8 Settembre 1943: vergogna e parziale riscatto

8 Settembre 1943: vergogna e parziale riscatto

Uno dei giorni più drammatici e più vergognosi per la storia dell’Italia moderna. Anche, però, il giorno in cui comincia un parziale riscatto per un Paese trascinato in una terribile guerra da una classe dirigente che nei momenti cruciali si è quasi sempre dimostrata opportunista, provinciale e senza alcuna consapevolezza della necessità di un impegno etico nella gestione degli affari della politica e del bene comune.

L’8 Settembre 1943 emergono in maniera evidenti i limiti ed i pregi del cosiddetto “carattere” dell’Italia e degli italiani. Un tema su cui si è consumato fiumi d’inchiostro senza, in realtà, venire a capo di una questione che forse non esiste, o su cui non mette conto neppure il parlarne. Una questione che si ripropone periodicamente ogni volta che un grande evento costringe il Paese ad una scelta radicale ed inevitabile.

70 anni fa, in realtà, si dissolse l’Italia e vennero sotto il fuoco del riflettore solo gli italiani. Le singole persone. Con i loro pregi e difetti. Con i loro eroismi domestici e le loro vigliaccherie. Spesso anche coesistenti.

Cerimonia con il re

Cerimonia con il re


L’Italia tornò ad essere solamente una mera “entità geografica” perché esplosero due questioni di fondo nate e non risolte con l’Unità d’Italia: quella delle classi dirigenti e quella dell’unità vera, sostanziale, del Paese.

L’8 Settembre fu una fuga di responsabilità da parte del Re, di Badoglio e degli altri generali che fino al 25 Luglio avevano la sola preoccupazione, salvo rarissimi casi, di procurarsi esclusivamente il ben volere di Benito Mussolini. Quel Duce che l’8 Settembre si trovava confinato sul Gran Sasso da dove sarà comunque liberato pochi giorni dopo dai tedeschi che, di fatto, lo misero sotto tutela.

L’8 Settembre 1943 esplosero tutti gli equivoci di una politica ventennale che, quasi esclusivamente basata sulla retorica di una impossibile grandezza, all’esterno si basava sul “bluff” ed all’interno non aveva risolto i problemi della crescita culturale, sociale ed economica di un Paese rimasto ancora prevalentemente agricolo ed arretrato.

Fanti italiani

Fanti italiani


Un Paese che contrapponeva i ridicoli “otto milioni di baionette” alla nuova tecnologia che già stava modificando i fondamenti stessi delle guerre nell’era moderna ed ai problemi di approvvigionamento di materie prime da cui l’Italia era resa estremamente debole nel caso di un conflitto generalizzato.

La fuga verso Brindisi fu indubbiamente provocata anche dalla improvvida dichiarazione a Radio Algeri del generale Dwight D. Eisenhower che anticipò l’annuncio dell’armistizio ed il passaggio di campo dell’Italia, in coincidenza con l’ Operazione Avalanche (Valanga), come fu battezzato lo sbarco di Salerno.

L’abbandono del Re e dei suoi generali di Roma e dell’Italia del Nord consistette, allora, in un concitato ritiro da un campo di battaglia da parte di un comando supremo che conosceva benissimo le condizioni in cui l’Italia era stata gettata nella mischia di una guerra mondiale senza alcuna preparazione e senza i mezzi necessari ad affrontare una così “impari lotta”.

Generale Pietro Badoglio

Generale Pietro Badoglio


Già, la “impari lotta” di cui Badoglio parla nel comunicato emesso per annunciare agli italiani come stessero le cose dopo aver vissuto in una specie di “limbo” a partire dall’arresto di Mussolini il 25 Luglio precedente, alla conclusione del Gran Consiglio del Fascismo.

« Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Peccato che i tedeschi si fossero già organizzati ed avessero già fatto affluire ingenti truppe al di qua del Brennero. Peccato che le nostre truppe, in Italia e all’estero, non fossero state minimamente preparate. Anche nel timore di una anticipata reazione ostile da parte degli ex alleati.

Così, in sostanza, consapevoli del fatto di essere assolutamente incapaci di confrontarsi alla pari con le truppe di Hitler si fece l’unica cosa possibile: lasciare Roma alla chetichella. Lasciare l’esercito allo sbando.

Corazzata Roma colpita

Corazzata Roma colpita


Si provò solamente a salvare la Regia Marina, ma i tedeschi riuscirono ad affondarci la corazzata Roma. Chi restava se la sarebbe cavata da solo.

Ognuno avrebbe deciso il da farsi e valutato gli eventuali prezzi da pagare. L’8 Settembre, così, segnò il drammatico destino dei nostri militari di Cefalonia, fucilati a migliaia per non consegnarsi da prigionieri ai tedeschi. I tanti abbandonati nelle lande russe o sui monti dell’Albania, della Jugoslavia e della Grecia.

Anche gli italiani rimasti al di sopra di Salerno se la dovettero cavare da soli. A Roma, a Porta San Paolo, valorosi ufficiali, ed altrettanto valorosi soldati e qualche civile in armi, resistettero per qualche ora ai tedeschi.

I primi militari sbandati antifascisti, o per un autonomo recupero di dignità, o disgustati dal regime e di quello che avevano visto sotto le armi, presero le vie dei monti. Così nacque il movimento partigiano italiano cui porteranno poi sostegno e nuove forze i partiti dell’Italia prefascista.

Quelli che avevano capito da subito, vent’anni prima, quale sarebbe stato lo sbocco finale di una esperienza basata su di una finta modernità e su di uno sguardo, nella realtà, profondamente rivolto al passato.

Gruppo di partigiani

Gruppo di partigiani


Un passato in cui la gente comune non contava niente e tutto veniva risolto in ristretti circoli più o meno elitari, più o meno competenti, più o meno consapevoli di dove stessero conducendo la Storia ed il Cammino umano.

Giancarlo Infante