Il giorno dopo la Direzione del Pd di Renzi Segretario c’è già là prima vittima: il Presidente del Partito Gianni Cuperlo si è dimesso. Inizia una lunga “battaglia” nel Partito democratico

Il giorno dopo la Direzione del Pd di Renzi Segretario c’è già là prima vittima: il Presidente del Partito Gianni Cuperlo si è dimesso. Inizia una lunga “battaglia” nel Partito democratico

Il giorno dopo la prima Direzione del Pd gestita da Matteo Renzi c’è già la prima vittima. Gianni Cuperlo, il presidente che si è ritenuto insolentito dal sindaco di Firenze, si è dimesso. Il primo vero varo della nuova guida del Partito ha quindi già lasciato oltre che a dei feriti e molte polemiche pure un “morto”.  Già con  le prime prime trasmissioni televisive si  è cominciato  a fare i conti con l’accordo che Matteo Renzi dice di aver trovato con Silvio Berlusconi,  soprattutto in materia di legge elettorale. L’unico punto dei tre da lui enunciato che realmente interessa tutti i suoi interlocutori. Anche perché gli altri due, riforma del Senato e delle competenze regionali, necessitano di revisione costituzionale e, comunque, di un dibattito più ampio di quello che richiede una legge elettorale di pochi articoli.

Cuperlo ha lasciato la presidenza del Pd con una lettera al Segretario: “Mi dimetto – scrive – perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere. Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso. Voglio poter applaudire, criticare, dissentire, senza che ciò appaia a nessuno come un abuso della carica che per qualche settimana ho cercato di ricoprire al meglio delle mie capacità”.

1a4400 cuperloUn’altra delle prime vittime rimaste sul terreno é dunque anche il rapporto di cortese opposizione che finora  aveva mosso a Renzi Gianni Cuperlo che ritenutosi insolentito dal Segretario se ne era  andato dalla Direzione in silenzio prima della fine dei lavori per non votargli subito contro.

Un’altra vittima è la sincerità perché, sta chiaramente emergendo in queste ore, che tutti non dicono tutto e che lasciano ampie zone inespresse.  Nonostante tutto, infatti,  Renzi deve stare attento alla minoranza la quale diventa maggioranza nei gruppi parlamentari. Quei gruppi che, poi, materialmente metteranno mano alle votazioni ed agli emendamenti a quei testi legislativi che renderanno vera o meno la concretizzazione sugli accordi di vertice decisi con il cavaliere. Anche quel suo dire che o si prende tutto il pacchetto previsto dall’accordo o non si prende niente è valutato più come un suo segno di debolezza che come un punto di forza.

La minoranza, intanto,  deve stare attenta a non pregiudicare completamente la sopravvivenza di Enrico Letta che in questo momento appare l’unico vero argine di contenimento del Sindaco di Firenze,  in qualche modo costretto a segnare il passo verso l’unico obiettivo vero che lui ha da sempre in mente: Palazzo Chigi.

letta rezni

Così molti giocatori di questa partita,  che è appena agli inizi,  si muovono utilizzando  il metodo del dire senza esprimersi chiaramente e  puntando sulla tattica temporeggiatrice e dando molta fiducia al tempo:  unico arbitro di una politica giocata sull’immagine e sulle dichiarazioni verbali piuttosto che su fatti concreti e scelte operate per un autentico  governo delle  cose.  Molte volte, infatti, è meglio,  piuttosto che rischiare mosse azzardate, aspettare che sia l’avversario a fregarsi da solo.

Formalmente la Direzione del Pd non ha espresso alcun “no” alla relazione del Segretario Matteo Renzi   che ha ufficialmente presentato l’accordo raggiunto con Silvio Berlusconi in materia di riforme costituzionali e di legge elettorale. Renzi  incassa 111 si e 34 astensioni.  Gianni Cuperlo prima di abbandonare  fa un intervento sostanzialmente critico nei confronti di  Matteo Renzi  per il metodo della gestione del Partito e per i contenuti del suo accordo con Berlusconi.

Un’assenza  che, visto il ruolo di Cuperlo, di fatto è il leader più autorevole della minoranza,  è tutto un programma per il futuro. Un annuncio di lotta interna i cui esiti si vedranno, in realtà, quando le proposte di Renzi ed i suoi accordi con Berlusconi arriveranno al vaglio concreto dei lavori delle commissioni parlamentari dove il Segretario del partito può contare ad oggi su di una piccola pattuglia controllata direttamente dai suoi fedelissimi.

renzi-veltroniIntanto, però, Renzi porta a casa un sì’ che a lui farà molto comodo. Anche se non gli sfuggirà certamente che sono stati tanti i “sì” concessi ai segretari del Pd poi  sfumati nel nulla. Bersani docet.

I n ogni caso, nel corso della sua relazione Matteo Renzi  punta sul discorso unitario. Lo fa, per prima cosa rassicurando sul futuro del Governo. Non è da lui che vengono i pericoli. C’è un accordo con Enrico Letta. E’ stato ingeneroso sentirsi dire che mi muovevo per far cadere il Governo di Letta. Attraverso questa operazione,  il Governo di Letta  sarà libero di fare quello che deve fare.

