Piero Maraga. 55 anni. 4 figli. La passione per i motori e le carrozzerie d’epoca ce l’ha nel sangue. A Roma, continua l’attività ereditata dal padre, ma soprattutto dal nonno, il mitico Pierino, che l’avviò fondando la Maraga & Tattini nel 1918. Pierino Maraga era il realizzatore delle auto preferite da sua Eccellenza il Duce, Cavalier Benito Mussolini. Aveva iniziato come costruttore di carrozze. Poi, intuì la rivoluzione portata dall’automobile. Trasferì i suoi ebanisti, i suoi lavoratori del cuoio, i suoi fabbri dai calessi e dalle carrozze a li portò ad occuparsi di chassis e di motori.
Quello che ne usciva fuori erano modelli unici ed irripetibili. Quelli che, appunto, piacevano anche a Mussolini il quale più volte si rivolse a Maraga per avere modelli particolari di Alfa Romeo. Quelli che, con altri Fiat del tempo, venivano realizzati fuori serie da Pierino e dai suoi artigiani dal livello ineguagliabile.
“Ma mio nonno non era affatto fascista. Lui si occupava solamente delle macchine. Erano vetture che oggi potrebbero costare dai 300 ai 400 mila euro, tanto per dare il senso della qualità delle realizzazioni fatte da mio nonno…”
… la passione delle auto gli veniva?…
“…dal fatto che, una volta arrivato a Roma, da Amelia, si era messo a realizzare carrozze. Dolo la fine della guerra del ‘15, ‘18 , i ricchi e le famiglie nobili si fecero conquistare dalle automobili. Ovviamente, arrivò anche il Duce che gli chiese la realizzazione di diversi modelli. Autentici capolavori d’arte. Mio nonno, che già produceva carrozze di lusso, trasformò i falegnami, i maestri d’ascia, gli ebanisti, i tappezzieri in creatori di automobili. Prendevano le scocche, il motore, le gomme da Alfa e Fiat e, poi, loro facevano tutto il resto. Modelli unici ed irripetibili. Non erano auto di serie. Per questo venivano dette “fuoriserie”.
“ Io ci sono cresciuto. Anche se, purtroppo, non ho conosciuto mio nonno morto sotto i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Mio padre, Luigi, ha continuato a lavorare nella stessa officina del nonno, lungo la via Flaminia, poco dopo Piazzale Flaminio, quasi di fronte al Ministero della Marina. Io stesso c’ho lavorato fino a quando ci siamo dovuto trasferire perché l’officina era dentro le stalle di Villa Poniatowski. Questa è stata acquistata dallo Stato nel 1989 per l’ampliamento del Museo Nazionale Etrusco di Valle Giulia”.
In quelle officine si svolse un parte delle vicende del delitto Matteotti. Sempre collegate al Duce, dunque?
“ Si, perché Amerigo Dumini (il capo della banda che sequestrò ed uccise il deputato socialista, n.d.r.) portò la vettura con cui avevano rapito Matteotti e sulla quale questi era stato pugnalato a morte. Avevano ridotto la macchina in condizioni tali che doveva essere rifatta tutta la tappezzeria più dovevano essere riparati i danni procurati alla carrozzeria.
Cosa è rimasto del mondo così affascinante di quelle prime automobili? A Roma è un settore seguito?
“Purtroppo non c’è rimasto molto. A Roma ci sono pochissimi appassionati. Non c’è un mercato. Al Nord è un po’ diverso. Anche per i pezzi di ricambi dobbiamo andarli a cercare da quelle parti. Non abbiamo la consuetudine dei grandi raduni che, nel nord Europa, avvengono quasi ogni domenica ed in ogni stagione dell’anno. Qui, chi ha delle auto d’epoca se le tiene in garage e, salvo rare eccezioni, non li vedi in giro con le loro vetture”.
Lei sa se esistono ancora vetture realizzate ai tempi di suo nonno. L’idea di produrle oggi?
Questo, però, vuol dire perdere professioni, capacità tecnologiche…
“ Certo. Pensi al valore di chi lavorava su certe vetture. Dai tappezzieri agli ebanisti, Ora si trova qualcuno, pensi un po’, di capacità inventive simili solo tra gli immigrati. Vengono da realtà dove manca di tutto, a partire dai pezzi di ricambio e, così, si devono ingegnare a ricostruire le cose da soli”.
Intervista di Giancarlo Infante