Quale è la differenza nel lessico del teatro fra “comico” e “capocomico”? Il primo si presenta in teatro, in un cabaret o alla televisione e con se non ha che la sua persona e le sue battute. Tutt’al più si avvale di una “spalla”. Il capocomico, invece, oltre a recitare, è colui che dirige una compagnia, sceglie i testi da mettere in scena, forma il cast, distribuisce le parti, sta attento al botteghino, cura l’amministrazione.
Per restare nella metafora, Beppe Grillo nella vicenda delle elezioni sarde ha dimostrato ancora una volta di essere padrone del palcoscenico, ma fortemente incapace di gestire l’ insieme della baracca, dove inevitabilmente sono comprese le stonature del tenore, i capricci della prima donna e le miserie dei comprimari. Fra le cose che avrebbe potuto fare per domare una situazione che in tutta evidenza gli è sfuggita di mano, Grillo, ha fatto quella più spettacolare, ma anche quella più penalizzante per il pubblico pagante: ha interrotto lo spettacolo.
Perché è di politica che stiamo parlando. E di uomini che la dovrebbero esercitare avendo come unica bussola il bene comune, lo sviluppo economico e culturale del proprio Paese, l’avvenire dei giovani. Questo vale per Berlusconi, per Renzi, per Vendola, per Alfano, per Meloni, per Monti, ma anche per Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
“Non eravamo pronti”, è stata la parola d’ordine ripetuta come una cantilena da tutti i portavoce che alla radio e in televisione in queste ore hanno cercato di spiegare agli italiani il perché di una scelta che irride, si voglia o no, a quel quasi trenta per cento di elettorato che alle politiche ha fatto del Movimento di Grillo il primo partito in Sardegna.
“Non eravamo pronti” sono le parole con le quali l’onorevole Colletti ritiene di liquidare la ritirata scomposta in Sardegna del movimento a cui appartiene.
Non è per fare una facile ironia che tiriamo in ballo la rete. La rete c’entra e come nelle paranoie del 5Stelle. E’ ora di dire infatti che forse in troppi si sono, ci siamo, illusi che le nuove tecnologie potessero di colpo risolvere gran parte delle contraddizioni insite in ogni forma di democrazia. Si è visto che non è così. Si è visto che se c’è una cosa che è fallita clamorosamente è proprio la comunicazione fra elettori ed eletti, fra eletti e fondatori. Basta affacciarsi ad uno dei tanti forum territoriali per toccare con mano, salvo rare eccezioni, quale caos vi regni, su quali beghe inutili si arrovellino gli attivisti.
Non avendo fatto niente di tutto questo, Grillo si è riservato il diritto di chiudere il sipario. “Non siamo pronti”, ha tagliato corto. In pratica è come se avesse detto ai sardi “tornate un’altra volta”. E i posti di lavoro? E la disoccupazione giovanile? E le piccole e medie imprese che chiudono? E la sanità , l’ambiente, che dipendono dalla Regione? Tutto rinviato al giorno che la prima donna avrà riacquistato il fiato per il “do di petto”.
La verità è che questa volta il “vaffa” Grillo lo ha sputato in faccia ai suoi elettori.
Claudio Pavoni
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