The Guardian: nel mirino Amazon paga poco di “tasse”

The Guardian:  nel mirino Amazon  paga poco di “tasse”

Tutto il popolo di Internet conosce Amazon e buona parte dei “navigatori” se ne serve abitualmente. Ora, ci sta pensando il “The Guardian” di Londra a incrinare, almeno in parte, l’immagine del gigante della vendita di libri on line tra i sudditi di Sua Maestà britannica, così rispettosi del pagamento delle tasse quali generalmente essi sono.

Il quotidiano londinese, infatti, nella migliore tradizione del giornalismo d’indagine, ha fatto un po’ i conti in tasca ad Amazon. Al punto di fare intervenire nuovamente i parlamentari britannici su una questione che ha già riguardato Amazon, in merito al luogo dove questa, diventata una delle più grandi multinazionali al mondo, debba pagare le tasse.

Siamo proprio sicuri, insistono i giornalisti inglesi, che la gigantesca compagnia statunitense non sfrutti troppo, fin forse oltre i limiti, le possibilità offerte dalle regole per pagare una miseria di tasse? amazon20 journalAi giornalisti del “The Guardian”, infatti, proprio non va giù che nel 2012, a fronte di un fatturato di circa 4,2 miliardi di sterline, cioè 5 miliardi di euro, Amazon abbia pagato appena 3,2 milioni di sterline di tasse alla “Inland Revenue”, il Fisco britannico.

Giancarlo Infante

C’è qualcosa che non torna, sostengono, perché le tasse sarebbero state calcolate su vendite per soli 320 milioni di sterline. Non è stata, invece, la stessa società americana di Seattle a presentare la cifra dei 5 miliardi nei propri rendiconti agli azionisti, riferendosi a vendite in terra britannica?

Ora, probabilmente, si tratterà di un errore, o di diverse interpretazione delle norme, perché sarebbe proprio folle pensare di poter evadere così spudoratamente proprio in Gran Bretagna dove il Fisco non è davvero secondo a nessuno al mondo. E’ però certo che, adesso, più che mai, dovranno essere fornite tutte le spiegazioni del caso.

In particolare, sarà scandagliato a fondo il fatto che Amazon ha probabilmente ridotto il dovuto alla “Inland Revenue” contando sul fatto che le transazioni on line non vengono accreditate su di un conto britannico, bensì su quello della sede lussemburghese della multinazionale. La difesa statunitense, così, si basa sul fatto che gran parte del giro d’affari in Uk è fatturato in Lussemburgo e, quindi, Amazon non si può considerare società “permanentemente” basata su suolo britannico.

I giornalisti londinesi, con fare apparentemente asettico, ma non rinunciando a un pizzico di perfidia, ricordano in aggiunta che, complessivamente, Amazon ha incassato dai soli acquirenti britannici 12 miliardi di sterline nell’arco degli ultimi quattro anni e ha ricevuto, inoltre, sgravi fiscali per 2,5 milioni di sterline a copertura dell’investimento per un nuovo stabilimento basato in Gran Bretagna.

Gianluca Scialanga