La giornata della dimissioni mancate dopo quelle del capo Gabinetto degli Interni Alfano e Calderoli restano ai loro posti

La giornata della dimissioni mancate  dopo quelle del capo Gabinetto degli Interni  Alfano e Calderoli restano ai loro posti

L’Italia è sempre la stessa delle tre scimmiette. O, se preferite un altro dei detti tipicamente italici, quella del “non c’ero, ma se c’ero dormivo”. E’ l’Italietta dove volano sempre gli stracci e dove qualcuno, potente, ma non sempre abbastanza, finisce per pagare per chi è più potente di lui. E ancora: è l’Italia dove l’impudenza finisce sempre per trionfare perché i primi che non hanno decoro di loro stessi sono spesso, troppo spesso, i cosiddetti potenti.

Parlo, per chi non l’avesse capito, o facesse finta di non capire, dei due casi di dimissioni mancate. Due le vicende, molti i personaggi. Ancora di più le mezze calzette di questa Italia inguaribilmente vigliacca, ipocrita ed incoerente.

Partiamo dal caso kazako che ha investito in pieno alcuni ministeri ed istituzioni importanti. In particolare, quello degli Interni e la Polizia di Stato. E’ stato deciso che il Ministero degli Esteri non c’entra e prendiamo per buona la cosa.
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Tutto si chiude con le dimissioni del prefetto Giuseppe Procaccini, Capo di gabinetto del Ministro degli Interni. Era la terza volta che assumeva una tale carica. Non è un pivello alle prime armi! Sembra che si sia dimesso lui perché il Ministro non c’entra proprio niente. La catena di comando, lo ha detto lo stesso Alfano in Parlamento, ad un certo punto si è interrotta e, quindi, il Ministro non è stato informato.

Si vede che Angelino Alfano si sceglie come collaboratori gente che decide se e quando informare il Ministro su casi cosi delicati. Non c’è un metodo consolidato e verificato. No!, decidono a seconda delle giornate!
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Dobbiamo, dunque, pensare che si tratta di funzionari di lungo corso non in grado di capire quando qualcosa “puzza”? Io, avendone conosciuti molti di questi grandi “commessi di Stato”, non sono propenso a considerarli così stupidi. Mentre sono convinto, invece, che è gente seria. E proprio perché seria, al momento opportuno, si prende anche colpe non proprie. Fa parte delle regole del gioco!

Così, ci siamo giocati Procaccini. Reo del fatto che un giorno ha avuto da solo la bella pensata di ricevere l’ambasciatore kazako. Costui, astuto come il demonio, si era messo alla ricerca in prima persona di un suo connazionale che, ai kazaki, risulta essere un truffatore, mentre il resto della comunità internazionale lo considera un oppositore del regime.

Il Procaccini, del tutto autonomamente, scorda che le richieste di arresto di un fuggiasco all’estero, di solito, si fanno tramite l’Interpol e non attraverso l’ambasciatore del Paese interessato. E’ stato, quindi, Procaccini, in tutta autonomia, ad indirizzare l’ambasciatore kazako alla Polizia di Stato e, poi, a considerare la cosa chiusa là! Che se la sbrigassero i celerini!
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Alla Polizia di Stato la cosa non è gestita dal Capo della Polizia, ma dalla sua segreteria. Del resto, con gli oltre 600 mila euro al mese che prende il Capo, è possibile che lui debba perdersi dietro le piccole vicende di un kazako, della moglie e della figlioletta di sei anni anche se sembra siano più ricercati di Bin Laden? No, no, il Capo della Polizia non c’entra niente: è colpa del responsabile della segretaria del Capo della Polizia.

E’ chiaro, lo avete capito, mi sto divertendo a sparare sulla Croce Rossa. Tanto è evidente che la versione spiattellata oggi alla Camera dei Deputati, dal Ministro Alfano, non reggerebbe se non dovessimo fare finta del contrario. Non regge perché se fosse vera, comunque, dovremmo rifiutarci di farci governare in questo modo e da questa gente. Meglio le tre scimmiette! Almeno, loro, sono pure simpatiche nella loro strafottenza!

Ma, del resto, questo Paese, oggi, non è in grado di reggere ad una crisi di Governo innescata dalle dimissioni di Angelino Alfano. Così, tutti devono ritrovarsi d’accordo nel dire che non hanno funzionato gli uffici… Letta che sa benissimo come sono andate le cose ha ringraziato il cielo che dovesse assolutamente volare a Londra a parlare con i finanzieri più importanti del mondo. Li deve invitare a “scommettere” sulla ripresa dell’Italia. E chi non scommetterebbe su un Paese del genere!
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L’altra vicenda delle due attese dimissioni è quella di Roberto Calderoli. L’ha fatta grossa e lo sa. Forse pensava che la Lega fosse così scomparsa dagli schermi radar degli italiani da poter dire tutto quello che gli passa dalla testa. Non è stato così e le “delicate” parole espresse nei confronti della ministra Kyenge hanno finito per fargli chiedere le dimissioni da circa 60 milioni di italiani.

A questi si potrebbero aggiungere i lettori di quasi tutti in giornali europei che non hanno visto l’ora di scrivere sulle sue recenti imprese per sputtanare tutti noi italiani. Ma lui, o perché non sa le lingue, o perché usa i giornali con altre finalità, o perché se ne frega, a tutta questa gente non dà importanza alcuna.

E’, così, intervenuto al Senato, di cui è Vice presidente, non dimissionabile, e questo é un guaio, per dire che la sua è stata una grave mancanza. Ma, siccome nel Direttivo del Senato non glielo hanno chiesto esplicitamente in un numero sufficientemente ampio, lui non si dimette. Ha, in ogni caso, ribadito le scuse alla ministra Kyenge che a me sembrava incapace, a quel punto, di scegliere tra il mettersi a ridere o a piangere. Calderoli, allora, resta al suo posto perché le dimissioni non gliele hanno chieste per benino le persone giuste.
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Tanto per non distaccarci troppo dalle tradizioni italiche, Maroni ed Enrico Letta, in precedenza, si erano parlati al telefono. La linea doveva essere fortemente disturbata. Sì, perché, alla fine, Letta era convinto di essere stato chiaro: vedi un po’ tu di farlo dimettere. Maroni, invece, era certo di essere stato rassicurato dal Presidente del Consiglio sul fatto che non ci sarebbero state ritorsioni sull’Expo 2015, cui la Lega ed il Presidente leghista della Lombardia, cioè lo stesso Maroni, tengono solo per un fatto affettivo.

Maroni, insomma, e tutti quelli tra i suoi interessati al giro d’affari dell’Expò, considerano quella di Letta una “scivolata” ed il fatto può essere ritenuto rientrato. Errore , fa sapere Letta, in viaggio verso Londra: “Altro che tutto rientrato. La scivolata è solo quella di un leader che non riesce a far dimettere Calderoli da vicepresidente del Senato. Purtroppo è una carica che non è oggetto di voce di sfiducia, ma così facendo Maroni è correo dell’insulto al ministro Kyenge”.

Di questa bella Italia ne riparliamo alla prossima…no!, alle prossime puntate.

Giancarlo Infante