Volkswagen: i vertici politici sapevano tutto. Anche la Commissione europea

Volkswagen: i vertici politici sapevano tutto. Anche la Commissione europea

Lo scandalo della Volkswagen chiama direttamente in causa comportamenti ed omissioni delle autorità politiche. Il Financial Times di Londra denuncia che i vertici della Commissione europea, grazie ad un rapporto ufficiale che denunciava la situazione, sapevano sin dal 2013 dell’esistenza di software utilizzate dalle case automobilistiche per falsificare i test per i controlli dei gas di scarico delle vetture messe in circolazione con la garanzia che non fossero inquinanti.

Poi, la stessa stampa tedesca ha accusato il Governo della Cancelliera Merkel di sapere del comportamento truffaldino della Volkswagen e di non essere intervenuto.

Adesso, The Observer, il settimanale domenicano de il The Guardian di Londra, dice di essere venuto in possesso di un documenti dal quali si evince che il Governo britannico di David Cameron ha cercato di bloccare le nuove normative della UE che costringerebbe gli Stati ad effettuare controlli a sorpresa sulle emissioni delle automobili.

Il documento rivela che il Dipartimento per l’Ambiente, Alimentazione e Affari agricoli avrebbe chiesto ai deputati britannici al Parlamento europeo di votare contro l’introduzione delle nuove norme.

Il domenicale britannico ricorda che circa 29.000 decessi nel Regno Unito sono causati dall’inalazione di particelle di grasso, fuliggine rilasciati da tutti i motori a benzina e 23.500 dal biossido di azoto scaricato dai motori diesel.

Dopo l’esplosione dello scandalo il Ministro dei trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, ha comunicato ufficialmente che la Volkswagen ha utilizzato anche in Europa il software che serviva a falsificare le emissioni dei gas di scarico, partono concretamente controlli ed inchieste in tutti i paesi dell’Unione. Ovviamente anche nella stessa Germania dove pare che siano oltre 2 milioni e 800 mila

In Italia ha annunciato un controllo a campione il Ministro dei Trasporti, Giuliano Delrio, il quale ha precisato che i test saranno estesi ad altri produttori con una spesa prevista di 8 milioni di euro, visto che i controlli costano mille euro a vettura. La Procura di Torino ha annunciato l’apertura di un’inchiesta per danno ambientale, ma non è detto che, per questioni di competenze, l’inchiesta resti in mano ai magistrati torinesi. Secondo alcune stime le vetture da controllare nel nostro Paese dovrebbero essere circa un milione.

La Svizzera, poi, ha temporaneamente vietato la vendita dei modelli della casa tedesca con motore diesel e che potrebbe utilizzare il software incriminato in ​​grado di ingannare le prove sulle emissioni. Si tratta di poco meno di 200 mila autovetture non ancora registrate appartenenti alla categoria Euro5. Sembra infatti che quelle di categoria Euro 6 siano al riparo dallo scandalo.

In altri paesi europei, dopo quella avviata negli Stati Uniti, dove è esploso lo scandalo, sono partite iniziative giudiziarie di vario genere e si preannunciano anche class action da parte di proprietari di vetture taroccate.

I vertici del colosso automobilistico tedesco, intanto, dopo ore e ore di riunione hanno chiamato alla guida Matthias Mueller costringendolo subito ad ammettere che la Volkswagen è di fronte ad un vero e proprio disastro e che, quindi, il suo primo compito è quello di ricostruire l’immagine della società.

Sull’altra sponda dell’Atlantico scoppia un altro scandalo che riguarda sempre il mondo dell’automobile perché le case automobilistiche principali avrebbero tenuto in un cassetto il risultato da una ricerca in base alla quale sarebbe dimostrato che il livello di sicurezza delle vetture prodotte negli Usa è diverso da quello delle auto europee. In particolare per quanto riguarda gli scontri frontali.

Il documento sarebbe stato tenuto nascosto per il timore che la sua diffusione finisca per ostacolare l’armonizzare delle norme di sicurezza all’interno della controversa trattativa sullo scambio e il partenariato transatlantico tra Europa e Usa, conosciuto con la sigla TTIP.

Lo studio, in realtà, era stato commissionato per dimostrare esattamente il contrario e cioè che le norme di sicurezza applicate nella pratica nell’UE e negli Stati Uniti erano sostanzialmente simili.

Secondo la ricerca, invece, i modelli americani sono molto meno sicuri quando si tratta di collisioni frontali e la cosa impedirebbe la vendita automatica dei modelli Usa in Europa e viceversa.

The Independent ricorda che lo studio è stato commissionato dall’Alleanza dei costruttori di automobili (AAM), che riunisce le principali marche mondiali, come Chrysler, Toyota e Volkswagen, ad esperti dell’Istituto di ricerca sui trasporti dell’Università del Michigan e del centro di ricerca SAFER del politecnico di Göteborg, in Svezia, oltre che ad altri organismi specializzati della Francia e del Regno Unito.