L’ Intervista / Gianni Fontana

L’ Intervista / Gianni Fontana

Gianni Fontana, ex ministro ed ex dirigente nazionale della Dc, chiusa circa un ventennio fa con un fax da Mino Martinazzoli, è una persona molto tranquilla. Ha proprio l’aria della persona mite. Ma come in tutti i miti, scorgi nei suoi occhi una determinazione forte. Lui è convinto delle cose in cui crede. In primo luogo nella necessità che i democratici cristiani tornino all’impegno politico.

“La Democrazia Cristiana è una sola – sostiene – non è mai morta. Il fatto che non abbiamo partecipato alle elezioni, queste ultime elezioni, non significa che non esistiamo, ma che i tempi organizzativi non erano maturi per affrontare, con la dignità che le deriva dalla sua storia, un confronto politico nazionale. Abbiamo celebrato un Congresso e ristabiliti gli organi dirigenti, così come la Cassazione, a sezione unite ha stabilito il 23 dicembre 2010. Tutti coloro che continuano ad utilizzare il simbolo dello Scudo Crociato ed il termine Democrazia Cristiana lo fanno strumentalmente e sapendo di commettere un abuso. Ciò non ci impedisce di dialogare con loro perché, tutti, dobbiamo andare oltre il nostro piccolo orticello”.

“Non si tratta di ragionare come quando la Democrazia Cristiana faceva o disfaceva i governi e controllava – spiega Fontana – sulla base dell’investitura democratica ricevuta per cinquanta anni di seguito dal popolo italiano, una parte consistente del potere nelle istituzioni a tutti i livelli. La mancanza di un ricambio, di un’alternanza, favorì quei processi di sclerosi che hanno portato a pagare, forse persino più del dovuto, le colpe di un intero sistema politico e di un intero Paese, restii, entrambi, a rinnovarsi come sarebbe stato necessario.”

Massidda DC1947“La Democrazia Cristiana – spiega ancora l’attuale segretario della Dc – ad un certo punto, presa com’era nella gestione delicata degli equilibri politici e sociali di tutti i giorni, ha perso di vista le grandi trasformazioni che hanno pervaso il mondo intero. In realtà, dei tentativi di comprenderle e di guidare la società italiana a confrontarsi con esse, ci sono stati. Penso alle persistenti sollecitazioni di Moro all’impegno di comprendere e di aprire alle novità che incalzavano, al progetto di Zaccagnini tutto rivolto a favorire il dialogo e il confronto sulle diverse proposte in campo come cammino verso il rinnovamento. Oggi che all’ordine del giorno urge la rigenerazione del sistema politico istituzionale e l’impellente necessità di aprire le porte alla società civile, come si può dimenticare che la Dc tentò seriamente di compierlo in maniera non strumentale, spalancando le porte ai cosiddetti esterni: imprenditori, operatori culturali, lavoratori, rappresentanti delle libere professioni e dell’associazionismo cattolico. Arrivarono linfa nuova e non professionisti della politica!”

Allora, cosa successe perché con il periodo di “tangentopoli” franasse tutto?

“Franò tutto non solo per “tangentopoli”. Da cui, lo dico per inciso, la stragrande maggioranza degli amici inquisiti sono usciti totalmente scagionati. Al Congresso del Novembre 2012 ho, in ogni caso, ritenuto opportuno chiedere pubblicamente scusa agli italiani per le nostre responsabilità. Che non erano però solo di ordine morale e comportamentale. A mio avviso, le ragioni vere della decadenza sono rintracciabili nel vivere sempre meno la politica come servizio e sempre più come prevalente esercizio del potere, e nello smarrimento della costruzione del progetto e della prospettiva politica a vantaggio della mera gestione routinaria della cosa pubblica. Con la sconfitta del terrorismo e consolidati i progressi economico-sociali, e con la caduta del Muro di Berlino, venne frettolosamente sancita la nostra vittoria strategica del confronto cinquantennale con il comunismo a favore della scelta verso la libertà, la democrazia, l’economia sociale di mercato, l’Europa, l’Alleanza Atlantica. L’errore, fu quello di non capire che, proprio allora, a fonte di mutamenti così radicali da rivoluzionare equilibri interni e internazionali che avevano condizionato tutto il secondo dopo guerra, dovevamo ricercare il senso di una nuova presenza e rilanciare una più moderna proposta per il Paese. MASSIDDA dc congressoimagesE’ chiaro che a fronte di questa incapacità di lettura del nuovo tempo storico, ai più è sembrato che le motivazioni della caduta ricadessero su tangentopoli: mentre le inchieste giudiziarie, che hanno alimentato più demagogia che buona politica, ne sono state l’effetto e non la causa. E la cronaca politica degli ultimi vent’anni lo sta a dimostrare”.

