Come si potrebbe definire questa spiaggia che fu la prima a sorgere sul litorale maremmano 40 anni fa e che ora è tra le più frequentate dai turisti che vengono a Capalbio? Mi viene in mente il termine giapponese Shibumi, titolo del libro di Trevanian, che approssimativamente significa sobrietà, o più precisamente la raffinatezza celata sotto dimesse apparenze. E’ questa la filosofia di vita dei suoi clienti che si ciondolano nel corso dell’estate tra il ristorante, la doccia, l’ombrellone e un bagno con piacevoli intervalli di chiacchierate tra amici. E aggiungerei una sobrietà condita con quel sano atteggiamento scanzonato maremmano,, che rende l’atmosfera ancora più familiare e vera.
Incontriamo Roberto Dominici, l’attuale gestore. Quando avete iniziato esattamente?
“I lavori a settembre del 1973, e a marzo del 1974 la spiaggia era pronta per la sua prima stagione. Eravamo i primi di tutto il comune di Capalbio (lo dice con un grande sorriso). C’era anche il ristorante realizzato con pannelli di canne intrecciate e con mia madre ai fornelli. La spiaggia era di circa 50 metri di profondità (oggi 30) e 110 di lunghezza. Il primo anno a
“Quando abbiamo aperto intorno non c’era nulla – continua Roberto – tantomeno un territorio pronto al turismo. Era una zona prettamente rurale. Esistevano solo Capalbio Scalo, Borgo Carige e Capalbio paese, e i suoi abitanti. L’idea di tutto questo venne proprio a mio padre. Noi veniamo da San Quirico di Sorano, nel grossetano, e ci siamo trasferiti a Capalbio nel 1960 quando lui aveva avuto il posto di direttore amministrativo della Riserva turistica di caccia a Capalbio”.
“Poi aveva messo su un’officina di riparazioni di macchine con un altro socio – ci dice ancora – e in quel periodo frequentavamo Ansedonia, la spiaggia della Tagliata.
Raccontami qualcosa della gente che ha frequentato Macchiatonda.
“Tutte le persone che hanno frequentato Capalbio dagli anni settanta, ottanta in poi, sono passate da qui perché eravamo l’unico stabilimento del litorale. Da Occhetto ad Asor Rosa, Lidia Ravera, Luca Pavolini. Tutta la sinistra era qui”.
“Questo mi deriva, e sto cercando di trasmetterlo alle mie figlie, che ora gestiscono il ristorante, dai miei genitori. Mia madre cucinava per la gente come cucinava per noi, non creava piatti particolarmente elaborati. Lei voleva essere genuina come lo era con noi. Il rapporto non era gestore cliente, ma quello di una famiglia allargata. E questo è il nostro impegno. Io cerco di far sentire a proprio agio il cliente, ma se il cliente si propone in maniera arrogante rispondo di conseguenza, tirando fuori il mio carattere maremmano che come si sa non guarda in faccia nessuno”.
Poi questa caratteristica è stato il vostro punto di forza.
Mentre si chiacchiera con un bel bicchiere di vino bianco fresco in mano, alle spalle il mare in abito da sera, la brezza che inebria, Roberto mi racconta una serie di aneddoti dei vari personaggi che con più o meno arroganza hanno espresso il famoso epiteto: Ma lei non sa chi sono io? Perché se io voglio da domani la faccio chiudere! Insomma tutte quelle manifestazioni di una classe di persone che arrivate al potere, per lo più romani appartenenti alla classe politica, pensano di arrivare qui in brache di tela a dettar legge.
Gli chiedo anche due parole sul problema delle concessioni che rischiano di togliere alla sua azienda familiare la possibilità di continuare a tramandare il lavoro iniziato negli anni ’60.
“Ora ci dicono che siamo in proroga fino al 2020 e quindi vediamo. Queste sono promesse. Da qualche tempo hanno stabilito che le concessioni possono andare all’asta. Io comprendo che sia giusto aprire le possibilità anche ad altri, però questo significa che non solo si perdono i diritti sullo spazio ma anche sulle strutture da noi costruite. Se perdi la gara perdi tutto quello che hai realizzato finora.
Così dopo questo ultimo accenno al futuro della spiaggia, si ritorna al presente e iniziamo a gustare l’inizio della serata. Su un grande telo vengono proiettate le foto dei vari clienti di Macchiatonda che vedono bambini ora adulti, ragazze ora signore, baldi ragazzotti ora appesantiti da un dolce giro vita. La musica si alza e piano piano si balla. I ragazzi si fanno anche il bagno, si beve, si parla ma sempre tutto in grande stile Shibumi, sobrietà sopra ogni cosa.
Giusy Lauriola