Nunzia De Girolamo si è dimessa da ministro perché il Governo non l’ha difesa. La vigilia del dibattito sulla legge elettorale trova tutti i partiti divisi. Fratture nel Pd. Fitto ( FI ) polemico con Berlusconi

Nunzia De Girolamo si è dimessa da ministro perché il Governo non l’ha difesa. La vigilia del dibattito sulla legge elettorale trova tutti i partiti divisi. Fratture nel Pd. Fitto ( FI ) polemico con Berlusconi

Un’altra tegola per Enrico Letta aggrava la già difficile situazione politico parlamentare. Nunzia De Girolamo si dimette da ministro delle Politiche agricole: “Voglio salvaguardare la mia dignità è la cosa più importante che ho. E accusa il Governo di non averla difesa nel “caso” scoppiato per le intrecettazioni sulla Asl di Benevento.

Tutto ciò mentre sembra che si stia per giungere alla resa dei conti sulla legge elettorale, in particolare sulle soglie di sbarramento e sulle preferenze, punti che costituiscono i punti fondamentali dell’accordo raggiunto da Matteo Renzi  e da Silvio Berlusconi. In vista della prima riunione in materia della Commissioni Affari Costituzionali della Camera si susseguono veri e propri ultimatum.  Così, varie questioni si stanno aprendo tra e dentro quasi tutte le forze politiche.

Renato Brunetta, capo gruppo di Forza Italia a Montecitorio,  minaccia che se non ci sarà l’accordo tutto “cadrà” e fa presagire la fine del Governo e della legislatura. L’esponente di Forza Italia sa bene che la minaccia resterebbe tale se la cosa dipendesse dal solo suo partito che, al momento, non è proprio in grado di decidere niente. A meno che non pensino, lui e Berlusconi,  che l’accordo con Renzi abbia di colpo cancellato la realtà dei numeri che oggi ci sono in Parlamento.

Brunetta, comunque, ribadisce che si deve procedere esclusivamente lungo le linee tratteggiate dall’accordo dei due leader del Pd e del Centro destra. Ribadisce anche che l’ossatura dell’accordo è stata tutta pensata da Berlusconi e che l’intesa con Renzi viene da ben prima dalla sua formalizzazione ufficiale. In più, forse preso dall’eccitazione del suo stesso incalzare, si spinge a dire che se si fa la riforma si va al voto.

Sembra, insomma, che  Brunetta voglia soprattutto provocare tensioni e problemi dentro la maggioranza e dentro il Pd. Così Maria Elena Boschi, che gestisce le riforme per conto del Sindaco di Firenze,  corre a rassicurare i suoi dicendo che non é affatto vero. E,  per essere davvero convincente, dice ai suoi della Commissione Affari costituzionali, riuniti nonostante il giorno festivo, che potranno essere presentati degli emendamenti. Il più possibile unitari, però.

renzi alfano

Una situazione complessa e delicata dentro il primo partito italiano. Non è un caso che Angelino Alfano colga l’occasione per presentare, pure lui, in termini incalzanti un dilemma al Pd che, nella sostanza, costituisce un altro ultimatum : il Pd chiarisca, altrimenti è meglio chiuderla con il Governo.

Nel mirino del segretario del Nuovo centro destra, nonché Vicepresidente del Consiglio e Ministro dell’Interno, c’è ovviamente l’accordo tra Berlusconi e Renzi, in particolare, in materia di soglie di sbarramento molto alte e di mancata reintroduzione delle preferenze.

E’ chiaro che le soglie di sbarramento alte danno  ai partiti più forti la possibilità di conquistare il grosso dei seggi parlamentari e, in caso di coalizione, di dare loro l’occasione di farla da padrone arrogante con i partiti minori. La volontà di non reintrodurre le preferenze dimostra, invece, l’obiettivo dei due leader di disegnare  dall’alto, e a loro piacimento, la composizione dei gruppi parlamentari operando una sorta di “militarizzazione” del consenso.

Nel caso di Alfano tutto ciò va contro i motivi ispiratori della sua rottura con Berlusconi. Una rottura molto sofferta  che dovrebbe trovare una sorta di ulteriore giustificazione a posteriori con il varo di una legge elettorale del tutto contraria a spirito e sostanza del cosiddetto “porcellum”.

Ovviamente, a  questo scenario si deve aggiungere la profonda lacerazione interna al Pd. Emersa platealmente  soprattutto a livello di gruppi parlamentari  attraverso  un’ostilità diffusa nei confronti dell’accordo Renzi Berlusconi e  destinata a trovare nella reintroduzione delle preferenze il punto di catalizzazione. L’ex Presidente dei democratici, Gianni Cuperlo, ha già preannunciato l’intenzione dei suoi di presentare numerosi emendamenti. Sono indifferenti  al fatto che Renzi abbia subito chiarito ed avvertito: o l’accordo si prende tutto o niente. Renzi ha poi rincarato la dose ricordando che le preferenze non fanno parte dell’accordo con Berlusconi e, quindi, non se ne parla proprio di reintrodurle.

Per finire, sul fronte del Centro sinistra si deve anche ricordare il Sel  che ha rinnovato la carica di Presidente a Nicki Vendola. Ovviamente vengono critiche a profusione. Se possibile, ancora più accentuate nei confronti del nuovo segretario del Pd e del suo accordo che,secondo Vendola, sarebbe solamente servito a ridare la vita al “Caimano”.

berlusconi fitto

Silvio Berlusconi, però, proprio mentre assiste soddisfatto allo scompiglio suscitato nel campo avversario,  deve improvvisamente affrontare una nuova polemica interna. Quella condotta da uno dei suoi “fedelissimi”: Raffaele Fitto. Uno di peso, anche sul piano elettorale, a differenza dei molti che stanno attorno a Berlusconi. In occasione del ventennale della “discesa in campo” di Berlusconi e della sua prima Forza Italia, Fitto ha riunito i suoi numerosi  sostenitori pugliesi a Bari con il convincimento che il capo del partito stesse per arrivare e si presentasse per un vero e proprio bagno di folla.

Così non è stato. Fitto si è pubblicamente risentito dell’assenza di Silvio Berlusconi. Ha colto l’occasione per confermare come già i due fossero finiti ai ferri corti dopo la decisione che sarà Giovanni Toti il “consigliere” unico di Forza Italia e del leader. Fitto, così, ha approfittato della situazione per ricordare a Berlusconi che farebbe bene a valorizzare, invece, chi in Forza Italia c’è sin dalla prima ora e a Forza Italia si é dedicato per venti anni interi. Lui è uno di questi.

Insomma, nonostante le dichiarazioni ufficiali sotto la patina dell’ufficialità si va all’importante dibattito sulla legge elettorale con la massima di confusione possibile. Una confusione che, evidentemente, riguarda tutti i partiti. Nessuno escluso.

Giancarlo Infante