I suoi toni hanno un po’ le sembianze di una polemica rivincita…

“No! Sono alieno dalla inutile polemica e da sterili rivendicazioni: ho sempre cercato – anche se non sempre ci sono riuscito – di testimoniare la mia vocazione politica relegando la gestione del potere in secondo piano rispetto alla ricerca del bene comune”.

Lei ha sempre parlato di “valore umano” della Politica

“Certamente! Per un democratico cristiano, colui cioè che lega l’agire pubblico a motivazioni religiose ed etiche profondamente vissute, l’impegno politico significa operare “laicamente” nella società e nelle istituzioni a favore del prossimo. Sono certo che la Provvidenza opera come vuole e dove vuole, e non solo nelle personali vicende umane. La politica, infatti, deve aiutare a fare intersecare l’azione della Provvidenza con le questioni sociali ed economiche in cui sono coinvolti, tutti assieme, milioni di esseri umani, un intero Paese. Una lungimirante, consistente e consapevole azione politica diventa di per sé “provvidenziale” per l’intera comunità.

Ma oggi non sono completamente cambiati i punti di riferimento? Anche la Chiesa sembra indirizzata verso altri lidi

MASSIDDA de gasperi“Questo è un punto che, da Sturzo in poi, ribadito e messo in pratica da De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti e tutti gli altri nostri precursori, è stato superato e messo agli atti. Sturzo lo disse chiaramente: non siamo un partito confessionale perché la religione è universale e noi, parte. Perché è questo che partito vuole dire. Poi, proseguì, il nostro non è un partito cristiano bensì un organizzazione di cristiani, che è cosa diversa. Questa precisazione, soprattutto dopo la fine del fascismo, consentì alla Dc di De Gasperi di comporre governi tripartiti, quadripartiti, Centro sinistra, delle Intese. E via di seguito. Il paradosso,se proprio mi consente una nota ironica, è che il Concordato corse a farlo l’anticlericale Mussolini nel ’29 perché aveva bisogno del sostegno dei clericali di destra ed irrobustire le basi del suo regime. Il rinnovo, toccò a Bettino Craxi. Che lo fece molto volentieri impegnato com’era a trovare consensi nella sua strategia di sostituirsi alla Dc. Craxi voleva sostituire la Dc quale punto di equilibrio sulla base di una scelta interclassista esclusivamente di pensiero democristiano. Poi, quando lui fu sostituito, declinata da Berlusconi verso la destra. Mentre ricorderà la famosa frase di De Gasperi: la Dc è un partito di Centro che guarda a sinistra. Travolto Craxi dagli scandali, la Dc venne superata con la legge elettorale che, di fatto, rese superflua la funzione di un centro.

Già il famoso “centro” dentro cui vi collocate anche voi

“Non può essere inteso come una entità geografico-spaziale o una citazione di rito. Come, purtroppo, hanno fatto in questi anni molti amici ex Dc i quali, collocandosi tra centro destra e centro sinistra, cioè stando una volta di qua e una volta di là, pensavano di colpo di riuscire a ripetere i vecchi fasti. Il problema vero che abbiamo ancora oggi di fronte è quello di un impegno per la riaggregazione sociale. I partiti sono in crisi perché il loro coinvolgimento istituzionale non ha alcuna relazione con le realtà sociali che dovrebbero rappresentare. E’ un equivoco su cui stanno sopravvivendo a destra Berlusconi e a sinistra il Pd. Non basta occupare gli scranni del centro del Parlamento o giocare un po’ con l’uno e un po’ con l’altro. Con l’attuale sistema elettorale ciò non è più possibile. La crisi di questo sistema elettorale nasce dal fatto che si intende irreggimentare una società antica, complessa e stratificata come quella italiana in due blocchi contrapposti. Il discorso astratto di ricreare il centro trova alle sue basi questa forzatura. MASSIDDA su fontana de_gasperi_time[3]Così, negli ultimi venti anni è stata fatta da parte di tutti una corsa ad occupare la cosiddetta fascia dei “ moderati” centristi confondendo l’immagine con la sostanza di un’azione politica. E’ qui il nodo centrale della realtà italiana. Una forza politica di centro è quella che cerca di interpretare e dare una risposta ai problemi posti dall’insieme della società italiana contemporanea. Offre un metodo di analisi condivisa. Invece, questa analisi è molto spesso mancata nella classe dirigente. Basti vedere con quanto ritardo ha accettato di riconoscere la profonda crisi economica e sociale che si é abbattuta su gran parte dell’Occidente. Offre delle soluzioni coerenti con la struttura economica e sociale del Paese. Le chiama tutte intere a partecipare e collaborare ad un impeto corale di rinnovato impegno. Questo per me significa essere una forza di centro. Una forza, o un insieme di forze che aspirano a governare davvero questo Paese, non sollecita le divisioni tra impresa e mondo del lavoro. Non scatena guerre dei poveri tra occupati, precari, immigrati. Interviene per lenire e superare gli squilibri territoriali. Non lascia predominare questo o quel settore del campo economico e finanziario. E’ la grande lezione di De Gasperi che ha costruito l’Italia tenendo conto degli equilibri internazionali ed interni del suo periodo storico. Non è stato lì a subirli. Anzi, li ha, persino, utilizzati per rimettere in piedi il Paese”.

