimo disastro su cui conta Silvio Berlusconi.

La riunione di ieri, comunque, sarà ricordata come  un “botta e risposta” tra Matteo Renzi ed Enrico Letta . Un riunione attesa soprattutto dopo il gran tam tam dei giorni scorsi sulla scia di una presunta intenzione del Segretario di voler sostituire l’amico di partito a Palazzo Chigi. Se Renzi invita Letta a giocare a “scarte scoperte” sulle vicende che riguardano assetti e prospettive dell’esecutivo, Letta risponde sostenendo che non intende affatto limitarsi a galleggiare. In poche parole si rimproverano l’un l’altro. Il primo teme che il Governo “afflosci” la spinta riformatrice. Il Presidente del Consiglio é risentito perché non si sente adeguatamente sostenuto dal Segretario ed é quindi ridotto a “galleggiare” anche per colpa dei suoi. Così il suo “non voglio solo galleggiare”, può anche essere tradotto in un “non mi farete solo galleggiare”.

I due, insomma, continuano a punzecchiarsi confermando che se non riescono a rompere del tutto, neppure riescono a collaborare con serenità reciproca. Non siamo ancora alla rottura, ma è chiaro, come mi diceva un amico parlamentare del Pd, che “può succedere di tutto perché si è oramai messa in moto una macchina che, come spesso accade, al di là della buona volontà dei singoli, finisce per muoversi da sola”. Ovviamente lui auspica che non vada a sbattere contro un muro, ma neppure lui che conosce vecchi e nuove dinamiche del Pd può mettere la mano sul fuoco su nessuno dei tanti esiti possibili.

Renzi si è presentato alla Direzione smentendo di fatto  l’intenzione di fare un  scelta alla Veltroni, cioè di seguire una linea di autoreferenzialità elettorale. Quella che sei anni fa segnò la fine dell’esperienza veltroniana alla Segreteria di un Partito democratico libero “dai ricatti” dei partiti minori ed il rilancio di un Berlusconi dato per defunto fino a pochi mesi prima.

Matteo Renzi ha esplicitamente detto: “Vedo un simbolo del Pd, ma accanto do per scontato ci sia un raggruppamento di moderati che non vuole stare con il Pd, ma neanche dall’altra parte e presumibilmente una parte della sinistra”. Dunque un Pd che qualche alleanza deve pur fare. Anche con alcuni di quei “partitini” che furono tanto ostici a Veltroni, e che lo sono tantissimo anche a Renzi, ma altrettanto necessari per vincere nel caso fosse varata una legge elettorale come quella presentata alla discussione del Parlamento.

berlusconi brinda

Anche se, improvvisamente, una volta presentata “in tempo” la piattaforma di riforma, come tengono in ogni occasione a ricordare i giovani collaboratori e le giovani collaboratrici del Sindaco di Firenze, è stato tutto rinviato per un qualche tempo. Pausa di studio? Delle reazioni interne al Pd, che ha mal digerito la novità? Delle reazioni di Berlusconi che subito si è messo a gridare che aveva già vinto le prossime elezioni?  Oppure, la sospensione è necessaria a chiarire altre questioni. Come quella legata alla sopravvivenza del Governo Letta?

Resta, in ogni caso, la parola d’ordine sul “tempo scaduto”. In particolare quello per fare le riforme perché è su quel terreno che, a suo avviso, il principale partito del Centro sinistra da una mano al Paese. Così solamente,  sembra dire Renzi, si individua la via migliore per vincere le elezioni, non solamente un problema legato al tipo di sistema elettorale che si va a scegliere. Non è il sistema cosiddetto dell’Italicum che fa vincere o perdere le elezioni. Se il Pd perde con il trio Berlusconi, Bossi, Casini  vorrà dire che il problema “siamo noi”.

Renzi nel suo intervento fa ancora capire che non raccoglie il messaggio delle sirene che lo vorrebbero portare a Palazzo Chigi al posto di Letta anche se non si sa con quanta sincerità. Lui non pone problemi, il Pd non ha mai fatto mancare il suo appoggio in nessun passaggio rilevante. La nostra fiducia è sempre stata costante» “. E’ Letta che deve decidere: «Se ritiene che le cose vadano bene come stanno andando, che vada avanti. Se ritiene che ci siano dei cambiamenti da apporre, affronti il problema nelle sedi politiche e istituzionali, indichi quali e giochiamo a carte scoperte”.

Renzi ha poi annunciato due nuove riunioni del massimo organo decisionale del partito con scadenza settimanale. Quella sulla collocazione europea,  e sulle candidature alle Elezioni  europee, del prossimo 13 febbraio, e quella sul cosiddetto “Jobs Act”- in italiano la legge sul lavoro- prevista per il 20 di Febbraio. A questo punto, invece, il 20 dovrà essere dedicato ad altro, a meno che non diventerà l’occasione per sposare assieme la questione  del Governo con quella di un nuovo rinnovato impegno per il lavoro.

Giancarlo Infante