Matteo Renzi spiega così il senso del suo incontro con Silvio Berlusconi e l’intesa raggiunto con il capo di Forza Italia sui tre punti subito illustrati sabato 18 Gennaio al termine del loro faccia a faccia che prevede la riforma del senato, con il superamento del cosiddetto “bicameralismo perfetto”, la modifica del Titolo V della Costituzione in materia di funzioni e costo delle regioni, sulla riforma elettorale.

Con Renzi  si torna al Pd di Veltroni. Quello della “vocazione maggioritaria”. Quello che vuole riformare le regole, anche con la sponda di Berlusconi, per poter governare senza subire i condizionamenti dei partiti minori. Così il Segretario del Pd invita a non fermarsi alla polemica sulla presenza di Berlusconi nella sede 1a4420 renziberldel Partito Democratico. Così come invita a non scandalizzarsi se c’è una convergenza su proposte che possono davvero assicurare la governabilità e l’avvio di un autentico  processo rinnovatore.

Renzi ha chiarito che l’intesa raggiunta serve semmai per non fare nuovamente un Governo con Silvio Berlusconi e non finire nuovamente né a passare le esperienze vissute dai governi Prodi, né quello delle “grandi intese”.

A chi gli diceva che andava bene il confronto con Forza Italia , ma non con Berlusconi , Renzi ha risposto che “parlare con Forza Italia vuol dire parlare, per ovvi motivi, con Berlusconi. Avrei dovuto parlare con Dudù?”. Il riferimento scherzoso ed ironico nei confronti dei suoi critici della sinistra, ovviamente, è quello  al cagnolino di Berlusconi e di Francesca Pascale.

“La legittimazione politica di un leader – ha insistito Renzi- deriva dal consenso che gli viene espresso dai cittadini e pensare che ci sia stato qualcuno che ha resuscitato Berlusconi cozza con la realtà perché Berlusconi è il capo del centro destra. E’ un dato di fatto!” Secondo Renzi avere un giudizio su ciò che è accaduto in questi 20 anni è legittimo,  ma si deve trattare anche con gli altri per raggiungere delle 1a4421 renziregole condivise. “Io- ha precisato- non sono subalterno culturalmente al punto di cambiate idea solo perché le mie idee sono simili a quelle di Berlusconi”. Se si raggiungono riforme e si riesce ad introdurre nuove regole condivise, ha aggiunto il Sindaco di Firenze,  sarà più semplice affrontare gli altri temi che stanno a cuore al Centro sinistra come quelli del lavoro, dell’Europa e tanti altri. “ Non dobbiamo aver paura delle nostre idee e non dobbiamo aver paura a confrontarci con gli altri”- ha concluso su questo aspetto il segretario del Pd .

Renzi ha però precisato che si è di fronte ad un” tutto o niente”. Quello concordato con Silvio Berlusconi , insomma, è un pacchetto che va preso tutto assieme o va rifiutato.

Renzi ha ricordato che la riforma del Senato individuato non parte solo dalla riduzione dalla spesa pubblica bensì nasce dalla oramai storica e consolidata valutazione che  il bicameralismo perfetto  ha dimostrato tutti i suoi limiti. Sono decenni che se ne parla, di commissione in commissione, e non si è risolto niente, ha detto Renzi ricordando che aveva sette anni di età quando ne sentì parlare per la prima volta. A suo avviso siamo di fronte alla conferma che “la politica non ha deciso e non ha inciso”.

1a4422 senatoLa riforma in questione porterà anche alla eliminazione della elezione diretta e riduzione del numero dei parlamentari e l’obiettivo è di definire il pacchetto entro il prossimo 15 Febbraio, mentre l’accordo sulle competenze delle Regioni potrebbe concludersi entro il 25 Maggio portando ad un risparmio complessivo per le casse dello Stato di circa un miliardo di euro.

Secondo Renzi questo è l’unico modo valido per rispondere al populismo di Beppe Grillo da lui accusato di imprigionare i suoi gruppi parlamentari. Grillo a suo avviso ha paura del confronto e della politica e preferisce scappare dal confronto per non perdere. Il Movimento 5 Stelle, ha aggiunto Renzi “ era una speranza di cambiamento che non si sta realizzando perché il cambiamento lo facciamo noi”.

Per quanto riguarda l’accordo in materia elettorale, Renzi ha detto: “Si tratta di un “ciao ciao” a chi voleva il ritorno alla prima repubblica. Noi diciamo ciao. Mettiamo parola fine al sogno di ritorno al passato”. A suo avviso è possibile anche evitare problemi agli alleati che attualmente sostengono il Governo Letta con un meccanismo che punta alla distribuzione dei seggi su base  nazionale e non sui collegi.  Ha ribadito il suo apprezzamento per il cosiddetto “sistema spagnolo” che ruota solo su due grandi partiti e limita il potere dei piccoli partiti, ma ha deciso di accogliere gli inviti a “stare attento”e attenti ai partiti minori. Questo, però, è la sostanza del suo pensiero, questo non significa tornare alle esperienze del Governo Prodi finito per essere schiacciato da una coalizione di piccoli che andavano da Mastella a Bertinotti.

In sostanza, ha detto Renzi, si andrebbe ad un sistema basato su di un premio di maggioranza che con il 35 per cento consentirebbe di ottenere tra il 53 ed il 55 per cento dei seggi. Nel caso in cui nessuno raggiungesse quel livello si andrebbe ad un ballottaggio tra le due coalizioni più votate.

Giancarlo Infante