Caro Sindaco Marino,
Lei romano non è, ma nonostante tutto è stato eletto sindaco della città eterna dall’oltre 50 per cento di cittadini di quello striminzito 48 che si è recato alle urne, permettendole di assicurarsi il ballottaggio su Alemanno. Una competizione senza storia, che a parte la conclamata disaffezione dei cittadini alle diatribe politiche della capitale, rappresenta un solo significato: che Gianni Alemanno, nei suoi cinque anni da sindaco, ha governato male. Anzi, non ha governato affatto, lasciando tutti scontenti. I nemici, ovviamente, ma anche gran parte degli amici, che in un modo o nell’altro, per una ragione o per un’altra, gli hanno voltato le spalle.
Ora, caro Ignazio Marino, non faccia come Alemanno. Roma per sindaco e assessori, così come pure per l’opposizione, è una “piazza” difficile, e molto. Lo sanno tutti, e lo si è sempre saputo. La storia insegna. Le promesse vanno mantenute, soprattutto quelle lanciate in campagna elettorale. Anche se dopo non si è portati a ricordare.
Ve lo immaginate il flusso di auto impazzite semi paralizzate dagli ingorghi negli stretti budelli, come via degli Anniballi, costrette tra inevitabili soste e ripartenze a tortuosi giri per raggiungere il Colosseo? E per chi deve procedere in senso inverso? Iddio ce ne scampi! Dirottato a forza per via Labicana, per poi immettersi dopo diverse centinaia di metri su via Merulana, raggiungere a fatica santa Maria Maggiore e poi dover percorrere quasi l’intera via Cavour per giungere finalmente, e non osiamo ipotizzare quanto tempo dopo, su quella parte dei Fori Imperiali risparmiata dalla pedonalizzazione a metà? Un girone dantesco, non c’è che dire!
E della promessa “cura del ferro”? Tutti i sindaci e aspiranti tali nel corso degli ultimi decenti l’avevano annunciata. Ma non se ne è fatto mai niente. Tutti, a partire da Rutelli, Veltroni e dallo stesso Alemanno a magnificare stupende linee metropolitane, tranviarie e filoviarie per combattere, oltretutto, un inquinamento sempre più pressante. Tralasciamo, per carità di patria, la questione metropolitane che tutti sanno i tempi biblici e i costi sempre più lievitanti che richiede. Ma i tram? Progetti “esecutivi” della stessa Atac prevedevano già per il Giubileo del 2000 l’attivazione della linea 1, dalla Stazione Termini a piazza Giureconsulti, praticamente all’inizio della via Aurelia, passando per via Nazionale, Largo Argentina,
Ed ecco, sindaco Veltroni per due mandati in Campidoglio, la notizia: il tram torna in via Nazionale. Stavolta sarebbe toccato all’8, che da Largo Argentina, e poi da piazza Venezia, sarebbe transitato per via Nazionale, fino a Termini. La cosa era data per fatta. Inizio lavori, di lì a poco, approfittando pure del necessario rifacimento di via Nazionale che avrebbe ammortizzato i costi. I lavori su via Nazionale ci sono stati, e più di una volta per l’approssimazione con cui erano stati eseguiti. Per la cronaca, appalti affidati a società della rinomata cricca Anemone-Balducci. Di tram, invece, nessuna traccia.
E arrivò poi Gianni Alemanno con la ormai solita promessa dell’8 che sarebbe presto giunto alla stazione Termini. Ed invece
L’8 fino alla stazione Termini avrebbe permesso, tra l’altro, l’eliminazione delle tante linee bus che transitano per via Nazionale e che provocano continui sussulti e vibrazioni danneggiando progressivamente la stabilità dei palazzi circostanti. Ma neppure stavolta niente tram. La colpa? Qualcuno la addossò ai commercianti della zona, categoria sempre ostile a qualsiasi innovazione che comporti, anche per poco tempo, lavori che ostacolino il facile accesso ai rispettivi esercizi. Altri la addossarono a “Belle Arti” e “Beni culturali”, colti da attacchi di panico solo all’idea dello scempio e dell’orrore che avrebbe provocato la posa dei fili dell’alimentazione elettrica sulla storica strada. Come se su via Nazionale non ci fossero da sempre lampioni di illuminazione sorretti da fili da un palazzo all’altro.
Caro Sindaco Marino, per oggi pensiamo possa bastare. Si è fatto tardi, e Lei ha davvero tanto da fare. Ma ci risentiremo presto, tranquillo.
E Buon lavoro!
Enrico Massidda