Mostra-ricerca a Venezia: “L’arte che tenta di sintetizzare il mondo”

Mostra-ricerca a Venezia:  “L’arte che tenta di sintetizzare il mondo”

Cinquantacinquesima biennale. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, “Il Palazzo Enciclopedico”. Una mostra affiancata da 88 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni dei Giardini dell’Arsenale, nel centro storico della città lagunare. Sono 10 i paesi presenti per la prima volta: Angola, Bahamas, Regno del Baharain, Repubblica della Costa d’Avorio, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Maldive, Paraguay e Tuvaiu. Novità assoluta è la partecipazione della Santa Sede con una mostra allestita nelle Sale d’Armi. “In principio” è il titolo scelto dal Cardinale Gianfranco Ravasi (Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura). per il padiglione curato da Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani.

Dal 1998 le Biennali d’arte non sono più solo mostre organizzate per padiglioni nazionali, ma risultano fondate su due grandi pilastri: la mostra per padiglioni nazionali, ciascuno con il suo curatore e il suo progetto, affiancata dalla Mostra Internazionale del curatore della Biennale nominato con questo compito preciso.

biennale2Nel corso degli anni nella rappresentazione del contemporaneo è cresciuto il desiderio dei curatori di mettere gli artisti in una prospettiva storica o di affinità reciproca, evidenziando legami con il passato e/o con altri artisti del presente.

E’in questa direzione che la 55 esima Esposizione Internazionale d’Arte compie un passo decisivo, dando vita a una grande mostra-ricerca con “Il Palazzo Enciclopedico”, con Massimiliano Gioni che vuol riflettere sul quesito quale sia il mondo degli artisti, quale lo spirito della loro creatività, quali le loro relazioni con i maestri del passato e coi loro contemporanei. L’obbiettivo della mostra è, dunque, quello di documentare come artisti, scrittori, scienziati e profeti hanno cercato, spesso invano, di costruire un’immagine del mondo capace di sintetizzarne l’infinita varietà e ricchezza.

Massimiliano Gioni è il più giovane curatore della storia della Biennale. Ha cercato di condensare questa ossessione conoscitiva in un’opera e in un’immagine precisa, ovvero nel modellino in scala 1:400 con cui nel 1950 Marino Auriti, meccanico di origine abruzzese emigrato a Philadelphia e artista dilettante, progettava di costruire un mastodontico museo – mai realizzato – dell’intera conoscenza umana dalle origini al presente: il cosiddetto “Palazzo Enciclopedico“, per l’appunto.

biennal3L’Arsenale (trasformato e insolitamente “museificato” da Annabelle Selldorf, in un vero labirinto di stanze adatte ad esporre anche opere di piccole dimensioni) si amplia alle visioni del mondo, partendo dalle forme della natura per arrivare al ruolo della tecnologia in un percorso esplorativo dal naturale all’artificiale, dal geologico-floreale al virtuale-digitale. Una ridda di immagini, di rappresentazioni artistiche del mondo esterno, fungendo da perfetto pendant alle immagini cosiddette “interiori” ( fantasie, superstizioni, occultismi) ospitate nell’altra metà dell’esposizione, quella dei Giardini, opportunamente introdotta dal “Libro Rosso” di Jung.

Una mostra che, dunque, ha inteso il contemporaneo attraverso il confronto tra autori e artisti viventi e intellettuali defunti (in qualche caso risalenti addirittura alla seconda metà dell’Ottocento) con riferimenti diversi, lavori che non hanno la pretesa di essere opere d’arte, ma che sono servite da stimolo per immaginare e sognare una realtà diversa.

Che questa visione totale sia inevitabilmente parziale e di parte, lo avverte lo stesso Gioni annunciando: “Il Palazzo Enciclopedico è una mostra sulla conoscenza, sul desiderio di vedere e sapere tutto, e sul punto in cui questo desiderio biennale4si trasforma in ossessione e paranoia. Pertanto è anche una mostra sull’impossibilità di sapere, sul fallimento di una conoscenza totale e sulla malinconia che ci travolge di fronte all’evidente constatazione che i nostri sforzi saranno inutili».

E noi visitatori come ne usciamo? Frastornati dalla fatica del percorso, dalla sollecitazione del gioco passato, continuamente incalzati da un percorso iniziatico così personale come quello qui proposto dal curatore. Poi, liberi e curiosi eccoci a visitare gli eventi collaterali e gli altri spazi esterni, dove ci attendono meravigliose sorprese come nel caso del suggestivo lavoro dell’artista iraniana Shirazeh Houshiary con la sua opera Breath: un video a quattro canali. Canti evocativi di preghiere buddiste, cristiane, ebraiche e islamiche si diffondono attraverso quattro diversi schermi video. La sede che ospita l’opera è La Torre di Porta Nuova, costruita durante il restauro dell’Arsenale che ha avuto luogo tra il 1809 e il 1814.

Donatella Vici Buttiglione