Ma oltre alla lezione sul metodo, a Suo avviso perché oggi potrebbe essere necessario il ritorno della Dc

“Una società non si rilancia se non si avvia un lungo processo di ricomposizione. Questo processo non può prescindere, particolarmente in questo periodo di acuta depressione economica, da alcuni concetti di matrice squisitamente democratico cristiana, che trovano il loro riferimento nella Dottrina sociale della Chiesa. Mi riferisco, per sintetizzare, a tre concetti: la solidarietà, la sussidiarietà e la compartecipazione. In molti casi questi tre modi di concepire l’azione pubblica si ritrovano legati in un intreccio inscindibile tra di loro e finalizzati al bene comune e della persona. Si tratta di porre al centro di ogni iniziativa politica, economica e sociale il rispetto della persona. Di ogni persona. Ma anche della sua proiezione ed arricchimento nei gruppi sociali intermedi, di cui la famiglia costituisce certamente l’elemento di maggior spicco. Senza dimenticare, però, tutto quel reticolo di organizzazioni, di associazioni, gruppi ed entità, sociali, economiche e politiche che hanno consentito all’Italia di diventare, agli inizi degli anni ’90, il quarto Paese più industrializzato al mondo. Quel traguardo, da cui purtroppo siamo stati ricacciati drammaticamente via, fu raggiunto sulla scia di cinquant’anni di lavoro, di collaborazione tra impresa e lavoratori, MASSIDDA aldo-moro-con-amintore-fanfanigrazie alle cooperative, bianche e rosse, alle Casse di Risparmio, alle associazioni di categoria, alle Camere di Commercio. Grazie alle famiglie, alla voglia di fare. Se necessario, persino di emigrare, pur di ricostruire la vecchia casa al paese ed assicurare un futuro ai propri figli. La visione solidale e di partecipazione della Democrazia Cristiana rese possibile tutto ciò. Perché, al di là delle dispute politiche legate e provocate dalla forte presenza del Partito Comunista, contribuì all’inserimento delle masse contadine ed operaie nel tessuto democratico senza che ciò portasse i ceti borghesi al disimpegno ostile, come accaduto altrove o in precedenza con conseguenze nefaste anche nell’Europa dopo la Prima Guerra mondiale”.

Sul piano delle proposte concrete…

“Queste sono proposte concrete! Nel senso che l’azione politica e di Governo deve cambiare. Deve essere impostata per avviare delle grandi, vere ed effettive riforme. Abbiamo avuto negli anni scorsi dei grandi annunci seguiti dal niente. Dei processi di trasformazione di cui l’Italia ha bisogno non si è visto niente. In primo luogo, partendo dalle cose concrete cui mi riferivo prima, da democristiano proporrei di modificare completamente la spesa di questo Paese. Il debito pubblico non si riduce, il sostegno alle imprese ed alle famiglie non si assicura se non gestiamo meglio la nostra ricchezza. Il nostro è ancora un Paese ricco. Non è vero che, di colpo, siamo diventati poveri. Vanno indirizzati verso altre direzioni i nostri impegni ed i pubblici investimenti.”

Ad esempio?

