La proposta del Pd apre tutta intera la questione della vita dei partiti

La proposta del Pd apre tutta intera   la questione della vita dei partiti

E’ di oggi la notizia pubblicata da “La Repubblica” sulla presentazione da parte di esponenti del Pd del Senato, Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, di un disegno di legge per la regolamentazione della partecipazione alle elezioni politiche. Tutte le formazioni intenzionate a presentarsi alle elezioni dovrebbero avere personalità giuridica e pubblicare lo Statuto sulla Gazzetta Ufficiale.

E’ stato tutto interpretato come un “attentato” alla vita dei movimenti politici. Come un vero e proprio attacco ai Cinque Stelle che sarebbero, adesso, costretti a depositare ufficialmente un loro Statuto. Ma perché?, non è giusto che chi si presenta alle elezioni a raccogliere voti sulla base di una doverosa trasparenza e di una effettiva vita democratica interna, non presenti il proprio volto interamente, certificando i propri criteri e le garanzie sulla formazione dei gruppi dirigenti, oltre che le proposte politiche ufficiali?

legge4 grillo piccolo25652803Non siamo in grado di dire se quello della senatrice Finocchiaro e del senatore Zanda debba essere considerato solo un attacco a Beppe grillo ed ai suoi. Non disponiamo al riguardo di alcuna informazione di prima mano. Ma l’impressione è che, in realtà, in discussione finiscano per esserci le regole della vita interna di tutti i partiti.

Noi italiani, molto spesso, ci eccitiamo per niente e, spesso, provochiamo inutili tempeste nel classico bicchier d’acqua per nulla. Giornalisti e politici sono maestri nel farlo. Particolarmente, quando sono in ballo questioni annose. Mai risolte! Sulle quali è più bello scrivere fiumi d’inchiostro piuttosto che individuare e ricercare una qualche realistica soluzione. E’ il caso delle leggi elettorali o delle norme da introdurre per impedire ladrocini o garantire una effettiva democrazia, a partire da quella interna ai partiti.

Inevitabilmente, siccome la tendenza è quella di lasciare tutto com’è, anche se il Paese sta andando allo sfascio, si plaude o si spara contro ogni proposta. Quasi a casaccio. Senza una valutazione che, in primo luogo, tenga in considerazione i principi costituzionali e la necessità di far crescere gli spazi di democrazia reale e di libertà effettiva per tutti i cittadini. legge20 costituzione-della-repubblica-italianaNon serve a niente il limitarsi solo ad intravedere quello che potrebbe esserci dietro ogni proposta, sospettando di questa o di quella manovra, o dei secondi fini da cui sarebbe animata.

Quello in discussione é un tema che sta per superare i sessanta anni di vita. Trova le sue ragioni nel fatto che, tra gli altri, un importante articolo della nostra Carta Costituzionale non è mai stato applicato.
Guarda caso, si tratta del numero 48. Quello che riguarda i partiti politici: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Fa parte del TITOLO IV- RAPPORTI POLITICI che chiude la prima parte della Carta Costituzionale.
Dice tutto in poche parole. Perché è solo dalla libera possibilità che abbiamo, noi cittadini, di associarci in partiti che vengono garantiti il gioco democratico e l’effettivo governo della cosa pubblica. Dice di meno, se non addirittura niente, se lo mettiamo a fronte dei nostri atavici difetti.

La faziosità politica; l’incedere individualistico che può raggiungere anche livelli irrazionali e sfrenati; oppure, al contrario, la ricerca acritica del “cesarismo”, “dell’uomo solo al comando”; la passione e la familiarità con la “camarilla”, del gruppo ristretto ed amicale; ma al tempo stesso, l’accettazione opportunistica del ruolo del “suddito”, invece che del “cittadino”.

Insomma, noi siamo un miscuglio contraddittorio di spinte e contro spinte il cui risultato finale sono la politica che ci vediamo legge7 camera132100453-ce7a36df-2b66-40c4-b9de-3d8a23f02791passare sotto gli occhi e forme di organizzazione dei partiti dove, spesso, vivacchia di tutto, fuorché un’autentica democrazia interna. Il problema di regolamentare l’art. 48, ma anche il 39 che riguarda il Sindacato, è cosa antica non solo per l’Italia. E’del tutto simile a questioni analoghe affrontate, o non affrontate, in altri paesi
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Basta leggersi la “ Storia dei Partiti Politici” di Maurice Duverger per capire che tutto il mondo è Paese.
In Italia, il tema è stato posto sul tavolo più volte. Già all’indomani del passaggio dallo Statuto Albertino alla Repubblica Parlamentare la quale trova nella presenza dei partiti l’essenza fondante del gioco democratico. Non è mai stato risolto nulla. Nel senso che i partiti, obbligati a garantire la democrazia non sono tenuti a rispettarla al proprio interno. Eppure è a loro che la Carta affida le principali responsabilità nel “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Mancata una più precisa e concreta applicazione dell’art. 49 (e lo ripetiamo, anche del 38 sul Sindacato) le norme che contano sono state demandate a leggi elettorali o a regolamenti emanati dal Ministero degli Interni. In molti casi, questi, fanno riferimento più allo stratificarsi di antiche regole. legge21 schermata_07-2456136_alle_09_11_45Proprie di un’Italia che non c’è più. Ancora nel 2013, manca una legge che faccia tesoro e riassuma l’esperienza, molto spesso anche negativa, maturata in quasi 70 anni di vita democratica.

