Aumento Iva: “non l’ho decisa io!” Letta risponde per le rime al Pdl

Aumento Iva: “non l’ho decisa io!”  Letta risponde per le rime al Pdl

Enrico Letta ha vari problemi da risolvere. Gli vengono dal suo partito e dalla coalizione che lo sorregge. Ce ne sarebbero anche altri, come quelli che potrebbero arrivare dalle opposizioni. Ma quelli conteranno solo se, e quando, a qualcuno verrà la voglia di “togliergli la spina”. Una dichiarazione che vuole richiamare più un povero malato terminale in una sala di rianimazione che un negozio di eleganti “abat jour”.

Eppure è una frase sempre più ricorrente. Poco affettuosa. Vuole essere un modo garbato per dire che è giunto il momento di cacciarlo da Palazzo Chigi? Poi, uno dice che resta nostalgicamente legato alla Prima Repubblica quando la politica era dura e spietata, come adesso, ma era anche più educata e più rispettosa delle persone. Oggi, nessuno conta assolutamente niente. Quando è il momento, via! Ti affossano senza tante cerimonie e salamelecchi. Però hanno il garbo di dirti che ti ”tolgono la spina”. Segni dei tempi.

Non lo so, però, quanto sarà facile staccare la spina ad Enrico Letta. Quando è necessario, lo ha già fatto un paio di volte, fa vedere che lui è in grado di tirare fuori le unghie, anche se non le usa. Mentre rinvia tutto, o dice di rinviare quasi tutto, si rivela capace di rispondere per le rime a chi, dal Pdl, gli contesta l’aumento dell’Iva ed esige, magari con tono perentorio, che questo aumento non venga fatto. La sua risposta è chiara, sintetica e precisa: l’Iva mica l’ha aumentata il mio Governo. Lo fece quello di Berlusconi.
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Si vede che il tempo favorisce la smemoratezza. Del resto, il tempo passa e si porta via tutto. Anche l’onorevole Tremonti che quella decisione posticipò ma assunse con fermezza. Ora é vero che l’ex fiscalista di Sondrio è passato armi e bagagli alla Lega e si trova, quindi, all’opposizione e non frequenta più i vari dichiaratori del Pdl. Ma è altrettanto vero che Enrico Letta stava sui banchi della minoranza quando il provvedimento in questione fu delibato. Con l’astuzia tutta governativa di rinviarne l’entrata in vigore.

Non si trattò dell’unica cosa “creativa” messa in circolo del potentissimo ex Ministro del Tesoro di tutti i Governi targati e battezzati Silvio Berlusconi. Ce ne sono state altre che ogni tanto riaffiorano con il loro carico di conseguenze negative e positive. Oggi, anche quelli del Pdl ritengono pochine le seconde e tantissime le prime.
Sta di fatto che Enrico Letta, ed il suo Governo, in cui è “ Magna pars” anche un discreto manipolo di esponenti del mondo berlusconiano, a partire dal Vice Presidente del Consiglio, Ministro degli Interni e capo della delegazione Pdl presso l’esecutivo, Angelino Alfano, devono rifare tutti i conti se deve per forza essere smontata ogni decisione presa a suo tempo da Giulio Tremonti d’intesa con il Presidente Berlusconi.

Così, il giovane Presidente del Consiglio, fa vedere che può graffiare ma preferisce smussare: “Una maggioranza come questa non può essere una maggioranza che non discute perché è una maggioranza molto originale, bisogna farci l’abitudine”. E mentre dice ciò, annuncia un piano sul lavoro che significa più sud al lavoro ma anche più lavoro per tutta l’Italia. Cosa che dovrebbe uscire fuori dal prossimo Consiglio dei Ministri coperto da risorse tutte italiane.
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Poi, con il piano in tasca, con un piano tutto italiano, intende andare dai partner europei e rilanciare per un progetto sui giovani al lavoro. Letta l’ha chiamato un’Erasmus del lavoro europeo e noi, ovviamente, auspichiamo che si riferisca all’Erasmus che ha funzionato e non a quello che recentemente ha cominciato a soffrire la crisi. Anche lui.

G.I.