Il caso kazako ed un “giro” di prefetti? Gli errori di una vicenda gestita con i piedi.

Il caso kazako ed un “giro” di prefetti?  Gli errori di una vicenda gestita con i piedi.

Grandi giri di walzer annunciati al Ministero dell’Interno ed alla Polizia di Stato a seguito delle note vicende della espulsione forzata della moglie del dissidente kazako Ablyazov. Nessuno ne parla ufficialmente al Viminale e negli altri Palazzi romani. Chi lo fa sostiene che si tratterebbe di cose annunciate da tempo. Alcuni nel Pdl, tra l’altro, aspettavano tali avvicendamenti per togliersi alcuni sassolini dalle scarpe, quale sembrerebbe essere, ad esempio, quello del Prefetto a capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli.

“Promoveatur ut amoveatur” dicevano i latini, e dicono tuttora in Vaticano e nei palazzi dove si è abituati a gesti felpati, quando si doveva punire qualcuno. Ma punirlo solo fino ad un certo punto! Magari, costretti a scegliere la via della promozione per allontanare qualcuno da un posto dove proprio non può rimanere. L’interessato se ne starà zitto perché la promozione mitiga la rimozione.

Dopo il terremoto delle ore scorse, che ha smosso persino il Governo Letta; che ha costretto il Presidente Giorgio Napolitano ad intervenire con forza a sostegno dell’esecutivo; che ha portato il Pd alla lacerante decisione di votare “no” alla sfiducia nei confronti del Vice Premier e Ministro degli Interni, nonché Segretario del Pdl; che ha costretto alle dimissioni un “potente” di Stato, cioè il Capo di Gabinetto di Angelino Alfano, il Prefetto Giuseppe Procaccini; che ha fatto chiedere al Ministro Alfano le dimissioni del Capo della Segreteria del Capo della Polizia, Prefetto Alessandro Raffaele Valeri, insomma, un terremoto cui sta seguendo un lungo ed agitato “sciame sismico” politico istituzionale, era inevitabile che si desse in pasto alla pubblica opinione, e ad una parte del Parlamento, qualche “colpevole”.

In Italia non si cerca mai di capire il perché di un fatto. Si cerca sempre di sapere solo chi è il responsabile. Punito lui, torna tutto a posto, e si può continuare come prima!
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Napolitano, Letta, Alfano e, persino, Berlusconi hanno dettato la linea: la colpa non è da cercarsi a livello politico. Forse qualcuno di costoro sostiene questa tesi per un proprio tornaconto? Se il Governo ha ben operato, però, il pasticcio c’è e non può essere ignorato. Qualcun altro l’ha combinato ed è giusto che paghi. Va deciso da chi e come. In aggiunta al Prefetto Procaccini che, sapendo come andavano a finire le cose, ha preferito sbattere la porta da solo.

In questo caso, sarebbe già stato deciso nelle ultime ore chi deve pagare e come. “Promoveatur ut amoveautur”. Un po’ di prefetti e questori, incaricati di fare nel modo migliore possibile una cosa che, invece, si è rivelata fatta con i piedi, saranno promossi per essere puniti.

Da quello che ha appurato Romasettimanale.it, infatti, e su cui sta cercando di approfondire ulteriormente, nella vicenda potrebbe essere intervenuto un importante imprenditore del nord con forti interessi in Sicilia, Kazakistan e in Piemonte.
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Amico di personaggi di altissimo livello romani, lombardi e siciliani. Amico del Presidente kazako Nursultan Nazarbayev. Intermediario tra lui e politici importanti in Italia e in Sicilia. Quale ruolo ha avuto nella bella pensata di organizzare, come “regalo” per il Presidente kazako, il sequestro “ufficiale” del dissidente, una volta che questi fosse tornato da Londra, dove ha riconosciuto il titolo di rifugiato politico, a Casal Palocco, che si trova tra Roma ed il suo litorale?

A volte, però, anche per le persone geniali, intraprendenti, di successo e dalle amicizie importanti vale il detto che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. E, senza coperchi, dalle pentole vengono fuori gli errori.

Il primo errore dell’operazione sarebbe stato compiuto quando, in alta sede, per evitare problemi imbarazzanti, magari d’accordo con emissari kazaki, si decide di fare tutto all’insaputa dei servizi di sicurezza italiani. Meglio adoperare amici della Questura di Roma. Non importa se non sono proprio esperti nelle espulsioni. Tanto, in 40, sarà uno scherzo bloccare il kazako e la famiglia e li si imbarcherà subito su un aereo. Chi lo verrà mai a sapere?
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Ci si guarda bene di informare la Farnesina perché, forse, la Bonino si potrebbe fare intenerire visto che di mezzo ci sono una donna ed una bambina di sei anni. Meglio evitare anche l’Interpol perché questa potrebbe obiettare il fatto che l’uomo gode dello stato di rifugiato politico in un altro paese dell’Unione Europea.

