La rivoluzione “touch screen”, ovvero lo schermo di terza generazione, viene dall’Italia. Uno schermo intelligente, flessibile, sensibile alla pressione delle dita e magari, chissà forse in in futuro non lontano, anche al tipo della pelle o alle stesse impronte digitali. Un percorso intenso ma veloce, perfettamente in linea con la “tempestica elettronica”, ideato e messo a punto tra l’Università Sant’Anna di Pisa e i tavolini di in caffè. Poi, una corsa tra avvocati, commercialista e notaio. L’impresa è nata. Un tassello di quel settore noto come l’elettronica di consumo, ovvero prodotti ultra resistenti e a basso costo, che promette straordinari risultati in poco tempo.
Il prototipo è messo a punto e si chiama Sem+. Miente vetro, un solo strato di plastica che assicura resistenza, flessibilità, integrazione con altri materiali. E il nuovo “touch screen” è realtà. La richiesta di brevetto è stata presentata. Ma occorre denaro, e in grande quantità. Gli inventori sono tre, tutti tra i 27 e i 30 anni. E così Silvano Furlan, Alessandro Levi e Matteo Piovanelli per trasformare la loro ricerca in un’impresa sono andati negli Stati Uniti, in Silicon Valley. Un milione e mezzo di dollari, solo per avviare lo sturt up. Cinque volte di più per trasformare il prototipo in un prodotto finito.
Ora è il momento della ricerca dei capitali. Per i nostri “magnifici tre” l’ideae sarebbe che si facessero avanti investitori italiani. Ma la realtà è quella che è, e tutti son consapevoli che si tratta solo di un sogno. Anche se, come sempre, la speranza è l’utima a morire. Perc cui i loro occhi son puntati negli Usa, “Nel posto giusto, la Silicon Valley”. Levi e Piovanelli lavorano già in California, nell’acceleratore Plug and Play Tech Center, da cui Sem+ ha ricevuto assistenza e un piccolo finanziamento. Tra breve saranno raggiunti anche Furlan che sta completando le sue ricerche altrove. Oltretutto la finale di ottobre a Berkeley li attende da protagonisti.
Veronica Gabbuti