Tumori: con i ”nanodroni” il farmaco centra il bersaglio

Roma – La barriera del cancro non è più insormontabile, finora ostacolo insuperabile ai farmaci chemioterapici tradizionali. Nanoparticelle di grandezza infinitesimale, veri e propri droni, in grado di attraversare la massa densa che “protegge” il tumore e di condurre il farmaco nelle cellule neoplatiche con estrema precisione in concentrazioni superiori di oltre il trenta per cento senza danneggiare quelle sane. Un’ era nuova per l’oncologia, un deciso passo in avanti per sconfiggere il cancro. Di “nanodroni”, così sono stati battezzati, se è discusso a Roma in un convegno internazionale, presenti ricercatori, clinic ed esperti di farmacologia, con la partecipazione di Mauro Ferrari, presidente del Methodist Hospital Research Institute di Houston, il piu’ importante ricercatore al mondo nel campo della nanomedicina. ”Un nanometro – ha spiegato Ferrari – equivale a un miliardesimo di metro. In queste dimensioni le proprieta’ fisiche della materia e il modo in cui si esprimono le leggi della natura cambiano. Le nanotech modificano radicalmente i principi della lotta al cancro perche’ aprono nuovi orizzonti nella personalizzazione della terapia”. Una particella di circa 100 nanometri e’ in grado entrare nella cellula (che ha un diametro compreso fra i 10.000 ai 20.000 nanometri) e di interagire con il DNA e con le proteine.

”Oggi, per la prima volta, siamo di fronte a un importante passo in avanti nel trattamento del tumore del pancreas – ha detto Stefano Cascinu, presidente AIOM, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica -. Ogni anno in Italia si registrano 11.500 nuove diagnosi. Si tratta di una delle neoplasie a prognosi piu’ infausta: solo il 5% degli uomini e il 6% delle donne risultano vivi a 5 anni, senza sensibili scostamenti nell’ultimo ventennio” sottolineando pero’ che in uno studio di fase III uno di questi farmaci innovativi, gia’ disponibile per il cancro al seno, ha evidenziato risultati clinici significativi nel trattamento del tumore al pancreas, ”con un aumento di circa il sessanta per cento nella sopravvivenza a un anno e un tasso sensibilmente più alto a due anni”.

Una formulazione (paclitaxel legato all’albumina in nanoparticelle) che sfrutta le potenzialita’ dell’albumina, una proteina che funziona come un veicolo naturale in grado di trasportare piu’ rapidamente il farmaco attraverso i vasi sanguigni.

Nanotecnologie pure nella diagnosi radiologica, con l’obbiettivo dello sviluppo di traccianti radioattivi legati ad altre sostanze che mirino a punti specifici del tumore. Sarà così possibile disporre di una definizione diagnostica decisamente più alta di quanto ottenuto dai tradizionali mezzi di contrasto.

”La nanotech – ha sottolineato ancora Ferrari – unisce molteplici settori scientifici: sulla scala nanometrica le differenze tra discipline svaniscono. I nanofarmaci infatti non possono che essere il frutto della collaborazione tra clinici, oncologi molecolari, ingegneri, chimici, farmacologi e matematici”.

Stefania Giannella