Secondo errore. Si viene a sapere che l’uomo atterra a Roma e si sta dirigendo verso casa. Ma non è vero. O, comunque, l’uomo a casa non c’è e gli agenti, senza esperienza in fatto di espulsione, dopo aver fatto l’irruzione vengono convinti dai rappresentanti kazaki a prendere, comunque, madre e figlia perché non avrebbero i documenti a posto. In casa ci sono dei parenti dell’esule kazako e della moglie, ma devono essere lasciati in pace perché i loro documenti sono, invece, ineccepibili.

E’ questo il terzo errore, conseguente al secondo: invece di lasciar perdere tutto, si prendono i due “ostaggi” per fare pressione sul dissidente e si lasciano alle spalle dei testimoni che, ovviamente, non appena i poliziotti se ne sono andati, si attaccano al telefono ed avvertono gli avvocati.
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A sirene spiegate il pattuglione dei 40 agenti della Questura di Roma, inesperti in fatto di espulsioni, corre a Ciampino. Sono tutti pronti ad inciampare nel quarto errore, maturato nel frattempo. Nessuno ha pensato a tenersi buona la polizia di frontiera. Dipende sempre dal Ministero dell’Interno, ma da un’altra direzione e si intende di cose internazionali e di espulsioni.

Questi scocciatori capiscono subito che qualcosa “puzza”. Ma come, si chiedono, e forse, chiedono, viene arrestata della gente straniera da consegnare alla giustizia di un altro Paese e non c’è nessuno dell’Interpol? C’è, invece, l’Ambasciata del Paese interessato al gran completo, con l’ambasciatore in testa. Cose mai viste, che insospettiscono!

Anche perché l’aereo dove vengono fatte salire la donna e la figlioletta è un aereo privato. Pare, neppure kazako. Risulterebbe affittato da un privato. Sarà mica l’imprenditore italiano con interessi in Piemonte, Sicilia e Kazakistan?

RomaSettimanale.it viene a sapere di momenti di forte tensione sotto l’aereo. Sembra che qualcuno abbia anche chiamato la Farnesina, ma è ancora tutto da appurare. In ogni caso, si sviluppa un consistente traffico telefonico con i vertici della Polizia ed il Ministero dell’Interno. Alla fine, la Polizia di frontiera deve cedere. Cosa deve fare? “Ubi maior minor cessat”.

Il finale è noto. L’operazione destinata a restare segreta esplode con la forza di un boato atomico sulla Polizia ed il Ministero. L’ondata si propaga verso Palazzo Chigi, Montecitorio ed il Senato. Si corre ai ripari, ma male! Non si riesce nella fretta ad impostare una strategia di difesa comune nel Ministero e tra i vertici del Ministero e la Polizia.

La Bonino dalla Farnesina, a questo punto, capisce che è meglio defilarsi da quella storia. Magari, anche per depurare da eventuali scorie il comportamento di sue diramazioni informative ed aereoportuali. Probabilmente gente della Farnesina è bene informata sull’imprenditore con interessi in Piemonte, Sicilia e Kazakistan.

I servizi, una volta tanto, gongolano. Abituati a sentirsene dire di tutti i colori, sanno invece che non avrebbero mai combinato tanti pasticci, tutti assieme. Imparate a criticarci sempre e a non fidarvi di noi!
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Dopo lo sfacelo delle ultime ore, con Alfano che, da capo dei segugi, é trasformato in lepre inseguito dai cacciatori, si è dovuto correre ai ripari. Il Ministro ha letto in Parlamento una relazione che fa acqua da tutte le parti. Ma, tanto, poteva essere scritta pure peggio, poco cambiava: il Governo, infatti, non può cadere. Anche il Pd se ne sta facendo una ragione. Bisogna, però, trovare un’altra soluzione: cambiamo un po’ di prefetti e questori.

Mandiamo i geniali strateghi dell’affare kazako in qualche sede diversa. Magari Palermo? Milano? Insomma, parola d’ordine:“facite ammuina”! Ma anche qui, attenzione, con la “ammuina” a non fare l’ennesimo errore. Sarebbe il quinto!

I sindacati cosiddetti prefettizi, cioè degli alti funzionari dello Stato, Prefetti compresi, abituati a farsi la loro carriera anche lontano dai palazzi del potere romano, infatti, non sono proprio contenti di lasciare i propri incarichi a colleghi che vengono dalla Polizia e che ne hanno combinate di tutti i colori per compiacere i loro padrini politici e gli amici di costoro con interessi in Piemonte, Sicilia e Kazakistan.

Giancarlo Infante