E’ indubbio che nei partiti debba essere portata aria nuova, regole nuove, potere effettivo alla base ed alla periferia. Questo non può che riguardare tutti coloro che vogliono partecipare alle elezioni. Chiedono il voto su quale fondamento, se non per portare ad un arricchimento del dibattito e della partecipazione politica?

Questi ultimi venti anni, se è vero che hanno significato anche un modo nuovo e più moderno di fare politica, di organizzare partiti, di dare vita a circoli e movimenti, hanno anche provocato tanti guasti proprio là dove, di novità in novità, sono emerse le carenze ed i limiti della Democrazia causati dell’assenza di regole certe.

Partiti personali. Segretari che nominano da soli i propri “cavalli” per il Senato, convinti di saper scegliere meglio di Caligola. Amministratori di partito i quali, per semplificare pratiche bancarie e di gestione, fanno confluire tutti i finanziamenti pubblici su di un unico conto: il loro personale.

Il Movimento Cinque Stelle ha portato davvero una boccata d’aria nuova nello scenario politico parlamentare. La politica, legge23grazie a Beppe Grillo, è persino molto più dissacrante e divertente di una volta. Del resto è sempre più difficile prenderla su serio. Ma questo è un grave danno per il Paese! Uno sforzo ulteriore potrebbe portare a definire meglio le regole di garanzie, dentro e fuori, anche il suo Movimento.

Per fare questo, non ci dovrebbe essere bisogno del disegno di legge Finocchiaro- Zanda per il quale noi non vediamo cosa ci sia di scandaloso se riguarderà proprio tutti. Probabilmente, il disegno di legge in questione non sarà sufficiente a cambiare la “politica” italiana come meriterebbe, invece, di essere cambiata.

In fondo, il Movimento dei sostenitori di Grillo avrebbe anche tutto il tempo per darsi uno Statuto da depositare ufficialmente. La stessa cosa la dovrebbero fare tutti i partiti, i movimenti, i gruppi intenzionati a presentarsi alle elezioni. Non ci sarebbe alcun elemento di favoritismo o di ostracismo. Dove sarebbe lo scandalo se ciascuno contribuisse alla chiarezza, al rispetto di regole certe ed assicurasse le più adeguate garanzie agli elettori ed agli iscritti?

legge25Intanto, ci dovrebbe essere un deposito ufficiale di tutte le norme interne da rendere omogenee ed uguali per ogni forza politico parlamentare. Forse, potrebbe essere necessaria persino una modifica del Codice Civile. In modo che si lasci la possibilità agli iscritti di rivolgersi sempre al magistrato, laddove si evidenzino violazioni statutarie, qualunque sia la loro entità. Abbiamo fior fiore di giuristi. Non dovrebbe essere un problema! Sarebbe molto bello se i partiti uniformassero le regole sulla formazione della struttura interna ed i criteri dell’amministrazione e gestione dei fondi del partito con norme certe.

In ogni caso, ma questa è la nostra opinione che, non a caso, infiliamo come ultimo dei nostri modesti ragionamenti, si dovrebbe tornare ad una politica “povera” e non professionale. Affidata non alla televisione e agli orrendi e costosi manifesti che solo imbrattano le strade, bensì all’incontro diretto con i cittadini. Del resto, stiamo tutti ad applaudire la forma del “tea party” americano…In Italia, forse, la tazzina di caffè sostituirebbe egregiamente la più britannica tazza di tè caldo.

Sarebbe un interesse degli stessi politici: solo un forte consenso, anche personale, basato su di un autentico e stretto rapporto con gli elettori può dare loro, se necessario, la forza di dire dei “no” dentro il loro stesso partito. Dei “no” chiari ed espliciti, senza il bisogno di trasformarsi in “franchi tiratori”.

Giancarlo Infante