Annullata al Nuovo Sacher di Roma la proiezione de “L’Ultimo degli Ingiusti”: il film di Claude Lanzmann che riabilita il rabbino Benjamin Murmelstein, accusato di collaborazionismo con i nazisti

Annullata al Nuovo Sacher di Roma la proiezione de “L’Ultimo degli Ingiusti”: il film di Claude Lanzmann che riabilita il rabbino Benjamin Murmelstein, accusato di collaborazionismo con i nazisti

Annullata la proiezione del film “Le dernier des injustes – L’ultimo degli ingiusti” di Claude Lanzmann, annunciata al cinema Nuovo Sacher di Roma.

La pellicola, girata dal noto regista di “Shoah”, riabilita il rabbino di Vienna Benjamin Murmelstein. Fu l’ultimo capo del Consiglio ebraico del ghetto di Theresienstadt, il «ghetto modello» dove venivano portati gli ebrei più facoltosi, in cambio dei loro beni. Arrestato nel 1945 con l’accusa di aver collaborato con i nazisti, il rabbino è stato assolto nel 1946 da un tribunale ceco ed è vissuto fino alla sua morte, nel 1989, “in esilio” a Roma. I suoi rapporti con i confratelli, infatti, erano stati irrimediabilmente compromessi.

“L’ultimo degli ingiusti” ha suscitato diverse polemiche, proprio in merito all’ “assoluzione” che Lanzmann riserva a Murmelstein. Quella del regista è una vera e propria sfida alla condanna abbattutasi sui Consigli ebraici (judenrat), ritenuti collaboratori dei nazisti. Un atteggiamento da lui maturato mentre lavorava al suo lungo film sulla “Shoah”. E’ stato lo stesso Lanzmann, infatti, a confermare di aver capito il ruolo giocato dai Consigli ebraici durante le persecuzioni e di essersi convinto che gli uomini che li componevano fossero stati accusati di collaborazionismo ingiustamente.

“Il rabbino Benjamin Murmelstein è stato l’ultimo capo del Consiglio Ebraico di Theresienstadt. Lo intervistai a Roma per un’intera settimana, nel 1975 – afferma Lanzman -. A mio avviso, Theresienstadt è stata il fulcro, in tutti i sensi, della genesi della Soluzione Finale. Tutte quelle ore di conversazione, piene di rivelazioni inedite, continuavano a ronzarmi in testa e a tormentarmi. Sapevo di essere il depositario di qualcosa di unico (..): è trascorso molto tempo prima che mi arrendessi davanti all’evidenza che non avevo il diritto di tenere per me quelle informazioni. Parafrasando il capolavoro di André Schwarz-Bart, “L’ultimo dei giusti”, Murmelstein si definisce “l’ultimo degli ingiusti”. E’ stato dunque lui a dare il titolo a questo film.”

ultimo degli ingiusti locandina

Lanzmann decise di affrontare, dunque, le delicate questioni che stavano dietro le rivelazioni del rabbino perché si era reso conto che “per il suo ruolo nel Consiglio del campo e per il fatto di essere tornato vivo, era considerato un personaggio ambiguo, un traditore, un collaboratore di Eichmann”, mentre , secondo il regista,“il mondo deve sapere che Murmelstein non fu un collaborazionista, ma aiutò 121mila ebrei a salvarsi, facendoli emigrare in Inghilterra nel 1939”.

Murmelstein, allora, emerge dal film riabilitato. Nella sua posizione di “Decano degli ebrei”, (come veniva chiamato in quanto mediatore tra carnefici e vittime), il rabbino avrebbe cercato, secondo il regista, di alleviare la tragedia delle deportazioni, nei limiti della sua condizione.

Tra le rivelazioni sul film, destinate a far discutere, emerge poi la diversa luce gettata sulla figura di Adolf Eichmann, il funzionario tedesco divenuto, dopo il processo di Gerusalemme del ’61, l’emblema della «banalità del male», secondo l’ espressione coniata dalla filosofa Hannah Arendt. L’opera di Lanzmann si presenta in aperto contrasto con questa visione. Rifacendosi alla testimonianza di Murmelstein, Lanzmann definisce, infatti, vergognose le parole della Arendt: il Decano, che conosceva bene il nazista, lo giudicava piuttosto un demone vero e proprio, un corrotto e, quindi, un emblema perverso quanto di più lontano ci fosse dalla banalità.

Il giudizio che resta da formulare, ora, è sull’Ultimo degli ingiusti.

Isadora Casadonte