“Ad esempio, qualche giorno fa proprio voi di RomaSettimanale.it avete pubblicato un’intervista con il prof. Stefano Zamagni, in cui si parlava del nuovo welfare sociale verso cui dovremmo tendere quale alternativa al vecchio sistema della spesa pubblica. Zamagni indica la possibilità, anzi la necessità, che in taluni settori sociali, come la sanità, l’educazione, beni culturali ecc, l’ente pubblico, MASSIDDA zamagniil terzo settore ed i privati lavorino assieme per ridurre i costi e riscoprire l’efficienza dei servizi. C’è una nuova economia da sostenere. Non è che certe cose le possono fare solo gli Usa di Obama o i tedeschi della signora Merkel. Invece di polemizzare con la Germania se ne prendessimo, in qualche modo, esempio avremmo solo da guadagnarci. Mi riferisco a tutta la nuova politica energetica. L’Italia potrebbe mettere in campo tante nuove energie. Sviluppare la voglia, anche tra i giovani, dal Nord al Sud, di impegnarsi nel solare, nell’eolico, e via dicendo senza che anche questo lucroso settore sia lasciato solo alle grandi compagnie ed alla delinquenza organizzata. Da democristiano, così, dico che bisognerebbe aprirsi di nuovo ai piccoli imprenditori, sostenere gli artigiani che ancora resistono. Aiutarli ad esportare, avvicinare loro il credito cui un tempo accedevano grazie alla miriade di piccole banche, create localmente ed oggi inglobate in mega strutture per le quali è più interessante il mercato finanziario globale. Fino a quando, almeno, non vi si scottano come nel caso del Monte dei Paschi di Siena. Anche l’agricoltura ha bisogno di aiuto, a partire da una presenza forte ed adeguata ai tavoli di Bruxelles. Insomma, dal tesoro, allo sviluppo economico, al lavoro sono questi settori di governo che dovrebbero sollecitare nuovi progetti economici ed una diversa prospettiva di riferimento.
Assieme al sostegno alla vecchia struttura produttiva e commerciale, è chiaro che è giunto il momento di sostenere nuove realtà le quali meritano non una spesa ma un investimento da parte dello Stato. Questo Stato deve essere ridisegnato. Non per sovvertirne la struttura e le finalità o, magari, per farlo strumentalizzare meglio da questa o quella parte politica. La Dc era stata accusata di avere occupato lo Stato dimenticando come numerose e diverse erano le truppe che formavano questo esercito di occupazione. Truppe, spesso, celate dietro le cortine fumogene provocate anche con accorte campagne mediatiche le quali, purtroppo, a volte si sono rivelate solo strumentali e funzionali a precisi interessi. Perché non c’era solo lo Stato centrale. C’era, e c’è, anche quello delle Regioni e delle amministrazioni locali. Non c’era solo Stato dell’Iri, poi sostituito da quello molto più vorace ed inefficiente delle municipalizzate o delle società partecipate. C’era e c’é anche lo Stato degli sprechi nella sanità. Sprechi che in molti casi si sono rivelati grandi vantaggi per gruppi privati. C’è lo Stato che ha erogato miliardi e miliardi di Euro alle grandi imprese senza che ciò evitasse la deindustrializzazione cui stiamo assistendo. In realtà, dunque, anche per la responsabilità della struttura sociale e della forze sociali, è mancata una politica degna di questo nome. Sono stati solo favoriti i processi di disgregazione comunitaria perché grazie ad una inutile contrapposizione politica, portata sempre alle estreme conseguenze, vincessero in realtà i più forti a danno dei più deboli”.

Tornando ai problemi del partito. Sono in corso anche delle cause. C’è chi protesta perché gli sarebbe stata preclusa la legittima partecipazione al Congresso del Novembre 2012, quello del vostro ritorno sulla scena

“Intanto, anche se non partecipai alle prime fasi organizzative, MASSIDDA ricorsi43-democrazia-cristiana-110713121311_mediummi scuso se cose del genere sono accadute veramente. Noi abbiamo cercato di coinvolgere tutti gli iscritti del 1992 perché la Cassazione era stata chiara: il Partito non è mai stato sciolto. Gli unici che hanno diritto a riprendere il percorso politico della Dc sono gli iscritti dell’ultimo Congresso. Quello, appunto, del 1992. Può darsi che a qualcuno non sia stata recapitata bene la raccomandata. Io, però, prima, durante e dopo il nostro XIX Congresso ho visto moltissima gente. Ho sentito che vecchi, meno vecchi e giovani hanno il bisogno di ritrovare i nostri valori, la nostra tradizione, il nostro modo di fare politica. Un modo che mette al centro la comprensione, il dialogo e la ragionevolezza. Così, in attesa di risolvere questi problemi d’ordine legale, abbiamo deciso di ripartire dai contenuti e dalle prospettive culturali e politiche. Ecco perché tra poco sarà costituita una Associazione seguita, poi, da una Fondazione. I nostri riferimenti sono quelli che ho menzionati prima: solidarietà, sussidiarietà e compartecipazione compresi in un forte impegno per l’Europa. Noi abbiamo bisogno di una più forte Europa, non del suo contrario o, addirittura, della sua dissoluzione. Quindi, i nostri tre riferimenti vanno verso altrettanti grandi democristiani del recente passato: De Gasperi, Adenaur e Schumann. Abbiamo intenzione, con l’Associazione e la Fondazione, di rinverdire e rilanciare l’intero patrimonio storico, culturale e politico della tradizione democristiana europea perché siamo convinti che da essa verrà un’autentica opportunità di ripresa economica, di crescita umana e di riaggregazione sociale. L’obiettivo, in questo periodo di forte disincanto della politica, è quello di creare, dal basso, sottolineo questo aspetto, un partito autenticamente moderno, legalmente riconosciuto, con i conti controllati da entità terze, realmente democratico al proprio interno. Soprattutto, in grado di generare una nuova passione politica e suscitare un nuovo senso dell’impegno sociale e civile”.

Intervista di Enrico Massidda